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Vicario foraneo invita tutti: “per vivere bene ognuno deve fare la sua parte”

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Piazza gremita come sempre ma dopo due anni di fermo emozione speciale. La solennità del Corpus domini quest’anno ha assunto una connotazione speciale: quella del ritorno alla vita ed alle celebrazioni solenni attese dal popolo di Dio come atto d’amore particolare in un frangente storico che vede l’uomo sottoposto a grandi prove. Il clero al completo come anche l’amministrazione comunale. Silenzio assoluto e canti celestiali del coro della parrocchia Regina Pacis. L’ Unitalsi fa la sua parte con la sfilata delle persone in difficoltà, ospiti di riguardo in questa occasione. La celebrazione eucaristica procede spedita. Dopo la declamazione del Vangelo prende la parola il Vicario Foraneo don Lino Di Dio che pronuncia il monito finalizzato a riprendere le fila di una città che soffre:

“Ringraziamo innanzitutto il Signore che dopo 2 anni ci dà la gioia di poter vivere insieme questa solenne celebrazione eucaristica. Non vi nascondo che sono anche emozionato, è la mia prima volta che presiedo questa celebrazione da vicario foraneo ed essendo il più piccolo dei parroci desidero solo balbettare qualcosa con voi. Ringrazio e saluto il Sindaco, le autorità civili e militari presenti. Un vivo ringraziamento va a don Luigi con tutta la comunità di San Giacomo che ci ospita e don Angelo e alla comunità di Regina Pacis che anima questa celebrazione e ha preparato tutto con grande amore. Ringrazio le forze dell’ordine presenti che vigilano su di noi e ci aiutano a svolgere con serenità questa solennità che è la festa del corpo del Signore, dunque della sua carne che siamo anche noi, perché sue membra.

Facciamo festa al corpo, il corpo di Cristo per noi diventato pane, che ci rimanda all’essenziale del nostro vivere e della nostra fede. La carne è il punto cardine della nostra esistenza. Nel corpo di Cristo che finalmente si è compiuta l’opera della redenzione quella riconciliazione desiderata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, quel desiderio intimo, profondo, sponsale che genera la comunione intima che dà vita, questo Dio desidera per noi, stringere con l’umanità una unione nuziale per trasmettere a noi qualcosa di suo, se stesso, l’intimità di se e per poter generare in noi la sua vita divina. Questo grazie alla carne del Verbo, grazie all’incarnazione che si compie ciò. Il verbo e la carne.

Non dobbiamo farci anestetizzare il cuore dall’abitudine del partecipare e adorare l’Eucarestia, ma dobbiamo sempre farci raggiungere dallo stupore dell’amore. Dobbiamo sentirci così desiderati da Dio, da essere quasi sommersi dal suo amore che non fa domande o pone condizioni perché il suo amore è stabile e certo, vuole portarci a trasformarci per non rischiare di mangiare e bere la nostra condanna. In ogni nostra comunione c’è un giudizio che si compie non solo nel riconoscere la presenza reale del Cristo ma anche della chiesa. Cosa abbiamo fatto per meritare un dono così grande il suo farsi piccolo, il rimanere con noi? Nulla, ma proprio nulla, anzi siamo intervenuti senza accogliere il suo amore, rifiutando Lui la luce che illumina ogni uomo, ma lui è rimasto fedele, Lui ha trovato il modo per rivelarci il suo amore, il suo amore è più forte, la sua testardaggine nell’offrirsi incondizionatamente a noi, il suo grande desiderio di rimanere con noi inventandosi nel suo ingegno il lasciarsi mangiare dall’uomo. Non gli bastava la sua incarnazione, la sua vita, il subire innocentemente e morire sulla croce per noi? No, è rimasto in mezzo agli uomini, dentro ogni uomo, questo è il suo unico desiderio… “ho tanto desiderato celebrare questa Pasqua con voi” questo profondo anelito di Gesù che ascoltiamo la sera del giovedì santo. Desiderio e passione questo è quello che contempliamo nell’Eucarestia, tutto questo per avere un modo nuovo, duraturo nello stare dentro il cuore di ogni uomo. Il suo farsi piccolo disarma la nostra mania di grandezza, il suo essere sempre li che aspetta, mette in crisi la nostra fretta del fare e apparire.

