Seguici su:

La parola della domenica

“Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”

Pubblicato

il

Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

“In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».” (Mc. 8,27-35)

Questo passo del Vangelo viene immediatamente dopo il dialogo di Gesù con i suoi discepoli, quando alla sua domanda “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo” (Mt 16, 13), dopo alcuni momenti di silenzio da parte di tutti, Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). Un’affermazione che è stata solennemente confermata dal Maestro, il quale, nello stesso tempo, ha ordinato loro di non dire a nessuno che Egli è il Cristo (cfr. Mt 16, 20).

Gli apostoli saranno rimasti impressionati dalla chiarezza con la quale Gesù conferma ciò che essi intuivano, che il loro Maestro era il Messia lungamente atteso, quel discendente di Davide che sarebbe venuto a regnare per sempre, liberando il suo popolo da ogni oppressione. Forse pensavano, come era abituale fra i loro contemporanei, che il regno del Messia sarebbe stata una gloriosa successione di vittorie. Ecco perché Gesù chiarisce loro immediatamente la realtà, parlando loro dei suoi progetti futuri, che consistevano in una serie di sconfitte ben diverse da ciò che essi avevano immaginato. Li avverte che “doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (v. 21).

Anche questa volta è Pietro che prende la parola per esprimere ciò che nessun altro osa dire, e si azzarda a rimproverare il Maestro: “Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai” (v. 22). Al che Gesù risponde con parole molto severe: “Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (v. 23).

Gesù fa riferimento alla Croce e invita i suoi discepoli a seguirlo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (v. 24). Contro ogni logica umana, la croce non comporta alcuna contrarietà, qualcosa da evitare a ogni costo, ma l’opportunità di stare con Gesù nella sua vittoria. Secondo la logica di Dio, la via che conduce alla vittoria gloriosa sul peccato e la morte passa attraverso la passione e la croce.

Nella sua predicazione san Josemaría ricordava il sogno di un autore classico castigliano nel quale si parlava di due strade. La prima è larga e ben tracciata, ma finisce in un precipizio senza fondo. È la strada che seguono in modo sventato i mondani. “In quel sogno, un altro sentiero si apre in diversa direzione: è così stretto e ripido, che è impossibile percorrerlo a dorso di mulo. Chi lo affronta, procede a piedi, a zig zag, sereno in volto, in mezzo a cardi pungenti e schivando dirupi. In certi passaggi, i viandanti lasciano brandelli delle loro vesti e anche della propria carne. Ma, alla fine, li accoglie un giardino delizioso, la felicità eterna, il Paradiso. È la via delle anime sante che si umiliano, che volentieri, per amore di Cristo, si sacrificano per gli altri; è il percorso di chi non ha paura di andare in salita, addossandosi con amore la croce, per quanto pesante, perché sanno che, se il peso li fa vacillare, potranno rialzarsi e continuare a salire: Cristo è la forza di questi viandanti”.

Il fine di ogni essere umano è raggiungere la felicità; ma la felicità non si ottiene quando si cerca sempre ciò che è più comodo e più desiderabile, bensì quando si ama molto, anche quando l’amore comporta qualche sacrificio. “Quel che occorre per raggiungere la felicità non è una vita comoda, ma un cuore innamorato”, diceva san Josemaría. “Perciò mi piace chiedere a Gesù, per me: Signore, non un giorno senza croce! Così, con la grazia divina, si rafforzerà il nostro carattere, e serviremo di appoggio al nostro Dio, al di sopra delle nostre miserie personali”

Francisco Varo

clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

La parola della domenica

Il battesimo di Gesù

Pubblicato

il

Dal Vangelo secondo LucaLc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Dio ama tutti, ma non si compiace di tutti. Di chi Dio si compiace? Di colui che ascolta la parola di Dio suo Figlio e la metta in pratica; in altre parole Dio si compiace di colui che si sforza di compiere la sua volontà che ci è stata manifestata in Gesù Cristo.
Perciò la voce del Padre celeste tuonò sul Monte Tabor dicendo: “Questo è il mio figlio diletto. Ascoltatelo”. Il verbo ascoltare significa obbedire. Quando il Padre celeste si compiace di una persona, le fa un grande dono: Lo Spirito Santo.
Senza il dono dello Spirito Santo l’uomo è come un albero senza frutto. Ciò che rende un albero utile è il frutto che porta. Perciò il contadino taglia l’albero che è sterile. Con l’effusione dello Spirito Santo, cioè con il battesimo di fuoco e di Spirito Santo l’uomo viene immerso totalmente nell’immensità dell’amore purissimo di Dio. I cattivi gli possono anche dire che è brutto, incapace e lo possono anche scartare dalla loro compagnia, ma egli non si deprime perché gli basta l’amore di Dio. Chi ha ricevuto il battesimo di fuoco e di Spirito Santo sente spesso la voce divina che gli dice: “Tu sei mio figlio diletto che io amo tanto!”. Il sentirsi amato e benedetto da Dio è la gioia più grande che si possa sperimentare su questa terra.
Immerso nell’acqua viva dell’amore e tenerezza di Dio Trinità, l’uomo si sente sempre vivo proprio come un pesce che nuota nell’acqua. La vita di colui che ha ricevuto il battesimo di fuoco e Spirito Santo è fatta di amore, gioia, pace, purezza, pazienza, benignità, compassione, misericordia, tenerezza e fedeltà. Senza il battesimo di fuoco e Spirito Santo non si può vivere la vita soprannaturale. Ma cos’è la vita soprannaturale? È la la condivisione della stessa vita Dio, che noi chiamiamo vita eterna.
Il battezzato nel fuoco della Verità e della Carità dello Spirito Santo ha la forza e la potenza di benedire anche chi lo maledice, di pregare per i suoi persecutori, di abbracciare il suo nemico e di compiere sempre quello che è gradito al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen. Alleluia.
P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti

Continua a leggere

La parola della domenica

Cerchi luce? Ama la vita, abbine cura, falla fiorire

Pubblicato

il

Rubrica della domenica

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

———————————————–

Giovanni comincia il Vangelo con un canto che ci chiama a volare alto, un volo d’aquila che proietta Gesù verso i confini del tempo.

In principio, bereshit, prima parola della Bibbia. Ma poi il volo d’aquila plana fra le tende dell’accampamento umano: E venne ad abitare, letteralmente “piantò la sua tenda” in mezzo a noi.

Poi Giovanni apre di nuovo le ali e vola verso l’origine, con parole assolute:Tutto è stato fatto per mezzo di lui. Non solo gli umani, ma il filo d’erba e la pietra e il canarino giallo, tutto viene dalle sue mani. «Nel cuore della pietra Dio sogna il suo sogno e di vita la pietra si riveste» (G. Vannucci). La creazione è un atto d’amore sussurrato. Creatore e creatura si sono abbracciati e, almeno in quel bambino, uomo e Dio sono una cosa sola. Almeno a Betlemme.

primi versetti del  Vangelo di Giovanni io li capisco così: “In principio era la tenerezza, e la tenerezza era presso Dio, e la tenerezza era Dio… e la tenerezza si è fatta carne e ha messo la sua tenda in mezzo a noi”.Questo ci assicura che un’onda amorosa viene a battere sulle rive della nostra esistenza, che c’è una vita più grande e più amante di noi, alla quale attingere.Cristo non è venuto a portarci una nuova teoria religiosa, ci ha comunicato vita, pulsante di desiderio. Sono venuto perché abbiate la vita, in pienezza (Gv 10,10).Gesù non ha compiuto un solo miracolo per punire o intimidire qualcuno. I suoi sono sempre segni che guariscono, accrescono, sfamano, fanno fiorire la vita in tutte le sue forme; il Vangelo ci insegna a sorprendere perfino nelle pozzanghere della vita il riflesso del cielo. E in noi, il suo volto.“Veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo”, nessuno escluso. “La luce splende nelle tenebre, ma esse non l’hanno vinta”. Ripetiamolo a noi e agli altri, in questo mondo duro: le tenebre non vincono. Mai.“Venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto”. Dio non si merita, si accoglie. Facendogli spazio in te, come una donna fa spazio al figlio piccolo che le cresce in grembo.Dopo il suo, è ora tempo del mio Natale: Cristo nasce perché io nasca, nuovo e diverso. Sta a noi camminare e cercare dietro una stella, come i Magi. E anche ringraziare chi ci ha aiutato a viaggiare verso Dio, chi è stato per noi una stella: forse un libro, un prete, un amico, una mamma.“E la vita era la luce”. Cerchi luce? Ama la vita, abbine cura, falla fiorire. Amala, con i suoi turbini e le sue tempeste ma anche con il suo sole e i suoi fiori appena nati, in tutte le Betlemme del mondo.Amala! È la tenda del Verbo, il santuario che sta in mezzo a noi.

p. Ermes Ronchi

Continua a leggere

La parola della domenica

Il modello di famiglia…

Pubblicato

il

Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Festa difficile, questa.
Perché oggi la famiglia sta male, perfino la sua definizione è in crisi: tradizionale, allargata, monoparentale, plurale, di fatto, biologica, affidataria.

Un legame ideale c’è, ma le nostre storie non lo sono; infatti il matrimonio è indissolubile, ma non infrangibile! Alcune volte fallisce, si spezza e a terra rimangono solo briciole taglienti.

Spesso neppure a tavola si sta insieme.

Secondo: parlarsi. Di fronte ai genitori che domandano c’è un figlio che ascolta e risponde in modo duro, ma parla. Impegno primario: far viaggiare la parola, comunicare.
Se ci sono cose difficili da dire, a non parlarne lo diventano ancora di più.
Gesù sta al dialogo perché i suoi genitori ci sono e si vogliono bene, e sono queste due sole cose a importare ai figli. Sempre.

Terzo: sconfinare oltre gli affetti di casa.Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?I figli non sono nostri, appartengono alla loro vocazione, alla loro idea di futuro che nemmeno in sogno potremo visitare (Gibran).Un figlio non deve strutturare la sua vita in funzione del cortile di casa.

È come fermare la ruota della creazione. Gesù lo dice chiaro. L’ho imparato da voi: tu mamma che ascolti il mormorio degli angeli, tu padre che parti e poi torni, fidandoti di un sogno.Una quarta lezione: Ma essi non compresero…I genitori non hanno i figli che avevano immaginato, ma neppure i figli hanno i genitori che hanno sempre sognato.Scesero insieme a Nazaret. Si riparte, nonostante tutto.

Padre Ermes Ronchi

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità