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La parola della domenica

Sorpresa in flagrante adulterio

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Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna



In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
 
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
 
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Gv 8,1-11

Il vangelo di oggi ci propone un brano conosciuto.  C’è una donna adultera, che sta per essere lapidata. L’evangelista Giovanni sottolinea, che è stata  trovata in flaganza. Quindi, nessun dubbio, nessuna invenzione, nessuna diceria. La legge di Mosè è chiara. Deve essere lapidata.  Nel brano di Giovanni non si fa cenno e  non si parla dell’amante.  Con chi ha tradito? Non si sa. Proprio a sottolineare che la colpa è femminile, è della donna.  Non sappiamo come si chiama.  Segni di una cultura propria del tempo, che è resistita fino ai nostri giorni. Ma, Gesù rompe tutto. Rompe questi schemi. Gesù sconquassa tutto. Le leggi. Le mentalità. Le culture.  Lui guarda il cuore. Guarda la persona, perché è Amore. Non sta a giudicare se una persona è donna o se un maschio. Non è questo il problema. Vedete solo con Gesù e il cristianesimo  la donna inizia a essere rispettata. Una cosa rivoluzionaria, ancora oggi. Gli uomini del tempo lo vogliono incastrare. I presenti al fatto lo vogliono mettere in difficoltà, per poi attaccarlo. Hanno le pietre pronte in mano. Ma vogliono sentire la cosa ne pensa Gesù del fatto. Vogliono un suo giudizio. Gesù non si fa intrappolare e pronunzia quella risposta che tutti conosciamo “ Chi di voi  è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. L’evangelista Giovanni ci da un quadro preciso. Tutti lasciarono cadere le pietre e se ne andarono. Allora il Signore si rivolge alla donna “Dove sono ? Nessuno ti ha condannata?” ed Ella rispose “ Nessuno Signore” e Gesù disse “ Neanch’io m ti condanno : va e d’ora in poi non peccare mai più” Il Vangelo per due volte sottolinea che Gesù scriveva sul terreno. Cosa scrive? Un mistero. Tanti padri della chiesa e biblisti hanno fatto ipotesi. Chi dice che scrisse i peccati della donna, chi dice che scrisse il nome. Niente solo ipotesi. Va e non peccare più. E’ un invito a ciascuno di noi. Un invito continuo. Costante. La mia e la tua conversione nasce dallo scoprirci peccatori.  Siamo peccatori. Da questa consapevolezza e certezza inizia il nostro cammino. Quando pecchiamo rompiamo un’alleanza, cambiamo strada, cambiamo il fine della nostra vita , ci ergiamo noi a Dio, siamo noi Dio. Noi siamo i padroni della nostra vita. Non abbiamo limiti. Non abbiamo bisogno di nulla. Posso riuscirci senza l’aiuto di nessuno. Un atto di orgoglio supremo. Poi,però, sperimentiamo le cadute. Ci sentiamo male, sentiamo le sconfitte. Ci sentiamo forti, potenti. Poi, arriva un malanno, una sofferenza, quella cosa non è andata come volevamo noi e cadiamo. Cadiamo. Malediciamo tutto e tutti. E nascono i malesseri,  nasce l’inferno. Nelle famiglie nasce l’inferno, nelle comunità nasce l’inferno,  a lavoro nasce l’inferno . Perché, peccando, abbiamo detto a Dio: caro mio di te non abbiamo bisogno, puoi andare dalle vecchiette in parrocchia, noi siamo grandi e vaccinati, sappiamo fare da soli. Iniziamo ad  escluderlo, lo mettiamo da parte, perché Dio è scomodo, è uno che ci  ricorda ciò che bene e ciò che è male. Ci ricorda che per conquistare il paradiso bisogna sudare, faticare. A volte rinunciare a quello che vuoi fare, per fare spazio a Gesù, per fare spazio al fratello. Gesù è l’unico che riesce a  dare un senso alla nostra vita. Ma, dobbiamo aprire il cuore a Gesù. Non è facile. Ci viene più facile aprirlo ai nostri idoli. Senza di Lui, tutto ci viene più facile. Rubare, ingannare, tradire. Tutto è lecito anche affittare l’utero a qualcuno, che non potendolo fare, per un suo capriccio, vuole avere un figlio .Abbiamo messo Dio alle porte, cadendo nelle tentazione del peccato. Pensando che noi siamo Dio. Ma vedete cari amici lettori, noi facciamo questa esperienza ogni giorno, ogni giorno. Pensiamo di fare da soli e crolliamo. E ci sentiamo male e cadiamo nelle depressioni pìù cupe, perché non troviamo un senso a tutto, alla vita e ci affanniamo e corriamo ma poi a fine giornata siamo stanchi e vuoti. Vuoti di Dio. Ma,  Dio è amore e misericordia. Non sta attento come un guardiano o un giudice severo con la lista dei buoni e cattivi. E a tutti ci dice Coraggio vai avanti, hai peccato, lo so, so tutto, ma io ti amo, tu sei mio, vai avanti. Ma  nello stesso tempo ci sottolinea “va e non peccare più”. Una minaccia no, assolutamente. Un atto di amore. Perchè sa che se pecchiamo non abbiamo vie d’uscita e combiniamo danni irreparabili. Come facciamo spesso noi. Coraggio Dio ci ama.