Nella prima lettura, viene ripetuto il termine “benedizione”. Bene-dire, vuol dire parlare bene. Come possiamo pretendere da Dio che ci benedica, cioè che parli bene di noi, delle nostre famiglie della nostra città se noi male-diciamo, cioè parliamo male degli altri, se siamo uno contro l’altro. Il giudizio, il chiacchiericcio, il gettare sentenze anche sui social, l’invidia sono tutte forme che non vengono da Dio, ma separano cioè portano avanti la logica del diabolos (diavolo) cioè del divisore che è colui che separa, spacca, fa inciampare e cadere. Ecco a noi allora il segno semplice e disarmante del pane e del vino che sono costituiti da tanti chicchi di grano e tanti acini di uva che diventano un unico pane e un unico vino, ecco il segno che il Signore oggi ci dà, la semplicità e l’unità. Il grano e l’uva prima di divenire elementi del sacrificio eucaristico devono sostenere tanti passaggi, essere raccolti, stritolati, pigiati, amalgamati, infornati, decantati… un percorso lungo, sofferto. E noi tante volte siamo chiamati a vivere nella pazienza e nel silenzio, senza pretendere il risultato immediato o il riconoscimento dei nostri sforzi o pretendere la ricompensa. No, noi siamo chiamati a seminare o piantare, magari non raccoglieremo noi, saranno altri a farlo, ma la cosa importante è impegnarsi per il bene dell’altro.

L’Eucarestia ha in sè questo forte segno di unità, perché solo l’unità ci rende credibili nell’annunziare che Cristo è vivo ed è risorto, solo la collaborazione tra le comunità parrocchiali, tra i cittadini e le istituzioni, tra i fratelli di varie confessioni, tra le associazioni, cercando ciò che ci unisce e non quello che ci divide può risollevare questa città, camminando insieme e non giudicando e mormorando, distruggendo quello che magari riesce a fare un altro meglio di te – ci sarà sempre uno migliore di te – magari con quello spirito di invidia, di giudizio, di “minnicazione” mettendo il tarlo del sospetto nel cuore di coloro che ci stanno accanto o che magari ti seguono sui social ma che poi fondamentalmente sei solo. Bisogna stare attenti!

Essere uomini eucaristici, celebrare la solennità del Corpus Domini deve portarci a entrare nella logica della vera comunione, essere uomini e donne di comunione. Possiamo cadere nella contraddittorietà nel celebrare solennemente questa Eucarestia e poi non essere uomini e donne eucaristiche cioè persone che fanno della loro vita un inno di ringraziamento – Eucarestia vuol dire rendimento di lode – o non essere persone di comunione che creano ponti ma innalzano continuamente muri.

Cadere nella contraddittorietà di portare trionfalmente nelle nostre strade Gesù eucarestia – non porteremo in processione una statua o un’immagine, ma la sua Carne, la sua presenza viva e vera – e poi non dedicare durante la settimana alcuni momenti per stare in adorazione davanti al tabernacolo per affinare il nostro sguardo e leggere la nostra storia con i suoi occhi o stare in silenzio e far parlare lui. Adorare vuol dire anche lasciarsi baciare in bocca, e gli innamorati sanno che quando ci si bacia non si parla, noi invece parliamo sempre. L’Eucarestia ci insegna il primato dell’ascolto.

 Cadere nella contraddittorietà nel professare la presenza reale di Gesù fra le nostre strade e fra le nostre case e poi magari non riuscire a parlare con il vicino di casa, con il collega, con un familiare o andare verso i poveri, gli anziani o gli ammalati, dove la carne di Cristo continua ad attendere noi.

 Ecco carissimi, chiediamoci qual è l’effetto collaterale – oggi si utilizza tanto questo termine – del mio incontro con il Signore nell’Eucarestia, non solo di oggi, ma di ogni Eucarestia, il cristiano vive di domenica in domenica. Siamo uomini e donne di comunione? Cerchiamo di vivere relazioni belle sincere, partendo dal rapporto personale con Gesù che ci porta ad amare e accogliere l’altro come dono e non come nemico? L’Eucarestia ha la potenza di rinnovare tutto, mangiando e sentendoci trasformati da Lui, c’è un vecchio detto che afferma: “dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei”, cosa mangiamo? di cosa si nutre la nostra vita? I miei occhi, il mio cuore, la mia carne cosa veramente hanno bisogno? Chi siamo? Chi vogliamo essere? Trasformati in Lui, inebriati dal suo amore e chiamati a vivere l’eucarestia fra di noi in tutti i livelli delle nostre relazioni a casa, a lavoro, in comunità, nel quartiere nel cercare il bene comune. Se potessimo vivere come criterio delle nostre relazioni l’Eucarestia, cioè l’essere grati ed essere dono, tutto cambierebbe nella nostra vita, la nostra città si trasformerebbe. Se potessimo dire al marito, alla moglie, ai figli, ai compagni di lavoro, ai fratelli di comunità, a tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino, senza utilizzare etichette o graduatorie: “prendete e mangiate questo è il mio corpo, offerto per tutti”! Come cambierebbe il mondo! Questa misura d’amore altissima rinnoverebbe da dentro il nostro cuore e la nostra esistenza, penso che questa sia la sfida che ci lancia la solennità di quest’oggi.

Il vangelo che abbiamo ascoltato ci educa alla gratuità e alla condivisione. Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci secondo la versione di Luca ci parla di una grande folla, erano in un luogo deserto, era sera, sono degli elementi come quelli che stiamo vivendo in questa nostra Celebrazione. Anche noi siamo tanti e siamo venuti per ascoltare il Signore ed essere guariti da lui, anche noi siamo nel deserto delle nostre preoccupazioni e paure tra venti di morte provocati dalla pandemia e dalla guerra, anche ora e sera e anche noi siamo stanchi per via della fatica della settimana e dalla calura del sole, ma siamo qui, perché abbiamo bisogno di Lui, siamo qui perché ci ha convocati uno ad uno, siamo qui perché con i fratelli vogliamo condividere la nostra fede come facciamo durante la settimana nelle nostre parrocchie, nei nostri oratori, movimenti, associazioni dove condividiamo in piccoli gruppi – come quei gruppi di cinquanta –la fatica del credere,

siamo qui per saziarci della sua presenza, una presenza che continua – così come ogni volta ci ricorda il Sacerdote a conclusione della Messa nelle parole: andate in pace… cioè portate Cristo nelle vostre case.

Se questa mensa eucaristica non continua sulla tavola della nostra cucina, sulla tavola della condivisione e della fraternità a casa nostra,

 se quest’altare della Parola non continua sui nostri comodini dove riposa la Parola che ci aspetta ogni mattina per essere scrutata ogni giorno ed essere lampada del nostro cammino e luce per il nostro piede,

 se le nostre sedie e banchi non continuano con i nostri salotti e le nostre sedie di casa e di lavoro, nel testimoniare la signoria di Gesù e nell’edificare il suo regno nelle relazioni vere e sincere senza parlar male degli altri, allora si la nostra Messa sarà la nostra vita, altrimenti si ridurrà a un mero atto di culto che non porta nessun frutto.

