Dallo storico Nuccio Mulè, riceviamo e pubblichiamo
Nell’archivio della Direzione Generale Archivi del Ministero della Cultura Icar (Istituto Centrale Archivi), alla voce “I Partigiani d’Italia – Lo schedario delle commissioni per il riconoscimento degli uomini e delle donne della Resistenza”, si trovano gli elenchi dei partigiani che operarono in tutte le regioni italiane a partire dagli anni Quaranta. Per quanto riguarda la Sicilia gli elenchi contengono 6.554 nominativi di partigiani ripartiti nelle nove province: Palermo con 1.619, Catania con 1.101, Messina con 1.082, Agrigento con 613, Caltanissetta con 419, Trapani con 542, Enna con 364, Siracusa con 466 e Ragusa con 348. Per il Comune di Gela compaiono 60 nominativi a cui se ne aggiungono altri 20 della mia ricerca, portando il numero totale a 80 partigiani di Gela. Tutto questo a meno di tre ultime integrazioni che hanno portato il totale dei partigiani gelesi della guerra di Liberazione nel Nord d’Italia al numero di 83.
Alla lista degli ottanta partigiani di Gela si aggiunge un altro nominativo fornitoci dal Massimo Altamore; si tratta di Giovanni Vacca di cui si riportano alcune notizie biografiche.
Il partigiano Giovanni Vacca nacque qui a Gela (allora Terranova di Sicilia) il 24 maggio 1923. Trasferitosi sin da piccolo con la famiglia a Milano da adulto lavorò negli stabilimenti aeronautici della “Caproni” come apprendista meccanico. Aderì alla Resistenza compiendo una serie di atti di sabotaggio all’interno della “Caproni” compreso un attentato al deposito di munizioni di una batteria antiaerea ai Sabbioni presso l’Idroscalo di Milano. Verso la fine del 1943 raggiunse la formazione partigiana “Esercito Italiano – Gruppo Cinque Giornate” del colonnello Carlo Croce sul Monte San Martino di Valcuvia. Dopo un’aspra battaglia fu catturato assieme ad altri partigiani dai nazifascisti; trasferito con i compagni alla Caserma Cadorna di Valcuvia, fu torturato e poi fucilato il 15 novembre 1943.
Per il suo contributo alla Resistenza gli furono conferite alla memoria il Diploma di Medaglia Garibaldina nel 1947 e una Medaglia d’Oro dal Comune di Milano nel 1972.
Alla lista degli ottantuno partigiani di Gela si aggiunge un altro nominativo, quello di Benedetto Bonanno, nato a Terranova di Sicilia il 1° gennaio 1910. Brigadiere della Stazione Carabinieri di Arcola in provincia di La Spezia, aderì alla Resistenza del gruppo “Giustizia e Libertà” a Sarzana. Entrò clandestinamente nella Brigata “Lunense”. Fu ucciso il 14 settembre 1944 durante un’azione contro un reparto tedesco a Casalina di Cecina (Fivizzano-MS). Al carabiniere partigiano di Gela è dedicata una lapide alla memoria nella Stazione Carabinieri di Arcola oltre alla cittadinanza onoraria dello stesso Comune. A Gela gli è stata dedicata nell’immediato dopoguerra una via nella zona Borgo, anche se nessuno, che si sappia, abbia saputo mai il perchè.
Alla lista degli ottantadue partigiani di Gela si aggiunge un altro nominativo, quello di Pietro Antonuccio. Carrettiere nato a Terranova di Sicilia il 13 maggio 1922. Soldato del 28° Rgt. Artiglieria in Grecia. Prigioniero di guerra catturato dai tedeschi e deportato in Germania (prigioniero I.M.I.). Concessione qualifica di Partigiano.
Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo
La “vittima” non sempre è solo vittima, ma a volte anche carnefice. E viceversa. Il provocare della vittima consiste nel non tenere in giusto conto il contesto spazio-temporale e culturale in cui si vive, insomma la realtà. C’è un deficit di realtà. E la realtà umana è fatta anche da diversi tipi di uomini-maschi, uomini sereni e uomini non sereni, di uomini saggi e di uomini fragili, di uomini empatici e di uomini narcisi, di uomini miti e di uomini violenti, di uomini sani di mente e di uomini malati di mente, di uomini felici e di uomini infelici, di uomini tossicodipendenti e di uomini alcolisti, di ludopatici e di polidipendenti…
Realtà complessa, variegata, problematica. Il non volerne tenere conto, immaginando una realtà semplice e lineare di uomini sani, responsabili e tutti uguali, implica un eccesso di individualismo infantile e narciso da parte della vittima. La vita in società è un continuo equilibrio dinamico fra l’Io e il Noi. Un venirci incontro vicendevolmente. Dare sempre ragione all’Io e torto al Noi oggi è l’ideologia postcapitalista del consumismo illimitato che promuove i desideri individuali e non accetta nessun No da parte del gruppo. Invece la frase ” io non voglio” e il resto devono essere inquadrati in un contesto più generale dove la comunicazione non è solo verbale, ma anche e soprattutto non verbale. Bisogna vedere il tono con cui lo dici, il modo come lo dici. La forma può smentire il contenuto. Bisogna valutare di caso in caso. Comunicazione verbale e non verbale. Comunicazione cosciente e non cosciente. Si rafforzano, vanno nella stessa direzione o sono in conflitto e vanno in direzione opposta? Freud e Pirandello sono i riferimenti psicologici e teatrali più pregnanti. E la psicologia americana di Palo Alto ha dato un contributo notevole a capire meglio le relazioni umane, le loro assonanze e le loro contraddizioni. La comunicazione non verbale passa attraverso l’inconscio che può essere in sintonia o non in sintonia con la coscienza. Posso dire No con la parola, ma Si con lo sguardo, con gli occhi o con i vestiti o con la gestualità, con il cuore… La vita è sempre contraddittoria e ambivalente. La coscienza razionale è solo una superficie lievissima della mente umana che è invece un oceano inconscio profondissimo. La mente, e quindi la personalità, è molto più ricca della coscienza. Se vogliamo far coincidere mente e coscienza torniamo a prima della psicoanalisi, cioè a più di150 anni fa. Vogliamo negare la psicoanalisi? Vogliamo che la comunicazione non verbale conti meno di zero? Quanti di noi hanno litigato e detto “io non voglio” e poi invece lo hanno fatto, anche ferocemente e selvaggiamente? Il desiderio si nutre del divieto. O piuttosto questo nuovo femminismo vuole imporre una dittatura moralista, noiosa, banale, infantile della coscienza? Regressione e moralismo intrecciati mi sembrano i connotati culturali di questo “delirio” femminista ignorante e/o ipocrita. (I maschietti femministi? Che pena).
Dall’Associazione Interporto rappresentata dal dott. Marco Fasulo, riceviamo e pubblichiamo
“La provincia di Caltanissetta, ultima in Italia per reddito pro capite lordo, rappresenta una ferita aperta nel cuore della nostra nazione, un paradosso inaccettabile per un territorio così ricco di risorse naturali, di manodopera altamente specializzata e di posizioni strategiche nel crocevia delle comunicazioni globali.
Questa povertà non è figlia del destino, ma dell’incapacità cronica delle classi dirigenti di valorizzare un patrimonio unico nel suo genere. Eppure, una speranza concreta emerge come una luce in fondo al tunnel: la futura realizzazione di Interporto Gela, una struttura di importanza epocale che promette di trasformare non solo Gela e la Sicilia, ma anche l’Italia intera, proiettandola al centro della comunità economica europea e mondiale.
Grazie alla sua posizione privilegiata, punto di congiunzione naturale tra il Canale di Suez e il Mediterraneo, Interporto Gela rappresenterà la chiave di volta per una rinascita economica, abilitando la realizzazione di infrastrutture portuali avanguardistiche e di un Hub Containers nel Golfo di Gela. Queste opere saranno in grado di attrarre investimenti internazionali, creare migliaia di posti di lavoro e rendere il sistema logistico siciliano e italiano il più potente e competitivo del pianeta.
Con il futuro Ponte sullo Stretto di Messina, opera senza pari al mondo, l’Italia diventerà la piattaforma logistica più ambita del globo, una porta d’accesso privilegiata tra l’Europa, l’Africa e l’Asia, un esempio di innovazione e lungimiranza per le generazioni a venire.Questa visione non è solo un sogno, ma una promessa concreta di cambiamento, un impegno per riscrivere il destino di una provincia e di un popolo, restituendo dignità e prosperità a un territorio troppo a lungo dimenticato. Gela sarà il simbolo della rinascita, la Sicilia il cuore pulsante del Mediterraneo, e l’Italia il faro di sviluppo e modernità per il mondo intero”.
Riceviamo e pubblichiamo una nota del Comitato di Manfria a firma del presidente Maurizio Cirignotta
Che Manfria sia completamente posta all’abbandono questo è sotto gli occhi di tutti. Ma che le infrastrutture già esistenti vengano volutamente distrutte è solo uno scempio amministrativo che colpisce la Frazione di Manfria e tutti i suoi abitanti abituali, tra cui giovani ed altro.
La frazione, come si evince dagli atti amministrativi del Comune di Gela, non è stata considerata rispetto ad altri quartieri e non si è mai trovata una vera soluzione al processo di urbanizzazione e valorizzazione di questo territorio.
Ci troviamo di fronte ad un caso palese di gestione discutibile del bene pubblico che va denunciato in tutte le sue sfaccettature. Il campetto in questione, infatti, è stato oggetto di un progetto di riqualificazione collegato ai fondi della Democrazia Partecipata erogati dalla Regione Sicilia per il 2023.
La somma dedicata al progetto era di 59.800,00 euro collegata al recupero e riqualificazione del campo di calcetto sito nella frazione di Manfria come da protocollo generale del 13/10/2023 n.97286 ed utile alla realizzazione di un centro sportivo ricreativo polivalente di aggregazione giovanile e inclusione sociale, oltre che di svago per bambini, eventi sportivi e per la comunità di manfria. Il grave sospetto è che nella programmazione di bilancio della Regione Siciliana questi fondi non spesi siano stati incamerati nelle casse regionali come già fatto per altri comuni siciliani.
Tutto il direttivo rimane esterrefatto dalla valenza di una questa azione demolitiva voluta e perpetrata negli anni.