Buona Domenica

Totò Sauna

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La parola della domenica

Il modello di famiglia…

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Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Festa difficile, questa.
Perché oggi la famiglia sta male, perfino la sua definizione è in crisi: tradizionale, allargata, monoparentale, plurale, di fatto, biologica, affidataria.

Un legame ideale c’è, ma le nostre storie non lo sono; infatti il matrimonio è indissolubile, ma non infrangibile! Alcune volte fallisce, si spezza e a terra rimangono solo briciole taglienti.

Spesso neppure a tavola si sta insieme.

Secondo: parlarsi. Di fronte ai genitori che domandano c’è un figlio che ascolta e risponde in modo duro, ma parla. Impegno primario: far viaggiare la parola, comunicare.
Se ci sono cose difficili da dire, a non parlarne lo diventano ancora di più.
Gesù sta al dialogo perché i suoi genitori ci sono e si vogliono bene, e sono queste due sole cose a importare ai figli. Sempre.

Terzo: sconfinare oltre gli affetti di casa.Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?I figli non sono nostri, appartengono alla loro vocazione, alla loro idea di futuro che nemmeno in sogno potremo visitare (Gibran).Un figlio non deve strutturare la sua vita in funzione del cortile di casa.

È come fermare la ruota della creazione. Gesù lo dice chiaro. L’ho imparato da voi: tu mamma che ascolti il mormorio degli angeli, tu padre che parti e poi torni, fidandoti di un sogno.Una quarta lezione: Ma essi non compresero…I genitori non hanno i figli che avevano immaginato, ma neppure i figli hanno i genitori che hanno sempre sognato.Scesero insieme a Nazaret. Si riparte, nonostante tutto.

Padre Ermes Ronchi

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La parola della domenica

“A cosa devo che la madre del Signore venga a me?”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

Padre Ermes Ronchi
FOLLIA PER FOLLIA

Credo che Dio viene in alto silenzio e con piccole cose; che i suoi angeli, sopra di noi come Betlemme, annunciano, con voce che sa di stelle, che la pace, nonostante tutte le smentite, è un miracolo possibile.

Attraverso due donne portatrici di vita nuova, il vangelo ci prepara al Natale, ormai alle porte.

Maria si mise in viaggio in fretta. Appena l’angelo è volato via, anche lei vola via da Nazaret, quasi sulle orme di Gabriele. E appena giunta sull’uscio della casa di Zaccaria, Maria fa come l’angelo con lei; adesso è lei a diventare l’angelo di un lieto annunzio, e il bimbo nel buio del grembo lo percepisce con tutto se stesso: “appena il tuo saluto è giunto, il bambino ha sussultato di gioia nel mio seno”. Dio viene con gioia, come un abbraccio, come una musica, una chiamata alla danza. Viene e nasce vita.

