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La parola della domenica

Lui sa di andare a morire. E ci va vittorioso

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Rubrica ad ispirazione cattolica a cura di Totò Sauna

Il Vangelo di oggi(.Mc 14,1 – 15,47) rappresenta la Passione e la Morte di Gesù Cristo

Un brano del Vangelo che ci scuote. Tre riflessioni. La prima: Gesù sa che va a morire. Sa quale è il suo destino e non si tira indietro. Non scappa. Non fugge. Non si nasconde. Anzi, entra a Gerusalemme in maniera trionfante. Lui si è fatto uomo per questo momento, per andare a morire in croce. La seconda; la sua entrata a Gerusalemme in groppa ad un mulo. Segno di pace,di lavoro, di mansuetudine, anche di testardaggine di impegno, di fatica. La terza riflessione;  l’atteggiamento della gente. La gente siamo noi. Io e te fratello lettore  o sorella lettrice, io e te. Quando incontriamo Cristo siamo felici, allegri, gioiosi tanto che innalziamo le palme e gridiamo forte alleluia, alleluia, magari, abbiamo ricevuto una Grazia. Abbiamo ricevuto una notizia bella . Insomma, le cose ci vanno bene . Però,non esageriamo. Non lo diciamo in giro. Vuoi mettere che non è anche merito mio ? Io sono forte, sono bravo, il migliore, insuperabile.  “Io sugnu u chiu spertu”. Allora, piano piano Cristo viene messo da parte. Viene accantonato. E’ la vita. Quella nostra. Incontriamo Gesù e sentiamo forte il desiderio di innalzare le palme. Ma , poi, ce ne dimentichiamo. Se prima eravamo a pregare in maniera incessante, dopo non abbiamo più tempo. Devo andare di qua e di là.  Poi. Dopo. Il suo posto viene occupato da altro. Non lo so, l’elenco è pieno e le varianti molteplici. Mi ricordo una canzone di Francesco Guccini che il titolo era “ Dio è morto” ed elencava tutta una casistica per dire quando Dio muore. Ci siamo dentro fino al collo. Tutto fila liscio fino a quando siamo chiamati a testimoniare. Fino a quando non possiamo nasconderci. Fino a quando il dolore non viene a trovarci. E allora come reagiamo? E la gente ci guarda e ci giudica. Come è successo a Pietro.  Non eri tu un suo discepolo? E, Pietro rinnega e noi rinneghiamo per il quieto vivere. Essere cristiani tante volte è, sempre, scomodo. Si vero, andiamo a messa, la comunione, certo, ma, poi se vediamo una musulmana che ci chiede un aiuto ci giriamo dall’altra parte. Parliamo di accettare gli immigrati, ma non ci scandalizziamo quando questi sono ridotti in schiavitù. Gridiamo, scriviamo, protestiamo ma al momento della testimonianza non ci siamo.  Ci conviene starcene in silenzio, di nascosto. Allora, scegliamo la maggioranza. Ci sentiamo più protetti. Che bello stare con la maggioranza. Ci nascondiamo nella moltitudine. Cerchiamo qualcosa o qualcuno che ci possa nascondere. La colpa non è mia è sua. Io non volevo. Ma Gesù ha chiamato me e te. Non la moltitudine. La sua è una chiamata personale. Ecco perché siamo diversi noi cristiani. Non ci nascondiamo. Siamo presenti. Essere cristiani significa essere controcorrente.. Scegliere la famiglia.. Scegliere la vita e non l’eutanasia e non la morte e  non l’aborto e non le coppie di fatto. E con Dio non si scherza. Non possiamo stare un piede qua e un piede di là. No. Siamo chiamati sempre a  scegliere l’amore. Quello vero. Non quello sburgiardato da rotocalchi e trasmissioni televisive. Non quello gridato dalle Barbare D’Urso che imperversano nelle trasmissioni. Ci fanno sentire diversi. Fuori luogo. Non di moda.  Spesso non ce la facciamo a reggere il peso. Allora amiamo stare con la maggioranza. Ma si l’aborto a volte si può fare, le coppie dello stesso sesso che male fanno, povero vecchietto meglio la morte. E piano piano eliminiamo Cristo dalla società. Ci creiamo una religione un po’ new age. Fino all’inverosimile. A restare nascosti,. Non abbiamo la forza di testimoniare. Abbiamo paura di essere crocifissi. E quando  tutti gridano crocifiggilo, crocifigillo, ci dispiace, lo diciamo sottovoce, ma ci siamo anche noi. Lo gridiamo piano piano però. Lo so è sbagliato. Ma ci possiamo mettere contro tutti? ci possiamo mettere contro l’onorevole, contro il Pilato di turno ? Contro il capo? Ma siamo pazzi? Mi devo sistemare mio figlio, ho fatto richiesta di questo e di quest’altro e ci vendiamo Dio. Ci vendiamo Gesù per liberare Barabba che è dentro di noi. Si,h per liberare Barabba per un tozzo di pane duro e ammuffito ci vendiamo Cristo. Per portarlo alla croce. Meglio che muoia uno per tutti, aveva sentenziato il Sommo Sacerdote. Meglio far fuori questo scapestrato ed irrequieto profeta improvvisato piuttosto che noi. Meglio Lui in croce.  Per me e per te. Ha fatto ciò che poteva fare, Gesù. Parlato, amato, guarito, condiviso,convertito. Cos’altro può dare per convincerci di sé e di Dio? Solo una cosa. Far vincere i suoi avversari. Morire. Altro è predicare, altro pendere da una croce. Altro convincere o fondare una religione, altro restare appesi fino ad esalare l’ultimo respiro. Gesù è disposto a morire per mostrare la verità dei suoi gesti. Morire per mostrare ad ogni uomo chi è veramente Dio. Il suo amore ci salva, non il suo dolore. Un amore che manifesta, che mette a nudo, che scuote e stupisce. La croce diventa, allora, l’ultimo sì detto al Padre. E all’uomo. L’ultimo tentativo  di manifestare Dio. Capirà l’uomo? Capiremo? Ora dopo ora, questa settimana, seguiremo l’ultima settimana del Maestro. Mettendoci al suo fianco, accanto, senza far rumore. Silenziosi, riflessivi, stupiti, storditi, commossi. Assisteremo, ancora, a quella prima cena, il giovedì sera. Il momento in cui Gesù ha inventato l’eucarestia e il sacerdozio. Veglieremo, in quella notte. Per fare compagnia a Dio che muore per amore. E poi venerdì, andando al lavoro, in mezzo al caos della folla che aspetta con ansia le vacanze, vedremo l’appeso in uno scorcio fra le strade della nostra città. E ci inginocchieremo davanti ad una croce e ripeteremo: Dio santo, Dio forte, Dio immortale, abbi pietà di noi. Il sabato attenderemo. Fino alla notte. La prima fra le notti, la notte del grido e della luce.

