Seguici su:

Società

UNCOVID: Gela ai tempi del Covid

Pubblicato

il

Un esercito di RoboCop in tuta bianca ha salvato nel 2020 migliaia di persone da morte quasi certa. Tra questi, anche medici e infermieri gelesi impegnati sul fronte di una guerra invisibile, combattuta da invisibili, per pazienti invisibili. In foto uno di questi: un soldato Covid gelese che chiede di restare in anonimato, quello stesso anonimato con cui ha curato centinaia di persone del Nord Italia che risultano tra il quasi milione e mezzo di guariti (1.479.988) dall’inizio della pandemia in Italia ad oggi.

E se non contiamo vittime nelle nostre famiglie, possiamo già ritenerci fortunati. E’ stato un anno inclemente il 2020, è vero. E’ stato l’anno del Covid -19. Ma buttarlo sarebbe ingiusto anche nei confronti di chi è sopravvissuto e di chi è morto per la sopravvivenza, passando ad altri il testimone della vita. Che deve andare avanti, nonostante tutto e nonostante tutti.

Sopravvissuti a uno tsunami virologico, questo siamo.
E così eccoci dentro la Grande storia: senza volerlo, senza mai immaginarlo, senza che alcuno ci chiedesse il permesso. E chi poteva mai aspettarsi dopo i festeggiamenti della mezzanotte di appena 365 giorni fa un simile disastro mondiale?
Chiunque avrà fissato, nella propria memoria, quel brindisi che nel corso del 2020 sarebbe poi decisamente andato indigesto.

Tra i vocaboli entrati in uso nel nostro lessico quotidiano: quarantena, assembramento, zona covid, covid free, rossagiallarancione. Sarà Lockdown sicuramente la parola del 2020, quella che useremo maggiormente nel prossimo futuro per evocare la desolazione imposta, quella venuta fuori da un film che, solo fino a pochi mesi fa, non poteva essere altro che una prima visione assoluta nei migliori cinema. O, andando indietro meno di un secolo, quel grande capolavoro di Albert Camus, “La Peste”, sulla condizione umana durante un’epidemia: il meglio e il peggio della specie per intenderci.

Ma che anno è stato questo se non, riportando il Time, l’anno che non è stato?
Gennaio, Febbraio, Marzo, Coronavirus e di nuovo Dicembre. Anno brevissimo, globale e locale. E siccome, mai come stavolta, ci siamo resi conto che il mondo altro non è che un piccolo grande paese, anche Gela e i gelesi hanno fatto l’abitudine alle sirene delle ambulanze, alle tute Covid dei sanitari, alle mascherine al viso, mal sopportate ma messe, al distanziamento tra parenti, amici, persone, ai morti di Covid 19.
Gela ha fatto la sua estate, pagando un prezzo doppio in autunno e inverno: dopo una prima ondata scansata (ancora non si capisce come), la seconda ha fatto numeri da primo e secondo round messi assieme. L’inimmaginabile, davanti al quale tutti ci siamo trovati impreparati, stavolta con dolo.

Così non possiamo che narrare di un anno che per molti versi non è stato: saranno gli anni a venire che racconteranno ciò che stiamo vivendo, perchè ancora troppo coinvolti dalle sberle prese. Di certo non è stato l’anno delle infrastrutture che il territorio attende da decenni: mentre mezza Europa si trasformava in un cantiere aperto approfittando del sonno delle città, la nostra penisola investiva su mobilità, bonus vacanze, cashback. Gela ha retto reagendo con una terapia d’urto, industriandosi per come ha potuto: l’epidemia è stata clemente con una città immunodepressa da sempre, fatta di tante, troppe incompiute: un palazzetto dello sport degno di questo nome, lo stadio, il porto, il museo del mare, le bonifiche, il progetto esecutivo della circonvallazione di Gela, l’autostrada per collegare il territorio a Siracusa, Ragusa e Agrigento. Opere indispensabili per dare respiro al malato Gela, all’economia, all’occupazione in una realtà che trattiene il fiato da troppo tempo e che il covid ha come freezzato.

94.766 il totale dei casi nell’Isola, 33.868 quelli attuali. Solo nella nostra provincia se ne contano 4.148. Il tasso di positività, nel giro di appena 24 ore, tra il 29 e il 30 Dicembre, ha registrato un balzo del 5%, passando dal 12,7 al 17,7%. In Provincia, salgono anche i ricoveri in terapia intensiva, attualmente 9; 68 in malattie infettive, 886 pazienti sottoposti a quarantena domiciliare, 84 decessi che portano i morti siciliani per Covid a 2.412 dall’inizio della pandemia: più o meno gli abitanti di Campofranco per intenderci.
A rincuorarci l’arrivo di 54.990 dosi settimanali del nuovo vaccino, che ci grazia in calcio d’angolo, chiudendo un ventennio che non passerà inosservato.
Numeri dentro altri numeri che finiranno nei libri di storia: paragrafi, tra i capitoli di quella grande storia umana che è la vita. Che ci sembrava così remota, lontana ed invece è così attuale, ciclica.
E ci riguarda tutti un po’ più da vicino, più di quanto non sembrasse, almeno fino a poco meno di un anno fa.