La corsa di Maria è accolta al suo arrivo da una benedizione. Benedetta tu… Tu che hai avuto la follia di accogliere la follia di Dio.

Un vento di benedizione dovrebbe aprire ogni dialogo. Dire il bene, vedere la luce nell’altro che condivide con me un pezzo di strada o la vita intera. E non giudicare nessuno dal semplice colore della buccia, ma dal sapore della polpa, che per essere gustato richiede pazienza e rispetto.

A chi mi ha dato tanto, a chi mi ha dato poco, vorrei osare la prima parola di Elisabetta: Benedetto sei tu. Dio mi benedice con la tua presenza.

Benedetta tu fra le donne. E vola quella benedizione, vola in alto e raggiunge tutte le donne, si estende su tutte le figlie di Eva, su tutte le madri del mondo, su tutta l’umanità al femminile.

E benedetto il frutto. Ancora tutti chiamati a dare frutto, a vivere da padri e da madri, a camminare nel mondo secondo la fecondità di ciascuno.

In questo Natale di guerre mi riprometto di benedire, di dire il bene, subito, da principio. E col bene contrastare ogni arma tattica, o anche solo verbale, disinnescarla con l’ingenua follia della benedizione.

Quando infatti le parole sono benedicenti si alza la luce del cuore, quando sono buone tolgono il velo della tristezza.

E beata sei tu che hai creduto. Saluto che avvolge come un mantello di gioia la fede di Maria e anche la mia: credere è acquisire bellezza del vivere, con l’umile, mite e possente piacere di esistere e di fiorire, sotto il sole di Dio.

Elisabetta ha iniziato a battere il ritmo, e Maria intona la melodia. E insieme diventano un fiume di canto, di salmo, di danza. E da loro imparo a credere; da due madri, le prime profetesse del Nuovo Testamento, imparo che la fede è questo: una presenza nella mia esistenza. Un abbraccio nella mia solitudine. Qualcuno che viene e mi consegna cose che neppure osavo pensare.

Credo che una profezia ci abita, che Dio viene, in alto silenzio e con piccole cose; che i suoi angeli, sopra di noi come sopra Betlemme, annunciano, con la loro voce che sa di stelle, che la pace, nonostante tutte le smentite, è un miracolo possibile.

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La parola della domenica

“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo LucaLc 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».E l’angelo si allontanò da lei.

Abramo concepì Isacco per la fede nella promessa di Dio “e divenne padre di molti popoli” (cf. Rm 4,18-22). Ugualmente Maria concepì Gesù per mezzo della fede. La concezione verginale di Gesù fu opera dello Spirito Santo, ma per mezzo della fede di Maria. È sempre Dio che opera, ma attraverso la collaborazione dell’uomo. Credere, infatti, è rispondere con fiducia alla parola di Dio, accogliere i suoi piani come se fossero propri e sottomettersi in obbedienza alla sua volontà per collaborarvi. La fede vuole sempre: la fiducia in Dio e la professione di ciò che si crede, poiché “con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” .

Una volta riconosciuta vera la parola di Dio, Maria credette alla concezione verginale di Gesù e credette pure alla volontà di Dio di salvare gli uomini peccatori, la volle e aderì a quel piano lasciandosi coinvolgere: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Dalla sua fede quindi nacque Gesù e pure la Chiesa. Perciò, insieme ad Elisabetta che esclamò: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45), ogni generazione oggi la proclama beata (cf. Lc 1,48).

La Chiesa ha il compito di continuare nel mondo la missione materna di Maria, quella di comunicare il Salvatore al mondo. Il cristiano di oggi deve fare proprio il piano di Dio “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4), proclamando la propria salvezza e lasciandosi attivamente coinvolgere nel portare la salvezza al prossimo, poiché “in questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli (Gv 15,8).

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