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Vicario foraneo invita tutti: “per vivere bene ognuno deve fare la sua parte”

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Piazza gremita come sempre ma dopo due anni di fermo emozione speciale. La solennità del Corpus domini quest’anno ha assunto una connotazione speciale: quella del ritorno alla vita ed alle celebrazioni solenni attese dal popolo di Dio come atto d’amore particolare in un frangente storico che vede l’uomo sottoposto a grandi prove. Il clero al completo come anche l’amministrazione comunale. Silenzio assoluto e canti celestiali del coro della parrocchia Regina Pacis. L’ Unitalsi fa la sua parte con la sfilata delle persone in difficoltà, ospiti di riguardo in questa occasione. La celebrazione eucaristica procede spedita. Dopo la declamazione del Vangelo prende la parola il Vicario Foraneo don Lino Di Dio che pronuncia il monito finalizzato a riprendere le fila di una città che soffre:

“Ringraziamo innanzitutto il Signore che dopo 2 anni ci dà la gioia di poter vivere insieme questa solenne celebrazione eucaristica. Non vi nascondo che sono anche emozionato, è la mia prima volta che presiedo questa celebrazione da vicario foraneo ed essendo il più piccolo dei parroci desidero solo balbettare qualcosa con voi. Ringrazio e saluto il Sindaco, le autorità civili e militari presenti. Un vivo ringraziamento va a don Luigi con tutta la comunità di San Giacomo che ci ospita e don Angelo e alla comunità di Regina Pacis che anima questa celebrazione e ha preparato tutto con grande amore. Ringrazio le forze dell’ordine presenti che vigilano su di noi e ci aiutano a svolgere con serenità questa solennità che è la festa del corpo del Signore, dunque della sua carne che siamo anche noi, perché sue membra.

Facciamo festa al corpo, il corpo di Cristo per noi diventato pane, che ci rimanda all’essenziale del nostro vivere e della nostra fede. La carne è il punto cardine della nostra esistenza. Nel corpo di Cristo che finalmente si è compiuta l’opera della redenzione quella riconciliazione desiderata dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, quel desiderio intimo, profondo, sponsale che genera la comunione intima che dà vita, questo Dio desidera per noi, stringere con l’umanità una unione nuziale per trasmettere a noi qualcosa di suo, se stesso, l’intimità di se e per poter generare in noi la sua vita divina. Questo grazie alla carne del Verbo, grazie all’incarnazione che si compie ciò. Il verbo e la carne.

Non dobbiamo farci anestetizzare il cuore dall’abitudine del partecipare e adorare l’Eucarestia, ma dobbiamo sempre farci raggiungere dallo stupore dell’amore. Dobbiamo sentirci così desiderati da Dio, da essere quasi sommersi dal suo amore che non fa domande o pone condizioni perché il suo amore è stabile e certo, vuole portarci a trasformarci per non rischiare di mangiare e bere la nostra condanna. In ogni nostra comunione c’è un giudizio che si compie non solo nel riconoscere la presenza reale del Cristo ma anche della chiesa. Cosa abbiamo fatto per meritare un dono così grande il suo farsi piccolo, il rimanere con noi? Nulla, ma proprio nulla, anzi siamo intervenuti senza accogliere il suo amore, rifiutando Lui la luce che illumina ogni uomo, ma lui è rimasto fedele, Lui ha trovato il modo per rivelarci il suo amore, il suo amore è più forte, la sua testardaggine nell’offrirsi incondizionatamente a noi, il suo grande desiderio di rimanere con noi inventandosi nel suo ingegno il lasciarsi mangiare dall’uomo. Non gli bastava la sua incarnazione, la sua vita, il subire innocentemente e morire sulla croce per noi? No, è rimasto in mezzo agli uomini, dentro ogni uomo, questo è il suo unico desiderio… “ho tanto desiderato celebrare questa Pasqua con voi” questo profondo anelito di Gesù che ascoltiamo la sera del giovedì santo. Desiderio e passione questo è quello che contempliamo nell’Eucarestia, tutto questo per avere un modo nuovo, duraturo nello stare dentro il cuore di ogni uomo. Il suo farsi piccolo disarma la nostra mania di grandezza, il suo essere sempre li che aspetta, mette in crisi la nostra fretta del fare e apparire.