La soluzione alla pandemia? Il Dott. Tarrou direbbe “Sì, la simpatia”. E allora sogniamo un mondo non senza covid (Covid free) ma prima del Covid. E inventiamo anche un termine: UNCOVID. Che tradotto, sarebbe più o meno Un C’innè Covid!… See, magari.

Buon Primo Anno del Nuovo Trentennio.

clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Rubriche

Il dolore delle tragedie greche come fonte di studio scientifico

Pubblicato

il

La vivacità culturale del Lions Club di Gela Ambiente Cultura Territorio di cui è presidente l’Avv. Manuela d’Arma e dell’Associazione ex Allievi del Liceo Classico Eschilo di Gela di cui è presidente la Prof.ssa Maria Grazia Falconeri ci ha regalato, ieri sera, un interessantissimo evento presso la ex Chiesa di San Biagio.

Tre illustri relatori, grandi studiosi della psicologia della Gestal Therapy, hanno conversato su l’Agamennone, tragedia tra le più belle di Eschilo, prima della trilogia Orestea, che quest’anno verrà riproposta al Teatro greco di Siracusa.

Intervallati dalla trascinante e appassionata recitazione dell’attrice Giada Costa, moderati dal D.S. Cetta Mongelli che ha dialogato con maestria con loro, Antonio Sichera, prof. Ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea dell’Università di Catania, il prof. Giovanni Salonia, ofm, psicologo, psicoterapeuta, professore di psicologia sociale, stimato luminare della Psicologia della Gestalt, direttore della Scuola di Specializzazione in Terapia della Gestal Kairos e la prof.ssa Paola Argentino, psichiatra, direttrice dell’Istituto di Neuroscienze e Gestalt “Nino Trapani”, si sono rivelati profondi conoscitori dell’animo umano, con tutte le dinamiche e le sfaccettature: animo, psiche, spirito.

Hanno reso la conversazione di un’attualità sconvolgente come d’altra parte sono sempre i valori etico-religiosi e politico-sociali della tragedia greca classica.

 Il prof. Salonia ha dichiarato che l’elemento propulsivo del confronto con la saggezza del mondo greco come viene rappresentata nelle tragedie, è comprendere il mistero dell’uomo e dell’uomo che soffre.

Al centro il problema del dolore, della colpa, della responsabilità, del castigo. Da dove viene all’uomo il dolore? Esso viene solo dalla condizione umana o all’interno della condizione umana esiste la responsabilità del singolo?

E’ stata un’affascinante indagine sulla relazione tra colpa, pena,espiazione, conoscenza. E proprio la riflessione su Agamennone, sul figlicidio, sul uxoricidio e poi, sfociando su Oreste,sul suo matricidio ci portano a riflessioni di tragica attualità. Agamennone che uccide la figlia per la patria, Ifigenia dalle due anime, prima implora il padre di non sacrificarla e poi accoglie la causa del padre e va alla morte in silenzio, Clitemnestra , madre di Ifigenia, che vendica la figlia uccidendo Agamennone, ecco una successione di atti sacrileghi e che però non sono lontani da noi e non solo in quei fatti tragicamente cruenti, ma spesso questi atti si riscontrano nelle genitorialità, nei rapporti d’affari, nelle piccole comunità come nelle grandi comunità mondiali.

E per la prof.ssa Argentino, psichiatra e psicoterapeuta, ancora oggi, la donna spesso è considerata propensa al sacrificio e al silenzio, donna/casa in contrapposizione all’uomo/polis, questi nuclei sociali sono interdipendenti ma spesso ancora distanti.

Così le relazioni sono stati illuminanti per noi uomini di questo tempo senza certezze e nostro malgrado catapultati in una guerra al cuore dell’Europa.

C’è una speranza per l’uomo che soffre? I relatori hanno parlato dell’importanza della parola, del contatto. Ogni contatto, in ottica terapica gestaltica, implica una fase conflittuale nella quale entrano in crisi gli equilibri esistenti e una fase costruttiva attraverso la quale si perviene ad una nuova sintesi. “E’ una sola parola che basta a salvare una vita” e questa parola per il prof. Sichera è amore. Spogliando questa parola da interpretazioni di tipo barocco, mieloso o troppo romantico dire amore significa incontro.

Incontro in cui la fatica della relazione significa essere aperti al dialogo con il pensiero altrui, disposti ad ascoltare, capaci di compagnia e insieme di pensiero, di comprensione del corpo e di creatività della parola.

La parola, la speranza e il perdono, solo queste categorie relazionali, potranno salvare l’umanità.

D. S. Concetta Mongelli

Continua a leggere

Flash news

Ru486: la pillola per l’aborto fai da te. Il punto di vista dello psichiatra Dott. Franco Lauria

Pubblicato

il

Ru486. La pillola per l’aborto fai da te.

50 anni fa la pillola antifecondativa separava per la prima volta nella storia dell’umanità il piacere sessuale dalla gravidanza.Fu una rivoluzione, una liberazione da un incubo. E la novità piacque anche ai maschi che da allora hanno più donne disponibili al sesso per il sesso. Al sesso con amore, ma  anche al sesso senza amore.

