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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Murgia e…la confusione nel mondo cattolico tra necessità del dialogo e testimonianza delle verità di fede

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Riceviamo e pubblichiamo la nota dello psicologo Tonino Solarino e dell’esperta in teologia Rosaria Perricone

“Non abbiamo commentato, fin qui, la morte di Michela Murgia perché pensiamo che la morte abbia bisogno di rispetto e di silenzio.
Lo facciamo, a distanza di qualche giorno, perché è fisiologico che un personaggio pubblico susciti dibattito e possa essere divisivo.

Vogliamo sottrarci alla logica dei denigratori o dei laudatori nella consapevolezza che ogni confronto e ogni tentativo di incontrarsi abbia bisogno di un ascolto profondo delle diversità. In-contro è una parola affascinante perché, anche quando l’altro è diverso o addirittura contro, è importante continuare a custodire la relazione e darsi reciprocamente la parola, senza atteggiamenti di inferiorità/superiorità, senza supponenza o conformismo.


Abbiamo ammirato l’ intelligenza della Murgia, la sua capacità di scrittrice, le sue posizioni “femministe” che hanno aiutato i maschi a vivere con maggiore radicalità l’uguaglianza uomo-donna, abbandonando l’insufficiente, e per molti aspetti fuorviante, retorica dell’ uomo che “dà una mano in casa”. L’uomo che “dà una mano in casa” fa perdere di vista la bellezza della coppia che, insieme, si fa totalmente carico dei bisogni della casa e della famiglia.


Abbiamo apprezzato la sua spiritualità che di fronte alla malattia e alla morte si è rivelata, a tutti noi, nella sua audacia e profondità.
Abbiamo apprezzato il suo argomentare, mai banale, che ci ha stimolato, e per certi versi “costretti” a confrontarci con le sue obiezioni e ad approfondire e motivare le nostre convinzioni.
Abbiamo apprezzato il suo desiderio di appartenenza alla sua Chiesa cattolica che voleva cambiare “da dentro” pur nella consapevolezza della diversità di posizioni.


Confessiamo che ci era più facile apprezzarla nei suoi scritti che nelle occasioni di dibattito. Più di una volta abbiamo vissuto con disagio i suoi interventi per la durezza dei toni, a volte al limite dell’arroganza. Toni comprensibili, solo in parte, con la necessità di farsi sentire in contesti dove correva il rischio di essere zittita.


Abbiamo apprezzato Zuppi, Spadaro e tutti quei cattolici che con grande attenzione alla “cultura dei ponti” hanno voluto rendere omaggio alla scrittrice scomparsa.
Nella difficoltà a stare al crocevia tra fede, verità e carità ci ha colpito e un pò stupito la “beatificazione” acritica che è stata fatta da gran parte del mondo cattolico. “Beatificazione” che in tanti ambienti ha alimentato confusione e disagio paventando il rischio di “un conformismo alla mentalità di questo secolo”.


Alcune nostre riflessioni critiche.
1) Sono in contrasto con la fede cattolica le posizioni della Murgia sull’aborto.
Il grande rispetto della libertà della donna, la comprensione della sofferenza di una donna che vive la tragedia di rinunciare al figlio che porta in grembo è cosa diversa dalla legittimazione del diritto ad abortire. Nella concezione cristiana il diritto di chi è piccolo, fragile, innocente, senza parola è prioritario rispetto ad ogni altro diritto.
2) Condividiamo che la maternità è molto di più della gravidanza, come affermato dalla Murgia in un suo intervento.

Cosa diversa è la legittimazione della gravidanza a conto terzi, sia che questa gravidanza avvenga gratuitamente, sia che avvenga a pagamento. In questo ultimo caso saremmo in presenza di misera mercificazione.
3) Il diritto all’eutanasia o al suicidio assistito è cosa diversa della concezione della vita come dono di Dio. È chiaro che tutti oggi siamo contro l’accanimento terapeutico e a favore del diritto a poter morire utilizzando tutte le scoperte mediche per evitarci l’insopportabilità del dolore. Ma nella concezione cristiana non siamo i proprietari della nostra vita(né di quella altrui) e la malattia, il dolore, l’impotenza, il limite sono realtà umane da accogliere testimoniando radicalmente il valore assoluto della vita.
4) Anche sulla famiglia, criticata come istituzione fascista e patriarcale e ridotta ad una dimensione essenzialmente privatistica la Murgia rivela una concezione diversa da quella cristiana. La famiglia non é né una istituzione borghese, né patriarcale, né fascista.

È il luogo dove un bambino ha il diritto di crescere e dove i genitori sono chiamati alla responsabilità di offrire cura stabile e nutriente. È bello avere figli spirituali o “figli dell’anima” come li chiama la Murgia, ma non può essere l’esperienza di genitori biologici irresponsabili il paradigma per delegittimare la paternità e la maternità biologica. Tralaltro in Italia sono tante le famiglie “tradizionali”( molte cattoliche) che hanno adottato “figli dell’anima”.

Per i cristiani, inoltre, il matrimonio non è solo un fatto privato, ma un sacramento che ci impegna a costruire insieme ad altre famiglie la comunità…
Da quanto sopra ci pare che la visione antropologica della Murgia contiene in sé elementi che contribuiscono alla deriva del soggettivismo che sta disgregando il tessuto comunitario. Una cultura che rischia di fare del valore della libertà un idolo. È vero che l’amore e la responsabilità necessitano di libertà, ma è altrettanto vero che la libertà ha bisogno di essere salvata dalla responsabilità, dall’amore, dall’ appartenenza, dalla stabilità. La visione antropologica della Murgia è un misto di cultura radicale, illuminista e cristiana, ma sbilanciata sulla difesa dei diritti e sulla radicalizzazione della volontà soggettiva. Massimo rispetto per la Murgia, ma non è questa la buona notizia del cristianesimo sulla vita, sulla famiglia, sul matrimonio…


P.S. Amiamo la canzone ” bella ciao”, ma avremmo preferito che fosse cantata fuori dalla Chiesa. Non è, notoriamente, un canto liturgico e i sacramenti non sono fatti privati. Viviamo un tempo borderline e l’attenzione ai contesti lo riteniamo un grande valore”.

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Paola Giudice:”senza memoria non c’è futuro”

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Dalla presidente del consiglio Paola Giudice riceviamo e pubblichiamo:

Il 25 aprile è, per l’Italia, una ricorrenza fondante: la festa della pace, della libertà ritrovata e della democrazia.Una data storica che deve essere scolpita nella memoria di ognuno di noi, nel solco dei valori della nostra Costituzione.

“La memoria è ciò che fa forte un popolo” come spesso ebbe modo di dire Papa Francesco, che voglio ricordare in questi giorni di lutto del nostro Paese.Ed è proprio così, la memoria, il ricordo perenne di ciò che è stato e non dovrà mai più essere, la nostra storia di libertà deve guidare il nostro cammino nella bellezza della nostra democrazia.

Sono valori che ormai diamo per scontati ma se ci soffermiamo a guardare anche semplicemente la storia di poche generazioni fa ci accorgiamo di quanto sia preziosa la libertà.Un sentimento di gratitudine perenne deve allora pervadere la nostra azione, soprattutto nell’ambito delle Istituzioni democratiche che anche io ho l’onore di rappresentare.

Occorre – oggi e in futuro – far memoria di quelle stragi, di quelle vittime, della Resistenza e sono preziose le iniziative nazionali, regionali e locali che la mantengono viva.Senza memoria, non c’è futuro.E per questo va ripetuto, oggi e sempre.Viva la Liberazione, viva la libertà, viva la Repubblica”.

Paola Giudice
Presidente del Consiglio comunale

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Dal desiderio senza godimento, al godimento senza desiderio