Nella prima lettura, viene ripetuto il termine “benedizione”. Bene-dire, vuol dire parlare bene. Come possiamo pretendere da Dio che ci benedica, cioè che parli bene di noi, delle nostre famiglie della nostra città se noi male-diciamo, cioè parliamo male degli altri, se siamo uno contro l’altro. Il giudizio, il chiacchiericcio, il gettare sentenze anche sui social, l’invidia sono tutte forme che non vengono da Dio, ma separano cioè portano avanti la logica del diabolos (diavolo) cioè del divisore che è colui che separa, spacca, fa inciampare e cadere. Ecco a noi allora il segno semplice e disarmante del pane e del vino che sono costituiti da tanti chicchi di grano e tanti acini di uva che diventano un unico pane e un unico vino, ecco il segno che il Signore oggi ci dà, la semplicità e l’unità. Il grano e l’uva prima di divenire elementi del sacrificio eucaristico devono sostenere tanti passaggi, essere raccolti, stritolati, pigiati, amalgamati, infornati, decantati… un percorso lungo, sofferto. E noi tante volte siamo chiamati a vivere nella pazienza e nel silenzio, senza pretendere il risultato immediato o il riconoscimento dei nostri sforzi o pretendere la ricompensa. No, noi siamo chiamati a seminare o piantare, magari non raccoglieremo noi, saranno altri a farlo, ma la cosa importante è impegnarsi per il bene dell’altro.

L’Eucarestia ha in sè questo forte segno di unità, perché solo l’unità ci rende credibili nell’annunziare che Cristo è vivo ed è risorto, solo la collaborazione tra le comunità parrocchiali, tra i cittadini e le istituzioni, tra i fratelli di varie confessioni, tra le associazioni, cercando ciò che ci unisce e non quello che ci divide può risollevare questa città, camminando insieme e non giudicando e mormorando, distruggendo quello che magari riesce a fare un altro meglio di te – ci sarà sempre uno migliore di te – magari con quello spirito di invidia, di giudizio, di “minnicazione” mettendo il tarlo del sospetto nel cuore di coloro che ci stanno accanto o che magari ti seguono sui social ma che poi fondamentalmente sei solo. Bisogna stare attenti!

Essere uomini eucaristici, celebrare la solennità del Corpus Domini deve portarci a entrare nella logica della vera comunione, essere uomini e donne di comunione. Possiamo cadere nella contraddittorietà nel celebrare solennemente questa Eucarestia e poi non essere uomini e donne eucaristiche cioè persone che fanno della loro vita un inno di ringraziamento – Eucarestia vuol dire rendimento di lode – o non essere persone di comunione che creano ponti ma innalzano continuamente muri.

Cadere nella contraddittorietà di portare trionfalmente nelle nostre strade Gesù eucarestia – non porteremo in processione una statua o un’immagine, ma la sua Carne, la sua presenza viva e vera – e poi non dedicare durante la settimana alcuni momenti per stare in adorazione davanti al tabernacolo per affinare il nostro sguardo e leggere la nostra storia con i suoi occhi o stare in silenzio e far parlare lui. Adorare vuol dire anche lasciarsi baciare in bocca, e gli innamorati sanno che quando ci si bacia non si parla, noi invece parliamo sempre. L’Eucarestia ci insegna il primato dell’ascolto.

 Cadere nella contraddittorietà nel professare la presenza reale di Gesù fra le nostre strade e fra le nostre case e poi magari non riuscire a parlare con il vicino di casa, con il collega, con un familiare o andare verso i poveri, gli anziani o gli ammalati, dove la carne di Cristo continua ad attendere noi.

 Ecco carissimi, chiediamoci qual è l’effetto collaterale – oggi si utilizza tanto questo termine – del mio incontro con il Signore nell’Eucarestia, non solo di oggi, ma di ogni Eucarestia, il cristiano vive di domenica in domenica. Siamo uomini e donne di comunione? Cerchiamo di vivere relazioni belle sincere, partendo dal rapporto personale con Gesù che ci porta ad amare e accogliere l’altro come dono e non come nemico? L’Eucarestia ha la potenza di rinnovare tutto, mangiando e sentendoci trasformati da Lui, c’è un vecchio detto che afferma: “dimmi ciò che mangi e ti dirò chi sei”, cosa mangiamo? di cosa si nutre la nostra vita? I miei occhi, il mio cuore, la mia carne cosa veramente hanno bisogno? Chi siamo? Chi vogliamo essere? Trasformati in Lui, inebriati dal suo amore e chiamati a vivere l’eucarestia fra di noi in tutti i livelli delle nostre relazioni a casa, a lavoro, in comunità, nel quartiere nel cercare il bene comune. Se potessimo vivere come criterio delle nostre relazioni l’Eucarestia, cioè l’essere grati ed essere dono, tutto cambierebbe nella nostra vita, la nostra città si trasformerebbe. Se potessimo dire al marito, alla moglie, ai figli, ai compagni di lavoro, ai fratelli di comunità, a tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino, senza utilizzare etichette o graduatorie: “prendete e mangiate questo è il mio corpo, offerto per tutti”! Come cambierebbe il mondo! Questa misura d’amore altissima rinnoverebbe da dentro il nostro cuore e la nostra esistenza, penso che questa sia la sfida che ci lancia la solennità di quest’oggi.

Il vangelo che abbiamo ascoltato ci educa alla gratuità e alla condivisione. Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci secondo la versione di Luca ci parla di una grande folla, erano in un luogo deserto, era sera, sono degli elementi come quelli che stiamo vivendo in questa nostra Celebrazione. Anche noi siamo tanti e siamo venuti per ascoltare il Signore ed essere guariti da lui, anche noi siamo nel deserto delle nostre preoccupazioni e paure tra venti di morte provocati dalla pandemia e dalla guerra, anche ora e sera e anche noi siamo stanchi per via della fatica della settimana e dalla calura del sole, ma siamo qui, perché abbiamo bisogno di Lui, siamo qui perché ci ha convocati uno ad uno, siamo qui perché con i fratelli vogliamo condividere la nostra fede come facciamo durante la settimana nelle nostre parrocchie, nei nostri oratori, movimenti, associazioni dove condividiamo in piccoli gruppi – come quei gruppi di cinquanta –la fatica del credere,

siamo qui per saziarci della sua presenza, una presenza che continua – così come ogni volta ci ricorda il Sacerdote a conclusione della Messa nelle parole: andate in pace… cioè portate Cristo nelle vostre case.

Se questa mensa eucaristica non continua sulla tavola della nostra cucina, sulla tavola della condivisione e della fraternità a casa nostra,

 se quest’altare della Parola non continua sui nostri comodini dove riposa la Parola che ci aspetta ogni mattina per essere scrutata ogni giorno ed essere lampada del nostro cammino e luce per il nostro piede,

 se le nostre sedie e banchi non continuano con i nostri salotti e le nostre sedie di casa e di lavoro, nel testimoniare la signoria di Gesù e nell’edificare il suo regno nelle relazioni vere e sincere senza parlar male degli altri, allora si la nostra Messa sarà la nostra vita, altrimenti si ridurrà a un mero atto di culto che non porta nessun frutto.

Riprendendo il testo evangelico, gli Apostoli preoccupati vogliono che Gesù congedi la folla ma il Maestro dice “date voi stessi da mangiare” ma loro non avevano nulla, erano rimasti dal pranzo solo degli avanzi: 5 panini e 2 pesciolini, cosa sono davanti a una moltitudine di più 10.000 persone? Sono nulla, ma quel nulla Gesù vuole, da quel nulla, dal nostro nulla Gesù inizia a trasformare tutto… quel ragazzo, secondo la versione di Matteo, dà quello che aveva, bisogna osare con il Signore, quel poco cibo basterà a saziare la fame di quel ragazzino ma anche di tutti… se noi non siamo generosi e non ci mettiamo la faccia per edificare questa nostra città tutto rimarrà così, saremo solo bravi a piangerci addosso e a sfregiare la nostra città anche sui social. Nessuno parla male di sua madre, la nostra città, la nostra terra è la nostra madre. Saremo bravi a puntare il dito verso le lacune di coloro che ci amministrano – che sicuramente devono fare di più – ma noi continueremo ad aspettare il “salvatore di turno” che prometta o faccia qualcosa. Non possiamo solo lamentarci che i nostri giovani e ragazzi lascino la nostra città e noi stiamo a guardare, sapendo che forse non ritorneranno più, loro non sono il futuro di questa città sono il presente, non ci possiamo permettere che i giovani che rimangono, scendano a compromessi con i guadagni sporchi e illusori della droga. Tutti dobbiamo fare qualcosa per loro. Siamo specialisti nel mettere mi piace o a commentare sui social, anche senza sapere la verità, ma cosa ci mettiamo del nostro? E quel che facciamo per il bene comune sia fatto nel silenzio perché “il Signore che vede nel silenzio ti ricompenserà” senza proclami, promesse o pretese. Partiamo dal rispetto che dobbiamo avere gli uni verso gli altri, mantenendo la nostra città pulita partendo dal fazzoletto di terra dove abitiamo, nel non sporcare con l’immondizia buttata in giro, a non distruggere quello che abbiamo. Dio e i nostri padri ci hanno lasciato una città meravigliosa con il suo splendido mare, la sua florida terra con la sua storia millenaria meravigliosa e noi cosa facciamo? Forse vogliamo continuare a volgere le spalle a questo grande patrimonio di bellezza? Non possiamo solo lamentarci o aspettare con senso di rassegnazione che la pioggia cada dall’alto, muoviamoci, su ognuno di noi faccia qual cosa, ecco cosa ci insegna oggi il vangelo. Coraggio! Tu metti qualcosa di tuo nell’impegno, non stare a guardare dal balcone, hai solo 5 pani duri e 2 pesciolini puzzolenti, il Vangelo ci racconta che erano del deserto ed era sera, va bene, nelle mani del Signore questo pane diventerà fragrante e questi pesci freschissimi, ma bisogna fidarsi di lui e dell’altro. Anche a noi stasera Gesù viene a dirci: Date voi stessi da mangiare, non aspettate gli altri; voi, noi, io e tu con Gesù possiamo essere uomini e donne che sanno spezzarsi per sfamare chiunque bussa alla porta del nostro cuore. Il Signore ci conceda tutto ciò attraverso il cuore della sua e nostra madre Maria. Amen

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Incarichi per gestire i cantieri infiammano gli ambienti politici

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Ogni delibera con incarichi affidati dall’amministrazione comunale per lavori da avviare con i finanziamenti esterni crea polemiche a non finire negli ambienti politici. Non si è spenta l’eco delle polemiche per l’incarico della direzione dei lavori  del secondo tratto del lungomare all’arch. Virginia Farruggia fino a giugno consigliere comunale del m5s ed una degli esponenti del gruppo gelese. Subito ne spunta un’altra che stavolta va a toccare gli ambienti dell’opposizione.

 Si tratta dell’incarico  di 50 mila euro per coordinare la sicurezza nei lavori della palestra dello stadio Presti  finanziati con il programma Qualità Abitare  che è stato affidato tramite Mepa (come nel caso della Farruggia)  all’ing. Marco Biundo parente del vice presidente del consiglio, il forzista Antonino Biundo, unico rappresentante degli azzurri in aula. Così le chat politiche sono diventate subito bollenti.

Ed infine sempre riguardo ai lavori del Lungomare  il coordinamento  è stato affidato all’ing. Stefano Sammartino. Nel suo caso il chiacchiericcio non riguarda appartenenze e parentele politiche ma il  fatto che  ha avuto di recente anche un altro incarico  cioè il monitoraggio complessivo di tutti i progetti finanziati con i fondi del programma “Qualità abitare”. Polemiche a parte, si aspetta l’apertura dei cantieri.

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L’Asp difende le dotazioni organiche dell’ospedale

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Continua a tenere banco la questione sanità a Gela. Questa volta a prendere la parola per rispondere alle dichiarazioni dell’Assessore Franzone del Comune di Gela, è il Direttore del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele, dr. Cirrone Cipolla che ha sottolineato che: “𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑈𝑛𝑖𝑡𝑎’𝑂𝑝𝑒𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑖𝑜 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑠𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑖𝑛𝑓𝑒𝑟𝑚𝑖𝑒𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑒 𝑑𝑖 𝑠𝑢𝑝𝑝𝑜𝑟𝑡𝑜 𝑎𝑑𝑒𝑔𝑢𝑎𝑡𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑒𝑣𝑖𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑜𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑐𝑎. 𝑃𝑒𝑟 𝑐𝑖𝑜’ cℎ𝑒, 𝑖𝑛𝑣𝑒𝑐𝑒, 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑒𝑟𝑛𝑒 𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑠𝑜𝑟𝑠𝑒 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑜𝑠𝑠𝑖𝑚𝑜 𝑒𝑠𝑝𝑙𝑒𝑡𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑜𝑟𝑠𝑜 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑜 𝑝𝑒𝑟 170 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑑𝑖 𝑣𝑎𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑒 𝑐𝑖 𝑎𝑢𝑔𝑢𝑟𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑎’ 𝑙𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑝𝑒𝑟𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑎𝑑 𝑜𝑔𝑔𝑖 𝑣𝑎𝑐𝑎𝑛𝑡𝑖.

𝐿𝑎 𝐷𝑖𝑟𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑐𝑎 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑛𝑑𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑒𝑙𝑒𝑛𝑐ℎ𝑖 𝑑𝑒𝑖 𝑛𝑜𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑅𝑒𝑔𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑚𝑖𝑛𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝐶𝑜𝑚𝑚𝑖𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝐸𝑠𝑎𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑟𝑖𝑐𝑖. 𝑂𝑙𝑡𝑟𝑒 𝑎𝑖 𝑏𝑎𝑛𝑑𝑖 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒 𝑎𝑝𝑒𝑟𝑡𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑛𝑡𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑎𝑙𝑢𝑛𝑞𝑢𝑒 𝑚𝑜𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑑𝑢𝑟𝑒 𝑐𝑒𝑙𝑒𝑟𝑖 𝑒 𝑠𝑛𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑖𝑙 𝑟𝑒𝑝𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎.

𝐶𝑜𝑛𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑒 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑐𝑒𝑑𝑢𝑟𝑒 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑒 𝑖𝑛 𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙’𝐴𝑆𝑃, 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑐𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑎 𝑖𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑐𝑖 𝑡𝑟𝑜𝑣𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑎𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑎 𝑑𝑎𝑙 𝑝𝑒𝑛𝑠𝑖𝑜𝑛𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑖 𝑀𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑛𝑖 𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑔𝑖𝑜𝑣𝑎𝑛𝑖 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖 𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒𝑐𝑖𝑝𝑎𝑛𝑜 𝑎𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑐𝑜𝑟𝑠𝑖, 𝑐𝑖 𝑠𝑖 𝑎𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑑𝑖 𝑎𝑓𝑓𝑟𝑜𝑛𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑓𝑎𝑠𝑒 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑐𝑙𝑖𝑚𝑎 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑐𝑐𝑢𝑠𝑎𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜, 𝑏𝑒𝑛𝑠𝑖’ c𝑜𝑙𝑙𝑎𝑏𝑜𝑟𝑎𝑡𝑖𝑣𝑜 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑒 𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑙𝑜𝑐𝑎𝑙𝑖, 𝑝𝑒𝑟 𝑖𝑙 𝑏𝑒𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑢𝑛𝑖𝑡𝑎’ 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑢𝑡𝑒𝑛𝑡𝑖.

