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Cogito ergo sum

Pandemia e salute mentale, la sfida che non possiamo perdere

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Mamma, com’erano gli abbracci? Immaginiamo le voci di tanti bambini, a Gela come ovunque in Sicilia, in Italia, nel mondo, chiedere e chiedersi com’era bello quel gesto d’affetto così banale e scontato tra le persone che oggi rappresenta un tabù quasi impossibile da spezzare. Quei bambini che ogni giorno vanno a scuola con la mascherina, tra le mille raccomandazioni dei genitori, nutrendo paura e diffidenza verso i loro compagni di classe. E poi gli adolescenti, criticati e incolpati a volte anche ben oltre le loro responsabilità, che hanno dovuto privarsi della spensieratezza degli anni più belli: per loro la scuola è stata una lotta quotidiana tra lezioni in presenza e Dad, quarantene e rinunce pesantissime.

Per non parlare degli anziani, cui questi due anni di pandemia hanno tolto il conforto degli affetti e del sostegno di molti familiari, dei nipoti, delle riunioni allargate durante le feste. In mezzo gli adulti, anche loro colpiti nel cuore dalla più grave pandemia degli ultimi cent’anni tra sofferenze, incertezze, mancanza di prospettiva nella vita professionale e personale. Ovunque ci si giri, questi due anni sono destinati a lasciarci un carico di urgenze fortissime da affrontare. Anche, soprattutto, sotto il profilo psicologico. E a proposito di giovani, quegli stessi giovani troppo spesso e troppo facilmente additati come untori per un aperitivo o una cena rubate alla paura: per loro il futuro è un rebus più che per gli altri. In che mondo si ritroveranno?

Già le pressioni sociali erano fortissime prima della pandemia, il senso di sopraffazione della realtà e l’oppressione delle aspettative canoniche di un mondo che impone facevano già la loro parte. Adesso cosa accadrà? Se è vero – il “se” è d’obbligo, anche soltanto per non illudersi – che siamo nella “coda” della pandemia (volesse il Cielo), allora questo è il momento in cui inizieranno ad emergere in maniera chiara tanti problemi “figli” dell’emergenza. Quelli economici sono già sul tavolo. Quelli mentali stanno esplodendo. La parola d’ordine è una sola: parlarne. Non vergognarsi di chiedere aiuto, se si ha bisogno di aiuto. Non chiudersi in se stessi peggiorando quel lockdown sociale e personale dal quale in tantissimi sono condizionati. E chi ha la fortuna di reggersi in piedi non derida e non sia indifferente dinanzi a chi soffre, ma tenda la mano.

Nei giorni scorsi a Padova la psicologa e psicoterapeuta gelese Nuccia Morselli ha partecipato al convegno dal titolo “I giovani e la scommessa sul futuro: tra dipendenza e libertà”, portando le proprie esperienze come professionista e lanciando un monito preciso per intervenire subito aiutando chi ha bisogno, perché «gli adulti di domani possano essere sostenuti in tempo, riappropriandosi così della vitalità persa nelle nuove dipendenze e porre fine all’automedicazione da angoscia e solitudine attraverso le sostanze». Il governo, con l’esclusione del Bonus Psicologico dalla Legge di Bilancio 2022, ha fatto un grave errore. La petizione online da centinaia di migliaia di firme servirà a qualcosa? Chissà. Sono e saranno tempi duri. La mente fa un passo all’indietro lungo due anni, al marzo 2020, quando Papa Francesco pregava da solo nel silenzio e nel deserto di Piazza San Pietro: «Nessuno si salva da solo».

(Nella foto, la dott. Morselli durante il suo intervento al convegno di Padova)

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Ulisse in Sicilia, la nave greca arcaica e un’occasione da non perdere  

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Il contrasto è forte. Si passa dal caldo afoso dell’esterno, dove il sole batte, picchia forte, detta legge, alla frescura quasi invasiva dell’interno, con la potenza dell’aria condizionata. Dalla luce solare, piena, intensa, ad un locale ampio e quasi in penombra, dove si alternano al buio solo i fari che illuminano la Storia. Già, la storia. Quella stessa storia che per anni, tanti, è rimasta chiusa dentro casse anonime, oggi finalmente rivive, trionfa al centro dello spazio espositivo costruito per l’occasione, accanto a quello che entro l’anno – si spera – sarà l’attesissimo museo del Mare. La nave greca arcaica di Gela aveva finalità commerciali e con tutta probabilità era diretta proprio verso l’emporio di Bosco Littorio dove oggi è custodita. Insomma, è tornata a casa.

C’è voluto un bel po’ di tempo, considerato che il suo naufragio viene datato intorno al V secolo a.C. e il suo ritrovamento nei fondali di Bulala risale al 1988, in quello stesso specchio d’acqua che altre navi, altre risorse, altri tesori della nostra storia conserva ancora oggi. Chissà cosa raccontano quei legni esposti, insieme ad altre decine di reperti – sono più di 80 – divisi in otto sezioni tematiche. La mostra “Ulisse in Sicilia. I luoghi del mito” è un’occasione incredibile per la nostra città, per la sua proiezione in una vetrina di respiro nazionale che possa valorizzarne le bellezze, tante e molto spesso – troppo spesso – sconosciute ai più. Compresi tanti gelesi, che non hanno mai voluto saperne di conoscere, scoprire, amare la loro città mentre si sono sempre mostrati pronti nell’adulare altri luoghi, prossimi o lontani. La presentazione di ieri e l’inaugurazione di venerdì prossimo segnano solo un piccolo punto di partenza: la posta in palio è altissima. Gela in questi mesi si gioca tanto, forse tutto.

La mostra sul mito di Ulisse, l’esposizione della nave greca arcaica, la costruzione del museo del Mare e la ricostruzione del museo archeologico (ma anche il circuito “Costa del mito”) sono realtà che possono far spiccare il volo alla città o quantomeno metterla nelle condizioni di provarci, grazie a quei due canali rari e preziosi che a questo territorio appartengono ma che non sono mai stati considerati davvero prima d’ora: la storia e la cultura. È un punto di non ritorno, una sfida che non sarà possibile perdere. Si è parlato tanto di turismo attraverso l’archeologia, stavolta i presupposti ci sono. I gelesi, prima della politica, delle amministrazioni, delle istituzioni, scelgano cosa fare.  

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Belvedere sì, ma sui rifiuti. L’immondizia invade la terrazza sul mare della Rotonda

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Che sia uno dei luoghi più belli della città, e non solo, l’abbiamo detto e scritto tante volte. Il belvedere della Rotonda di Macchitella è una terrazza su cielo e mare, dalla quale godere dello spettacolo quotidiano dei nostri tramonti. Un luogo che da qualche anno è diventato un riferimento per chi vuole godersi un po’ di sana bellezza, dove non mancano le strutture ricettive pur essendoci potenzialità in quell’area per fare molto di più, in termini di iniziative ed eventi di ambito artistico-culturale ma anche sportivo.

Prima di pensare a come e cosa potrebbe diventare quel posto, se solo lo si volesse davvero, bisognerebbe però chiedersi invece com’è oggi. Perché oggi è qualcosa di più simile ad una discarica che ad un belvedere. Anzi, lo è già da tempo. Sofferenza pura è prendere lo smartphone per scattare una foto e provare – invano – a cercare il punto della spiaggia non invaso dai rifiuti. Rifiuti di ogni tipo che deturpano le dune.

Assenza di pulizia sistematica stabilita dall’amministrazione? Sicuramente. Insufficienza dei cestini posti ai margini dei due playground? Anche. Ma quanto poco attaccamento alla città, quanta poca voglia di difenderla, quanta poca voglia di custodire il bello da parte dei cittadini. Sono queste le cose che penalizzano Gela e continueranno a renderne impossibile uno scatto in avanti. Lo scorso fine settimana Dolce&Gabbana ha celebrato a Siracusa e Marzamemi i dieci anni del brand nell’Alta moda con eventi di una potenza indescrivibile: noi ricordiamo ancora cosa accadde lo scorso anno con la pubblicità girata in città. Ci sarà stato un motivo (o più di uno).

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Operazione Husky, nel 2023 l’80°anniversario: serve un salto di qualità nella programmazione

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Il prossimo fine settimana Gela celebrerà un anniversario importante: il 79° dallo sbarco angloamericano sulle nostre coste nell’operazione Husky. La notte fra il 9 e il 10 luglio 1943 la Battaglia di Gela fece della città la prima d’Europa ad essere liberata dal nazifascismo, dato che soltanto un anno dopo (agli inizi del giugno 1944) gli alleati sbarcarono in Normandia con la monumentale operazione Overlord. In quei giorni di una calda e tremenda estate del tempo di guerra, l’assolata e abitudinaria realtà della microstoria fu travolta dall’arrivo della Grande storia, quella che finisce sui manuali, quella che determina il flusso delle cose e del mondo (a tal proposito, c’è un bellissimo romanzo di Silvana Grasso che descrive in modo intensissimo questa dicotomia, “L’incantesimo della buffa” edito da Marsilio”).

Per questo anniversario le celebrazioni sono pressoché le solite di sempre: incontri, mostre, conferenze, videoproiezioni, commemorazioni. In vista dell’80° anniversario del prossimo anno, però, è opportuno fin da ora comprendere come un evento storico di tale portata debba una volta per tutte essere programmato e promosso in maniera adeguata al suo valore. Da Gela è passata per prima la storia che ha cambiato il corso della civiltà occidentale. Gela, la città di Eschilo, una delle città più importanti della Magna Grecia, ha un ruolo di primo livello anche nel panorama storico contemporaneo e noi non ce ne siamo mai accorti.

Non è più sostenibile una cosa del genere. Riappropriarsi della propria storia significa conoscerla: solo così sarà possibile organizzare quegli eventi che la città merita. Per il prossimo anno bisognerà lavorare da subito, sfruttando le opportunità (vere o presunte?) di un tempo favorevole per la programmazione d’ambito storico-culturale. Magari invitando a partecipare anche il presidente Sergio Mattarella: sarebbe un altro segnale forte di ricerca della centralità che da sempre Gela chiede ma che forse, in fondo, non ha mai cercato. Perché se lamentarsi è comodo, fare è molto complicato.

(Nella foto il memoriale ai caduti della Battaglia di Gela)

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