Riprendendo il testo evangelico, gli Apostoli preoccupati vogliono che Gesù congedi la folla ma il Maestro dice “date voi stessi da mangiare” ma loro non avevano nulla, erano rimasti dal pranzo solo degli avanzi: 5 panini e 2 pesciolini, cosa sono davanti a una moltitudine di più 10.000 persone? Sono nulla, ma quel nulla Gesù vuole, da quel nulla, dal nostro nulla Gesù inizia a trasformare tutto… quel ragazzo, secondo la versione di Matteo, dà quello che aveva, bisogna osare con il Signore, quel poco cibo basterà a saziare la fame di quel ragazzino ma anche di tutti… se noi non siamo generosi e non ci mettiamo la faccia per edificare questa nostra città tutto rimarrà così, saremo solo bravi a piangerci addosso e a sfregiare la nostra città anche sui social. Nessuno parla male di sua madre, la nostra città, la nostra terra è la nostra madre. Saremo bravi a puntare il dito verso le lacune di coloro che ci amministrano – che sicuramente devono fare di più – ma noi continueremo ad aspettare il “salvatore di turno” che prometta o faccia qualcosa. Non possiamo solo lamentarci che i nostri giovani e ragazzi lascino la nostra città e noi stiamo a guardare, sapendo che forse non ritorneranno più, loro non sono il futuro di questa città sono il presente, non ci possiamo permettere che i giovani che rimangono, scendano a compromessi con i guadagni sporchi e illusori della droga. Tutti dobbiamo fare qualcosa per loro. Siamo specialisti nel mettere mi piace o a commentare sui social, anche senza sapere la verità, ma cosa ci mettiamo del nostro? E quel che facciamo per il bene comune sia fatto nel silenzio perché “il Signore che vede nel silenzio ti ricompenserà” senza proclami, promesse o pretese. Partiamo dal rispetto che dobbiamo avere gli uni verso gli altri, mantenendo la nostra città pulita partendo dal fazzoletto di terra dove abitiamo, nel non sporcare con l’immondizia buttata in giro, a non distruggere quello che abbiamo. Dio e i nostri padri ci hanno lasciato una città meravigliosa con il suo splendido mare, la sua florida terra con la sua storia millenaria meravigliosa e noi cosa facciamo? Forse vogliamo continuare a volgere le spalle a questo grande patrimonio di bellezza? Non possiamo solo lamentarci o aspettare con senso di rassegnazione che la pioggia cada dall’alto, muoviamoci, su ognuno di noi faccia qual cosa, ecco cosa ci insegna oggi il vangelo. Coraggio! Tu metti qualcosa di tuo nell’impegno, non stare a guardare dal balcone, hai solo 5 pani duri e 2 pesciolini puzzolenti, il Vangelo ci racconta che erano del deserto ed era sera, va bene, nelle mani del Signore questo pane diventerà fragrante e questi pesci freschissimi, ma bisogna fidarsi di lui e dell’altro. Anche a noi stasera Gesù viene a dirci: Date voi stessi da mangiare, non aspettate gli altri; voi, noi, io e tu con Gesù possiamo essere uomini e donne che sanno spezzarsi per sfamare chiunque bussa alla porta del nostro cuore. Il Signore ci conceda tutto ciò attraverso il cuore della sua e nostra madre Maria. Amen

https://www.facebook.com/ilgazzettinodigela.it/videos/1402368140189145/

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Il maestro Iudice con una sua opera all’asta di beneficenza per Il Volo onlus a Milano

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Un’opera del maestro Giovanni Iudice per un’asta di beneficenza, insieme tra i maggiori artisti e designer italiani. Si tratta di “Cinqueterre”, retouché pastellato a mano 30x37cm, dipinto molto apprezzato del pittore gelese.

Prenderà così parte all’iniziativa solidale promossa da Il Volo onlus, ente non profit che si occupa del sostegno ai giovani in difficoltà. Un progetto dal titolo “Scusate il disturbo” che prevede l’asta il prossimo 7 maggio a Milano alle ore 18.30.  

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Pericolo sulla Sp 8: da Butera arriva l’allarme

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I tecnici comunali dell’Ufficio tecnico del Comune di Butera hanno inviato una nota al Libero Consorzio di Caltanissetta ed alla Prefettura dopo accertato una situazione di grave pericolo della Strada Provinciale n.8.

Il pericolo deriva dal pessimo stato di conservazione dei giunti tra le campate del ponte della SP8, tra Gela e Butera, nella Contrada Ponte-Cataudo.

“La situazione accertata, necessita di un immediato intervento al fine di scongiurare pericoli alla pubblica incolumità – conferma il sindaco Giovanni Zuccalà.

“La carreggiata è in più punti ammalorata e mancante di asfalto, ma ciò che maggiormente preoccupa, non avendo cognizione dello stato al di sotto degli impalcati, è invece lo stato di pessima conservazione in cui si trovano tutti i giunti tra gli impalcati. Sono venute alla luce le armature di sostegno, oltre alla presenza di pericolosi avvallamenti” – hanno scritto i tecnici comunali.

La strada SP8 è una fondamentale arteria che permette il collegamento del Comune con la città di Gela, che rappresenta per buona parte della popolazione la sede lavorativa, ed il presidio sanitario di pronto intervento più vicino.

La strada è costantemente percorsa da miglia di automobilisti e dagli autobus della linea extraurbana, che trasportano gli alunni pendolari ogni giorno, visto che Butera non dispone di istituti secondari di secondo grado.

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Elezioni RSU 2025 “Istruzione e Ricerca”.L’ANIEF di Caltanissetta si conferma terzo sindacato più votato nel territorio

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Caltanissetta- Nei giorni 14, 15 e 16 aprile 2025 si sono svolte le elezioni per il rinnovo della componente RSU nel comparto “Istruzione e Ricerca”.

L’ANIEF di Caltanissetta ha preso parte alla competizione elettorale presentando 94 candidati in 41 istituzioni scolastiche della provincia, coprendo il 100% delle scuole autonome del territorio. Il sindacato ha sfiorato i 900 voti di lista, consolidando ulteriormente la propria presenza nel contesto scolastico nisseno. L’ANIEF si conferma terza organizzazione sindacale più votata nella provincia su sette sigle in competizione, ottenendo 28 seggi RSU e registrando una media di circa 21,56 voti per lista.

“Il risultato emerso dalle urne è estremamente positivo – dichiara il presidente provinciale, dott. Dario Tumminelli. – Arrivare terzi in una competizione elettorale così complessa e impegnativa non era affatto scontato. Nelle elezioni del 2022, la nostra sigla aveva beneficiato dell’effetto novità/sorpresa, entrando per la prima volta tra i sindacati rappresentativi, traguardo tutt’altro che semplice. Quest’anno, con tutte le organizzazioni sindacali ben preparate e pienamente consapevoli dell’importanza di questo appuntamento, siamo riusciti non solo a confermare, ma anche a rafforzare la nostra presenza in molte scuole.

Dato particolarmente significativo è l’aver ottenuto quasi il doppio dei voti rispetto al numero dei nostri iscritti nel territorio: un chiaro segnale di fiducia e di apprezzamento per l’azione sindacale portata avanti finora. Conclude infine: superare sigle storiche, con una lunga e consolidata tradizione sindacale alle spalle, è per noi motivo di grande soddisfazione, perché abbiamo saputo lavorare bene e in modo efficace sul territorio.

”L’ANIEF di Caltanissetta, guidata dal dott. Dario Tumminelli, insieme a tutto il suo staff, esprime un sentito ringraziamento a tutti i candidati e si congratula con le RSU elette e con quanti hanno contribuito a questo brillante risultato, sostenendo con impegno e passione la presenza del sindacato in un confronto elettorale duro, particolarmente significativo e importante.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
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