Ma la modernità non si ferma qui ed oggi l’industria cerca di rendere sempre più facile, indolore, veloce e gratuita l’interruzione volontaria della gravidanza. La pillola Ru486 la puoi usare in casa, in piena autonomia,  facile facile. E voilà il gioco è fatto. Il bimbo non c’è più. Si perché l’industria viene incontro alle esigenze di un Sistema che non vuole più nuovi nati, almeno nell’ Occidente postcapitalista. 

Bisogna convincere le donne che abortire è normale, non è un trauma, non è un atto vergognoso, è solo una Terapia.  Viene usata la parola Terapia come se la gravidanza fosse una patologia.Un evento patologico da curare con l’espianto. 

Che la gravidanza sia messa sullo stesso piano di una patologia lo dimostra anche il fatto che nell’ipotesi in cui non fai l’aborto comunque devi fare controlli medici, analisi, ecografie, addirittura già prima della gravidanza. Cosi se decidi di fare un figlio tutta l’attenzione è medicalizzata e scientizzata. Dall’inizio alla fine. Non c’è più il mistero della vita, non c’è poesia, non c’è meraviglia, non c’è stupore. C’è calcolo, valutazione pro e contro, razionalità, pianificazione, progetto ingegneristico.C’è scienza e apatia. E lo stesso avviene se non vuoi il figlio. La scienza dice: è solo un grumo di cellule, qualcosa che assomiglia ad un foruncolo, che come il foruncolo si può spremere e cacciare via. 

Il mistero della vita, l’amore per la vita non è più contemplato. L’uomo apatico lo è sia se decide di fare il figlio sia se decide per l’aborto.  L’apatia è un esigenza intrinseca alla razionalità della scienza. E noi stiamo costruendo una società scientifica cioè  apatica. Sul modello del Robot l’uomo moderno si robotizza lui stesso. 

Il figlio è il prodotto di un progetto, se non è nel progetto viene spremuto e buttato nel cesso.Non c’è Dio nel progetto, non c’è Spirito, non c’è miracolo. C’è scienza, tecnica,  ragione, matematica, calcolo. Insomma non c’è amore.  

Non c’è il dono di Dio. E se non è un dono di Dio allora è solo un fatto scientifico  di competenza della scienza o lo vuoi o non vuoi. E la scienza ti viene incontro in entrambi i casi. Devi comunque fare i conti con la scienza. Mai con Dio. Dio non c’è. Dio è morto.

E la società nichilista, la società senza Dio programma e fa progetti come può fare un ingegnere che progetta un ponte. Se cade il ponte non è la fine del mondo. Se fai un aborto non è successo nulla. Sei tu la madre e tu sola comandi, tu sola decidi, da sola prendi la 486, a casa tua. Tu dai la vita e tu la prendi. Potere totale. Il maschio non conta nulla.  L’Io ha sostituito Dio.  E tu sei sola.

Continua a leggere

Flash news

Come scrivere un libro per bambini: la ricetta di Giuliana Fraglica

Pubblicato

il

Il settore della lettura per bambini è in continua crescita, lo sa bene Giuliana Fraglica, la scrittrice gelese che ha pubblicato tre libri per bambini, “Scintilla”, “Tuono” e “Tu sei una meraviglia”. Un sogno da bambina diventato realtà per merito della sua ammirazione per il mondo fantastico delle fiabe che leggeva.


<<È grazie ai bambini che amano leggere che si evolve il mercato della lettura – afferma Giuliana – ma grazie soprattutto ai genitori che ci tengono a dare stimoli creativi ai loro figli>>.

Ma c’ è di più, perché Giuliana sostiene che per i loro figli i genitori dovrebbero preferire investire dei soldi in un libro piuttosto che in un panino da fast food o in un giocattolo, perché leggere riempie la mente e il cuore.
Per questo le piacerebbe che le mamme e i papà a sostegno della lettura fossero sempre di più.


Regalare un libro ad un bambino vuol dire offrirgli uno strumento che ha un impatto positivo sulla sua crescita: lo aiuterà ad interpretare meglio il mondo, a trovare ispirazione, svago, allenando la fantasia. Senza contare che leggere permette di immedesimarsi nelle vite degli altri, aprendo nuovi orizzonti e coltivando la dote dell’empatia.
Scrivere libri per bambini per Giuliana significa dire la verità e trasmettere i valori autentici della vita, valorizzare ogni bambino per quello che è, e auspicare in una società dove al primo posto venga messo l’umano.

Inoltre la scrittrice gelese ci dà la ricetta per scrivere un buon libro:
-100 grammi di sogni ad occhi aperti,
-1 litro e mezzo di passione da coltivare giorno per giorno,

  • 2 panetti di disordine creativo,
    -tempo quanto basta,
    -1 spolverata di fiducia nel proprio istinto,
  • lasciare fiorire il bambino che è in te.

La stessa ricetta l’ha portata già ad iniziare a scrivere un quarto libro che presto sarà disponibile in tutte le librerie d’Italia.

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità