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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

No Zan No Gender (3): il punto di vista dello psichiatra dott. Franco Lauria

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Basta semplicemente la parola di un individuo, il suo convincimento personale, a determinare uno status. Paragrafo “d” del primo punto del disegno di legge Zan. Questo psicologismo intrapsichico è assoluto e senza confronti. Esso si impone da sé sulla Biologia e sulla Comunità. Così genetica, medicina, psichiatria non contano nulla. Non contano e se un signore con un corredo cromosomico xy e un corpo maschile normalmente  fornito di un organo sessuale dice di essere una femmina e di sentirsi femmina, va preso alla lettera e va assecondato nelle sue dichiarazioni. La Comunità si deve adeguare senza se e senza ma. Questo atteggiamento rompe con tutto. Rompe con la Natura, rompe con la Tradizione. Rompe con la Società organizzata in Comunità. L’individuo è un Dio a cui bisogna obbedire e uniformarsi.  L’individuo intollerante che che non si confronta con nessuno e annuncia il suo verbo e la sua Verità assomiglia molto al Dio degli ebrei Javè che annunciava Verità agli uomini. E prometteva punizioni terribili a chi non obbediva. Cosi Zan, novello Javè, annuncia la sua Verità al popolo e snocciola  terribili punizioni per chi non obbedisce. Ma l’uomo non è un Dio.

Però Dio è morto, dice Nietzsche, e l’uomo pretende di mettersi al suo posto.E il trans incarna, nel suo essere tutto e il suo contrario, caratteristiche divine di assoluto e totalità. Non c’è patologia psichica, né sospetto di patologia psichica. E pertanto non è prevista una perizia psichiatrica e nemmeno un semplice  colloquio con uno psicologo. La parola dell’interessato deve bastare. Dinanzi a tanta pretesa che sfiora il delirio paranoico inzuppato nel narcisismo più o meno patologico, la Comunità scientifica internazionale e nazionale sta zitta. Non interviene nessuno della SIP  (Società italiana di psichiatria). Il fatto è che il lavoro sporco è stato fatto negli anni passati, attraverso il Dsm e l’Oms. I vari Dsm, sopratutto il quarto e il quinto, hanno dichiarato non patologico non solo l’essere gay, cosa che ormai tutti accettiamo (salvo qualche piccolo gruppo di irriducibili) ma anche l’essere trans. La battaglia degli Lgbtq è iniziata diversi anni fa a livello internazionale, non solo sull’opinione pubblica, ma nelle Comunità scientifiche. Così l’Apa (American psychiatric association) ha già accettato questo psicologismo assoluto e pertanto la nostra Sip non si esprime perché non ha nulla da dire, si è uniformata all’Apa. Non per niente noi italiani siamo una colonia americana. E quindi non può parlare. Allo stesso modo la Chiesa cattolica. Il Papa zitto. I vescovi zitti. La partita è stata chiusa quando il Dsm-5 ha sostituito la parola disturbo con la parola disforia a proposito dei trans. E così oggi è tardi per contrastare Zan. Zan arriva alla fine di un lavoro di demolizione contro la Natura, contro Dio e contro la Comunità condotta con successo a livello internazionale.  Scienza, religione e Comunità sono già state sconfitte. Arriva la nuova scienza postcapitalista dell’edonismo  narcisista perfettamente in linea con il mercato global che non accetta nessun paletto e nessun limite. La chiesa è già stata sconfitta. Dio è già stato sconfitto. La Comunità è già stata sconfitta. 

Da chi, da chi sono stati sconfitti? Dal Trans. E chi è il trans, cos’è il trans?Il trans è la liquidità, la non identità incarnata in un corpo. E’ il nuovo Dio. Il nuovo assoluto che tutto accoglie e tutto contempla in sé e dentro di sé. Maschio e femmina, attivo e passivo, non gli manca nulla. I farmaci e la sala operatoria,  quindi la Tecnica, hanno dato al trans questo potere nuovo con cui può dominare il mondo e cosi accoppiarsi a suo piacimento con chiunque, un altro trans, un gay, una femmina etero, un maschio etero, una lesbica. E godere sempre. Prerogativa degli dei dove non esistono contraddizioni. E tutti ormai afasici fanno un passo indietro. La Chiesa fa un passo indietro, il suo Jave è stato sconfitto, il suo Cristo è stato sconfitto. E si rassegna al peggio, accontentandosi di un secondo posto, comunque sempre di tutto rispetto.   L’individualismo assoluto (infantile e narcisista) sancisce la definitiva atomizzazione dell’uomo moderno, sancisce la sua solitudine nel mondo. L’uomo moderno, errante e migrante nel mondo, senza patria, senza un padre celeste a cui tendere e tornare, senza una Natura da amare e rispettare, senza uno scopo per cui vivere, si consegna all’edonismo individualista. E pazienza se strada facendo si perde e si smarrisce, se strada facendo si confonde e impazzisce. Serenità e salute, felicità e armonia non sono più contemplati. Non sono di questo mondo. La giusta misura dei classici greci non è più contemplata. Platone e Aristotele vanno definitivamente in soffitta. A noi moderni  è toccato Zan e la liquidità senza Limite del postcapitalismo global che non prevede identità né certezze.

Dott Franco Lauria

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Se io non voglio… razionalmente, potrei volere inconsciamente

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

La “vittima” non sempre è solo vittima, ma a volte anche carnefice. E viceversa.
Il provocare della vittima consiste nel non tenere in giusto conto il contesto spazio-temporale e culturale in cui si vive, insomma la realtà. C’è un deficit di realtà.
E la realtà umana è fatta anche da diversi tipi di uomini-maschi, uomini sereni e uomini non sereni, di uomini saggi e di uomini fragili, di uomini empatici e di uomini narcisi, di uomini miti e di uomini violenti, di uomini sani di mente e di uomini malati di mente, di uomini felici e di uomini infelici, di uomini tossicodipendenti e di uomini alcolisti, di ludopatici e di polidipendenti…

Realtà complessa, variegata, problematica. Il non volerne tenere conto, immaginando una realtà semplice e lineare di uomini sani, responsabili e tutti uguali, implica un eccesso di individualismo infantile e narciso da parte della vittima. La vita in società è un continuo equilibrio dinamico fra l’Io e il Noi. Un venirci incontro vicendevolmente.
Dare sempre ragione all’Io e torto al Noi oggi è l’ideologia postcapitalista del consumismo illimitato che promuove i desideri individuali e non accetta nessun No da parte del gruppo.
Invece la frase ” io non voglio” e il resto
devono essere inquadrati in un contesto più generale dove la comunicazione non è solo verbale, ma anche e soprattutto non verbale. Bisogna vedere il tono con cui lo dici, il modo come lo dici. La forma può smentire il contenuto. Bisogna valutare di caso in caso. Comunicazione verbale e non verbale. Comunicazione cosciente e non cosciente. Si rafforzano, vanno nella stessa direzione o sono in conflitto e vanno in direzione opposta? Freud e Pirandello sono i riferimenti psicologici e teatrali più pregnanti. E la psicologia americana di Palo Alto ha dato un contributo notevole a capire meglio le relazioni umane, le loro assonanze e le loro contraddizioni.
La comunicazione non verbale passa attraverso l’inconscio che può essere in sintonia o non in sintonia con la coscienza.
Posso dire No con la parola, ma Si con lo sguardo, con gli occhi o con i vestiti o con la gestualità, con il cuore… La vita è sempre contraddittoria e ambivalente.
La coscienza razionale è solo una superficie lievissima della mente umana che è invece un oceano inconscio profondissimo.
La mente, e quindi la personalità, è molto più ricca della coscienza. Se vogliamo far coincidere mente e coscienza torniamo a prima della psicoanalisi, cioè a più di150 anni fa.
Vogliamo negare la psicoanalisi? Vogliamo che la comunicazione non verbale conti meno di zero? Quanti di noi hanno litigato e detto “io non voglio” e poi invece lo hanno fatto, anche ferocemente e selvaggiamente? Il desiderio si nutre del divieto. O piuttosto questo nuovo femminismo vuole imporre una dittatura moralista, noiosa, banale, infantile della coscienza? Regressione e moralismo intrecciati mi sembrano i connotati culturali di questo “delirio” femminista ignorante e/o ipocrita.
(I maschietti femministi? Che pena).

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Interporto: “per uscire dall’impasse, c’è la speranza…”

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Dall’Associazione Interporto rappresentata dal dott. Marco Fasulo, riceviamo e pubblichiamo

“La provincia di Caltanissetta, ultima in Italia per reddito pro capite lordo, rappresenta una ferita aperta nel cuore della nostra nazione, un paradosso inaccettabile per un territorio così ricco di risorse naturali, di manodopera altamente specializzata e di posizioni strategiche nel crocevia delle comunicazioni globali.

Questa povertà non è figlia del destino, ma dell’incapacità cronica delle classi dirigenti di valorizzare un patrimonio unico nel suo genere. Eppure, una speranza concreta emerge come una luce in fondo al tunnel: la futura realizzazione di Interporto Gela, una struttura di importanza epocale che promette di trasformare non solo Gela e la Sicilia, ma anche l’Italia intera, proiettandola al centro della comunità economica europea e mondiale.

Grazie alla sua posizione privilegiata, punto di congiunzione naturale tra il Canale di Suez e il Mediterraneo, Interporto Gela rappresenterà la chiave di volta per una rinascita economica, abilitando la realizzazione di infrastrutture portuali avanguardistiche e di un Hub Containers nel Golfo di Gela. Queste opere saranno in grado di attrarre investimenti internazionali, creare migliaia di posti di lavoro e rendere il sistema logistico siciliano e italiano il più potente e competitivo del pianeta.

Con il futuro Ponte sullo Stretto di Messina, opera senza pari al mondo, l’Italia diventerà la piattaforma logistica più ambita del globo, una porta d’accesso privilegiata tra l’Europa, l’Africa e l’Asia, un esempio di innovazione e lungimiranza per le generazioni a venire.Questa visione non è solo un sogno, ma una promessa concreta di cambiamento, un impegno per riscrivere il destino di una provincia e di un popolo, restituendo dignità e prosperità a un territorio troppo a lungo dimenticato. Gela sarà il simbolo della rinascita, la Sicilia il cuore pulsante del Mediterraneo, e l’Italia il faro di sviluppo e modernità per il mondo intero”.

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Campetto Comunale di Manfria all’abbandono

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del Comitato di Manfria a firma del presidente Maurizio Cirignotta

Che Manfria sia completamente posta all’abbandono questo è sotto gli occhi di tutti. Ma che le infrastrutture già esistenti vengano volutamente distrutte è solo uno scempio amministrativo che colpisce la Frazione di Manfria e tutti i suoi abitanti abituali, tra cui giovani ed altro.

La frazione, come si evince dagli atti amministrativi del Comune di Gela, non è stata considerata rispetto ad altri quartieri e non si è mai trovata una vera soluzione al processo di urbanizzazione e valorizzazione di questo territorio.

Ci troviamo di fronte ad un caso palese di gestione discutibile del bene pubblico che va denunciato in tutte le sue sfaccettature. Il campetto in questione, infatti, è stato oggetto di un progetto di riqualificazione collegato ai fondi della Democrazia Partecipata erogati dalla Regione Sicilia per il 2023.

La somma dedicata al progetto era di 59.800,00 euro collegata al recupero e riqualificazione del campo di calcetto sito nella frazione di Manfria come da protocollo generale del 13/10/2023 n.97286 ed utile alla realizzazione di un centro sportivo ricreativo polivalente di aggregazione giovanile e inclusione sociale, oltre che di svago per bambini, eventi sportivi e per la comunità di manfria. Il grave sospetto è che nella programmazione di bilancio della Regione Siciliana questi fondi non spesi siano stati incamerati nelle casse regionali come già fatto per altri comuni siciliani.

Tutto il direttivo rimane esterrefatto dalla valenza di una questa azione demolitiva voluta e perpetrata negli anni.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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