𝑅𝑖𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑜 𝑎𝑙𝑙’𝑈𝑇𝐼𝑁, 𝑠𝑜𝑠𝑡𝑒𝑛𝑔𝑜 𝑙’𝑖𝑚𝑝𝑒𝑔𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑚𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙 𝐷𝑖𝑟𝑒𝑡𝑡𝑜𝑟𝑒 𝐺𝑒𝑛𝑒𝑟𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑟𝑚𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑟 𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑙’𝑈𝑇𝐼𝑁 𝑑𝑖 𝐶𝑎𝑙𝑡𝑎𝑛𝑖𝑠𝑠𝑒𝑡𝑡𝑎, 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑟𝑚𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡𝑢𝑟𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑙’𝑈𝑇𝐼𝑁 𝑑𝑖 𝐺𝑒𝑙𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑎 15 𝑎𝑛𝑛𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑒’ s𝑠𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑎𝑟𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑛𝑒𝑜𝑛𝑎𝑡𝑜𝑙𝑜𝑔𝑖.𝑅𝑖𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑜 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐ℎ𝑒, 𝑙’𝑎𝑡𝑡𝑢𝑎𝑙𝑒 𝐷𝑖𝑟𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑆𝑡𝑟𝑎𝑡𝑒𝑔𝑖𝑐𝑎 ℎ𝑎 𝑖𝑠𝑡𝑖𝑡𝑢𝑖𝑡𝑜 𝑢𝑛 𝑡𝑒𝑎𝑚 𝑎𝑧𝑖𝑒𝑛𝑑𝑎𝑙𝑒 𝑒 ℎ𝑎 𝑚𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑎 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑜 𝑢𝑛 𝑃𝑟𝑜𝑔𝑟𝑎𝑚𝑚𝑎 𝑑𝑖 𝑟𝑒𝑐𝑢𝑝𝑒𝑟𝑜 𝑐ℎ𝑒 ℎ𝑎 𝑣𝑖𝑠𝑡𝑜, 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒 𝑎𝑑 𝑢𝑛 𝑓𝑖𝑛𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑟𝑒𝑔𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑏𝑏𝑎𝑡𝑡𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑠𝑎, 𝑢𝑛𝑎 𝑡𝑎𝑛𝑔𝑖𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑟𝑖𝑜𝑟𝑔𝑎𝑛𝑖𝑧𝑧𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙’𝑜𝑓𝑓𝑒𝑟𝑡𝑎 𝑠𝑝𝑒𝑐𝑖𝑎𝑙𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 𝑔𝑟𝑎𝑧𝑖𝑒, 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒, 𝑎𝑙𝑙’𝑒𝑟𝑜𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑡𝑖𝑣𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑖 𝑐𝑜𝑛𝑠𝑒𝑛𝑡𝑖𝑟𝑎𝑛𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑎𝑧𝑧𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒 𝑖 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑡𝑡𝑒𝑠𝑎”.

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Asp: in arrivo tre psichiatri

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Mussomeli -Le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Nursind Cgs, Fials e Nursing Up hanno incontrato il management dell’Asp Ficarra per discutere del problema dei servizi di igiene mentale della paventata chiusura del pronto soccorso dell’ospedale di Mussomeli dalle 20 alle 8.

Nel corso dell’incontro si è parlato della carenza di ore destinate al servizio del personale ausiliario e la Direzione strategica si è impegnata a trovare soluzioni nel breve periodo. Riguardo al Sert di Gela e del dipartimento di Igiene mentale di Mussomeli i sindacati hanno evidenziato la grave carenza di medici in queste strutture e le difficoltà operative del personale.

Il direttore sanitario ha comunicato che si sta procedendo con l’assunzione di tre medici psichiatri destinati a questi servizi.

Sulla lungodegenza dell’ospedale di Mussomeli la notizia che l’apertura è prevista per il primo febbraio, con personale infermieristico proveniente dal presidio ospedaliero e l’aggiunta di due operatori sociosanitari. I sindacati hanno richiesto il rientro degli infermieri trasferiti all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, ma è stato comunicato che attualmente non è possibile per problemi di organico

L’azienda ha rassicurato spiegando che “si stanno predisponendo convenzioni con una cooperativa privata per garantire la copertura dei turni ed è previsto l’arrivo di nuovi medici provenienti dall’Argentina per rafforzare l’organico e garantire il mantenimento del servizio”. “Non c’è alcuna intenzione di interrompere il servizio notturno del pronto soccorso di Mussomeli”. È una delle rassicurazioni fatte dall’Asp di Caltanissetta ai sindacati in un incontro che si è svolto ieri per discutere alcune problematiche nella gestione dei servizi sanitari.


Infine in merito alla rimodulazione delle ore lavorative degli operatori sociosanitari, è stata discussa la recente riduzione delle ore settimanali a 24, che era già stata segnalata come errore di calcolo. Il direttore amministrativo ha garantito che, probabilmente nel breve termine, le ore settimanali saranno riportate a 30, in modo da migliorare la qualità e la continuità dei servizi assistenziali. I sindacati hanno comunicato che “continueranno a monitorare le questioni affrontate e si riservano di avviare ulteriori confronti per garantire soluzioni rapide e definitive a tutte le problematiche emerse

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
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