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

Sino agli anni 60 del secolo scorso grande era il desiderio e piccolo e raro il godimento.
La Società capitalista della seconda rivoluzione industriale era ancora povera e tesa al risparmio, soprattutto da noi in Sicilia.
Il No era prevalente sul Si, il Noi dominava sull’Io. Le nevrosi, frutto della rimozione, prevalevano sulle perversioni e sulle dipendenze. Era in parte ancora una Società a produzione artigianale e Pasolini poté scrivere il suo” I Ragazzi di vita” illustrando la vita dei giovani sottoproletari romani, poverissimi, ma orgogliosi e fortemente identitari.
Nel giro di pochi anni la situazione cambiò velocemente e radicalmente. Il cosiddetto boom economico produsse una quantità enorme di merci che propagandate dalla Tv, dai giornali cartacei e dai manifesti murali, portarono la gente, che disponeva di maggiore quantità di denaro, a fare massicciamente acquisti e ad abbracciare il consumismo e le novità.
Si passò rapidamente dal risparmio al consumo, dal No al Si, dal Noi all’Io.
Il desiderio senza godimento o con poco e raro godimento, quello che si poteva soddisfare solo la domenica di festa dopo 6 giorni feriali lavorativi di rinuncia, di dovere, il desiderio cominciò ad essere soddisfatto anche nei giorni feriali. Sempre più spesso.
Il tempo del desiderio si accorciava, si riduceva per esigenza di vendite delle nuove merci. La classe media prima e man mano anche la classe proletaria compravano di tutto. Sembrava un paradiso in Terra.
In una decina d’anni il volto della Storia mutò completamente e si capovolse nel suo contrario.
Tutto ciò che sino a quel momento era vietato diventò lecito. Al posto dell’orgoglio identitario subentrò la vergogna della povertà e del dialetto che fu presto sostituito dalla lingua italiana.
L’omologazione nazionale fece scomparire le specificità locali, usi, costumi, tradizioni,lingue. Tutto invecchio e divenne démodé, bisognava avere le ultime novità, vestire alla moda e firmato, tutti uguali.
Questo periodo diastolico, megalomanico, euforico, maniacale durò dal 1960 agli anni 90, circa 30 anni. Dopo arrivò la crisi.
Gli psicoanalisti lacaniani dicono che la forclusione del Padre, cioè della Legge, del No, finí con lo svuotare l’inconscio e l’inconscio rimase vuoto. Questo accadde alla fine degli anni 90.
Dal quel momento in poi il vuoto e il nulla produssero un’angoscia enorme, insopportabile.
Tutto ciò che aveva riempito l’inconscio per millenni (Dio, Morale, Padre, famiglia, Comunità, tradizioni) era evaporato volutamente ad opera del mercato poiché rallentava il consumo.
Pasolini dichiarò nel 74 che mai avrebbe potuto scrivere il suo “I ragazzi di vita” in quell’anno.
Tutto cambiò. Da allora l’individualismo, il consumismo, l’edonismo, il narcisismo, si diffusero enormemente. Si abolí il limite.
Senza il Limite, senza una cornice di riferimento arrivò l’angoscia generalizzata. L’inconscio svuotato fu presto riempito di nuove merci che generarono nuove dipendenze: droghe (cocaina), alcool, acquisti compulsivi, tecnologie, sesso, gioco d’azzardo (ludopatie), cibo (obesità e diabete).
La caduta della rimozione produsse una nuova quantità di comportamenti multipli e variegati in tutti campi. In quello sessuale le perversioni.
L’immediata soddisfazione del desiderio mise fine al tempo di attesa. Il godimento arriva subito, sempre, senza aspettare il desiderio.
L’esigenza capitalista di vendere ha ucciso il desiderio. Ci ritroviamo così il godimento senza desiderio. E senza desiderio subentra l’abulia e l’apatia, sintomi cardini della depressione.
Tutti depressi. Tutti obesi.
Il godimento consumista nei tempi
dell’individualismo e della solitudine atomistica si può, anzi si deve raggiungere senza l’Altro significativo. In solitudine. In campo sessuale viene sdoganata la masturbazione, in carenza di relazioni umane. Il godimento individuale in solitaria e enza desiderio viene assicurato dagli oggetti, dalle merci, non più da relazioni fra umani. Così giocattoli sessuali per adulti e tecniche sofisticate per il godimento solitario vengono propagandate su internet h24.
L’essere umano ormai depresso, apatico, fragile, solo, senza desideri, gode passivamente abbandonandosi alle droghe, al cibo, agli oggetti. Il trionfo del consumismo e della malattia fisica e mentale.

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Il partito liberale:”non si affidi la Provincia a dilettanti allo sbaraglio”

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Dalla sezione gelese del Partito liberale riceviamo e pubblichiamo:

Le recenti scene di giubilo mediatico da parte dell’amministrazione comunale, relative al finanziamento di tre milioni di euro per la realizzazione di parte della rete fogniaria  della zona balneare di manfria, impongono una serie di riflessioni per fare chiarezza e non turlupinare i  cittadini.

Dopo ampia relazione introduttiva del coordinatore cittadino dott. Incardona si e’ stilato questo documento: sii tratta di un decreto di finanziamento parziale , la cui emissione risale al novembre 2024, ben cinque mesi fa, e per giunta trattasi di una somma non bastevole a coprire l’intero importo! Il sindaco con i suoi assessori avrebbe dovuto provvedere ad ottenere dalla regione l’integrazione del finanziamento, circa un milione, necessario al completamento dell’opera e , nelle more, organizzare il bando di gara e la sua aggiudicazione. Ci auguriamo che il tutto sia stato messo in opera con accuratezza , considerati i precedenti ripetuti definanziamenti di opere pubbliche del nostro territorio per l’incapacità della giunta Di Stefano.

A questo proposito saremmo curiosi di conoscere, considerato che non è possibile ottenere delle risposte da una opposizione assolutamente collaborativa ai limiti del consociativismo, a che punto è lo stato di avanzamento dei tanto decantati cantieri aperti nella nostra città e che ci risulta per la maggior parte in desolante fermata ( orto pasqualello, zona ex scalo ferroviario, via tevere, montelungo, lungomare, e potremmo continuare……) per non parlare dell’eterna presa in giro dei due musei, quello archeologico e del mare, la  cui apertura viene rinviata di mese in mese e per la quale non c’è certezza circa i tempi e l’organizzazione per la fruibilità degli stessi. Altro che decantare le bellezze di una città condotta allo sfascio dall’amministrazione demo-stellata con i civici di Di Stefano al servizio.

Anche per questi progetti è opportuno chiarire che nessun merito si deve a questo sindaco, trattandosi di finanziamenti richiesti ed ottenuti dalle precedenti amministrazioni ed è solo un banale gioco delle tre carte prendersi meriti che non si hanno e di cui i cittadini di Gela devono prendere nota, anche perché è notorio che l’amministrazione Di Stefano è incapace  persino di gestire progetti da altri organizzati e preparati.  

Si è fatta anche una feroce disamina dello stato di grave degrado in cui versano, oltre che le zone prospicienti i siti archeologici della nostra Città,  anche i quartieri che vivono un momento di estrema crisi non ricevendo risposte da una amministrazione che ha già dimenticato le promesse fatte qualche mese fa in una riunione  congiunta.

Ma tant’è! L’incapacità si traduce anche in mancate risposte e  a questo punto su proposta del Segretario Nazionale del PLI Trufolo si e’ deciso di  indire un incontro con  i Presidenti dei comitati di quartiere per intraprendere le doverose iniziative.

Si è avuta la necessità e l’urgenza di riunire il comitato direttivo del PLI, avendo avuto la percezione che si prepara una ammucchiata senza precedenti( da una parte forze di centrodestra e dall’altra un centrosinistra allargato ) e il tutto con un solo scopo: accaparramento di posti di potere, utilizzo della macchina amministrativa per dare incarichi professionali, figli del più becero clientelismo con un forsennato assalto alla diligenza.

E tutto fila liscio perche’ non vi è sugli atti dell’amministrazione , che presenta obiettivamente molte opacità, alcun controllo da parte dell’opposizione, la quale allo stato e’ rappresentata dal solo  PLI, considerata l’ammucchiata che si prepara con il passaggio di PeR e di Italia Viva in un centrosinistra che include parti del centrodestra( MPA, Azione, Franzone di  Cateno de Luca).  

Vigileremo senza fare sconti di alcun tipo, per capire come faranno a convivere con Azione, l’MPA, il Partito di Cateno De Luca sia Italia Viva che il movimento PeR, a proposito del quale riavvolgeremo il nastro degli interventi di Donegani avverso l’azione amministrativa di Di Stefano negli ultimi mesi.


Un giudizio  negativo merita  il silenzio assordante di Forza Italia e  Fratelli d’Italia, responsabili primi della consegna della citta’ ai Demostellati  e con una azione ripetuta anche in occasione delle elezioni di secondo livello per la Presidenza del libero consorzio di Caltanissetta, che si rischia di consegnare a Di stefano.

Riflettano seriamente i consiglieri comunali di centrodestra e quelli non allineati, perchè l’affidamento della Provincia a dei dilettanti allo sbaraglio non potrà che portare danni incalcolabili alle comunità dell’intera provincia.

PLI – Sezione di Gela


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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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