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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Mulè: proposta per la creazione di un sito di archeologia industriale

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Pregiat.mi Sigg.ri Dirigenti ENI, con la presente, mi si permetta di scriverVi riguardosa-
mente le seguenti considerazioni.

Al di là di determinati impianti dell’ex petrolchimico di Gela, di cui prossimamente è prevista la demolizione, ne esistono sicuramente altri che, se salvaguardati e opportunamente messi in sicurezza, possono rappresentare un esempio di archeologia industriale e quindi
passibili di fruizione turistica e scolastica, in particolare per gli istituti tecnici industriali. Di tale esempio si ha il conforto della normativa vigente la quale, con il D.Lgs. n.62 del 26
marzo 2008, prevede che i beni del patrimonio industriale vengano considerati a pieno titolo
come beni culturali. Non fosse altro per le attività dell’uomo, trasformatesi ed evolutesi nel tempo, che hanno avuto un notevole impatto sull’ambiente e sulla società stessa e fra queste attività, senza nessuna piaggeria, sono da annoverare quelle precedenti di codesta azienda e, in questo momento, proprio le Vostre nel contesto del management.

Ciò che si propone con la presente è quello che, tramite le SS.VV. e con chi di competenza di codesta azienda, si possa rivalutare il patrimonio “archeologico industriale” di cui questo territorio dispone e, attraverso mirate azioni di “elaborazione delle politiche urbane”, rifunzionalizzare gli spazi anche per la comprensione della storia economica e sociale del territorio di Gela, ma anche della Sicilia e forse di tutto il Meridione. Lo sguardo al passato, allo stesso tempo proiettato verso il futuro, diverrebbe la linea di condotta da intraprendere al fine di rielaborare i “vuoti” industriali e trasformarli in “pieni”, e dove possano emergere la tradizione e la memoria storica.

L’archeologia industriale spesso viene definita come disciplina vera e propria, un metodo di
studio e uno strumento di indagine dell’identità territoriale delle comunità; diversi Paesi come
l’Inghilterra, gli USA, la Francia e il Portogallo, ne fanno tesoro al punto tale che l’archeologia
industriale è materia di insegnamento universitario. Inoltre, oggi il patrimonio industriale è
diventato un tema d’interesse anche per il turismo, infatti, sono nati ovunque percorsi locali e regionali, reti di musei con progetti sistemici di promozione del territorio. E il nostro Paese è in prima linea nella valorizzazione di questa grande risorsa che comprende sia l’archeologia industriale (fabbriche obsolete dismesse che sono state musealizzate e riconvertite a nuove funzioni, vedi “Le Ciminiere” a Catania), sia la cosiddetta cultura d’impresa, che include i musei e gli
archivi aziendali e le visite all’interno di impianti industriali ancora attivi e non; visite che qualche
anno fa, organizzate in modo efficiente dal Presidente Franchi e dall’ex A.D. Arces, sono state realizzate a Gela all’interno della raffineria con una partecipazione cittadina notevole e interessata di cui lo scrivente è stato testimone.

Molti siti industriali oggi nel mondo e in Italia vengono riconvertiti a luoghi di cultura fruibili per
mostre di arte contemporanea, eventi, spettacoli e molto altro, vedi ad esempio il Villaggio ENI a Borca di Cadore, la “Fondazione Pirelli”, l’avveniristica “MAST – Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia” di Bologna e la mostra “Lingotto VIVE & RIVIVE. Quand’era una fabbrica” di Torino. A tutti coloro che sono posizionati ai livelli apicali di dirigenza in codesta azienda multinazionale che è l’ENI, prestigiosa e assai rilevante per il futuro energetico nel mondo, si vuole sottolineare e riaffermare, senza tema di essere smentito, il convincimento che la fabbrica e i luoghi di produzione di ogni tipo sono contenitori di scienza, di tecnologia, di capacità imprenditoriale, di competenze intellettuali e di lavoro.
Pertanto, con la presente si ribadisce di coinvolgere le SS. VV. a progettare, laddove risulta possibile e prevedibilmente assieme ad altri enti del territorio, degli interventi mirati sugli impianti risparmiati dalla demolizione nell’ex petrolchimico di Gela con la conservazione e valorizzazione di tutte le caratteristiche che li compongono, siano esse culturali, storiche, tecnologiche e ambientali in modo tale da creare “l’isola di archeologia industriale” ovvero un bene culturale pregnante e di spessore che si aggiungerebbe al patrimonio storico e materiale della nostra comunità gelese di ben 2700 anni; un patrimonio del passato di Gela che inizia dalla protostoria e attraverso, le epoche greca, romana, medievale, i periodi risorgimentali e l’Unità d’Italia, arriva all’evento dello sbarco Alleato della Seconda Guerra Mondiale (che allora fece di Gela la prima città libera d’Europa) e, oggi, alla musealizzazione del relitto dell’antica nave greca, unica al mondo per la peculiarità delle sue caratteristiche costruttive e per la sua datazione.

Nel rimanere in attesa di un benaccetto riscontro, le SS.VV. Vogliano gradire i miei più distinti ossequi.

Prof. Nuccio Mulè

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Se io non voglio… razionalmente, potrei volere inconsciamente

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

La “vittima” non sempre è solo vittima, ma a volte anche carnefice. E viceversa.
Il provocare della vittima consiste nel non tenere in giusto conto il contesto spazio-temporale e culturale in cui si vive, insomma la realtà. C’è un deficit di realtà.
E la realtà umana è fatta anche da diversi tipi di uomini-maschi, uomini sereni e uomini non sereni, di uomini saggi e di uomini fragili, di uomini empatici e di uomini narcisi, di uomini miti e di uomini violenti, di uomini sani di mente e di uomini malati di mente, di uomini felici e di uomini infelici, di uomini tossicodipendenti e di uomini alcolisti, di ludopatici e di polidipendenti…

Realtà complessa, variegata, problematica. Il non volerne tenere conto, immaginando una realtà semplice e lineare di uomini sani, responsabili e tutti uguali, implica un eccesso di individualismo infantile e narciso da parte della vittima. La vita in società è un continuo equilibrio dinamico fra l’Io e il Noi. Un venirci incontro vicendevolmente.
Dare sempre ragione all’Io e torto al Noi oggi è l’ideologia postcapitalista del consumismo illimitato che promuove i desideri individuali e non accetta nessun No da parte del gruppo.
Invece la frase ” io non voglio” e il resto
devono essere inquadrati in un contesto più generale dove la comunicazione non è solo verbale, ma anche e soprattutto non verbale. Bisogna vedere il tono con cui lo dici, il modo come lo dici. La forma può smentire il contenuto. Bisogna valutare di caso in caso. Comunicazione verbale e non verbale. Comunicazione cosciente e non cosciente. Si rafforzano, vanno nella stessa direzione o sono in conflitto e vanno in direzione opposta? Freud e Pirandello sono i riferimenti psicologici e teatrali più pregnanti. E la psicologia americana di Palo Alto ha dato un contributo notevole a capire meglio le relazioni umane, le loro assonanze e le loro contraddizioni.
La comunicazione non verbale passa attraverso l’inconscio che può essere in sintonia o non in sintonia con la coscienza.
Posso dire No con la parola, ma Si con lo sguardo, con gli occhi o con i vestiti o con la gestualità, con il cuore… La vita è sempre contraddittoria e ambivalente.
La coscienza razionale è solo una superficie lievissima della mente umana che è invece un oceano inconscio profondissimo.
La mente, e quindi la personalità, è molto più ricca della coscienza. Se vogliamo far coincidere mente e coscienza torniamo a prima della psicoanalisi, cioè a più di150 anni fa.
Vogliamo negare la psicoanalisi? Vogliamo che la comunicazione non verbale conti meno di zero? Quanti di noi hanno litigato e detto “io non voglio” e poi invece lo hanno fatto, anche ferocemente e selvaggiamente? Il desiderio si nutre del divieto. O piuttosto questo nuovo femminismo vuole imporre una dittatura moralista, noiosa, banale, infantile della coscienza? Regressione e moralismo intrecciati mi sembrano i connotati culturali di questo “delirio” femminista ignorante e/o ipocrita.
(I maschietti femministi? Che pena).

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Interporto: “per uscire dall’impasse, c’è la speranza…”

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Dall’Associazione Interporto rappresentata dal dott. Marco Fasulo, riceviamo e pubblichiamo

“La provincia di Caltanissetta, ultima in Italia per reddito pro capite lordo, rappresenta una ferita aperta nel cuore della nostra nazione, un paradosso inaccettabile per un territorio così ricco di risorse naturali, di manodopera altamente specializzata e di posizioni strategiche nel crocevia delle comunicazioni globali.

Questa povertà non è figlia del destino, ma dell’incapacità cronica delle classi dirigenti di valorizzare un patrimonio unico nel suo genere. Eppure, una speranza concreta emerge come una luce in fondo al tunnel: la futura realizzazione di Interporto Gela, una struttura di importanza epocale che promette di trasformare non solo Gela e la Sicilia, ma anche l’Italia intera, proiettandola al centro della comunità economica europea e mondiale.

Grazie alla sua posizione privilegiata, punto di congiunzione naturale tra il Canale di Suez e il Mediterraneo, Interporto Gela rappresenterà la chiave di volta per una rinascita economica, abilitando la realizzazione di infrastrutture portuali avanguardistiche e di un Hub Containers nel Golfo di Gela. Queste opere saranno in grado di attrarre investimenti internazionali, creare migliaia di posti di lavoro e rendere il sistema logistico siciliano e italiano il più potente e competitivo del pianeta.

Con il futuro Ponte sullo Stretto di Messina, opera senza pari al mondo, l’Italia diventerà la piattaforma logistica più ambita del globo, una porta d’accesso privilegiata tra l’Europa, l’Africa e l’Asia, un esempio di innovazione e lungimiranza per le generazioni a venire.Questa visione non è solo un sogno, ma una promessa concreta di cambiamento, un impegno per riscrivere il destino di una provincia e di un popolo, restituendo dignità e prosperità a un territorio troppo a lungo dimenticato. Gela sarà il simbolo della rinascita, la Sicilia il cuore pulsante del Mediterraneo, e l’Italia il faro di sviluppo e modernità per il mondo intero”.

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Campetto Comunale di Manfria all’abbandono

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del Comitato di Manfria a firma del presidente Maurizio Cirignotta

Che Manfria sia completamente posta all’abbandono questo è sotto gli occhi di tutti. Ma che le infrastrutture già esistenti vengano volutamente distrutte è solo uno scempio amministrativo che colpisce la Frazione di Manfria e tutti i suoi abitanti abituali, tra cui giovani ed altro.

La frazione, come si evince dagli atti amministrativi del Comune di Gela, non è stata considerata rispetto ad altri quartieri e non si è mai trovata una vera soluzione al processo di urbanizzazione e valorizzazione di questo territorio.

Ci troviamo di fronte ad un caso palese di gestione discutibile del bene pubblico che va denunciato in tutte le sue sfaccettature. Il campetto in questione, infatti, è stato oggetto di un progetto di riqualificazione collegato ai fondi della Democrazia Partecipata erogati dalla Regione Sicilia per il 2023.

La somma dedicata al progetto era di 59.800,00 euro collegata al recupero e riqualificazione del campo di calcetto sito nella frazione di Manfria come da protocollo generale del 13/10/2023 n.97286 ed utile alla realizzazione di un centro sportivo ricreativo polivalente di aggregazione giovanile e inclusione sociale, oltre che di svago per bambini, eventi sportivi e per la comunità di manfria. Il grave sospetto è che nella programmazione di bilancio della Regione Siciliana questi fondi non spesi siano stati incamerati nelle casse regionali come già fatto per altri comuni siciliani.

Tutto il direttivo rimane esterrefatto dalla valenza di una questa azione demolitiva voluta e perpetrata negli anni.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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