Buona Settimana Santa.

Totò Sauna

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La parola della domenica

Il battesimo di Gesù

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Dal Vangelo secondo LucaLc 3,15-16.21-22

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

Dio ama tutti, ma non si compiace di tutti. Di chi Dio si compiace? Di colui che ascolta la parola di Dio suo Figlio e la metta in pratica; in altre parole Dio si compiace di colui che si sforza di compiere la sua volontà che ci è stata manifestata in Gesù Cristo.
Perciò la voce del Padre celeste tuonò sul Monte Tabor dicendo: “Questo è il mio figlio diletto. Ascoltatelo”. Il verbo ascoltare significa obbedire. Quando il Padre celeste si compiace di una persona, le fa un grande dono: Lo Spirito Santo.
Senza il dono dello Spirito Santo l’uomo è come un albero senza frutto. Ciò che rende un albero utile è il frutto che porta. Perciò il contadino taglia l’albero che è sterile. Con l’effusione dello Spirito Santo, cioè con il battesimo di fuoco e di Spirito Santo l’uomo viene immerso totalmente nell’immensità dell’amore purissimo di Dio. I cattivi gli possono anche dire che è brutto, incapace e lo possono anche scartare dalla loro compagnia, ma egli non si deprime perché gli basta l’amore di Dio. Chi ha ricevuto il battesimo di fuoco e di Spirito Santo sente spesso la voce divina che gli dice: “Tu sei mio figlio diletto che io amo tanto!”. Il sentirsi amato e benedetto da Dio è la gioia più grande che si possa sperimentare su questa terra.
Immerso nell’acqua viva dell’amore e tenerezza di Dio Trinità, l’uomo si sente sempre vivo proprio come un pesce che nuota nell’acqua. La vita di colui che ha ricevuto il battesimo di fuoco e Spirito Santo è fatta di amore, gioia, pace, purezza, pazienza, benignità, compassione, misericordia, tenerezza e fedeltà. Senza il battesimo di fuoco e Spirito Santo non si può vivere la vita soprannaturale. Ma cos’è la vita soprannaturale? È la la condivisione della stessa vita Dio, che noi chiamiamo vita eterna.
Il battezzato nel fuoco della Verità e della Carità dello Spirito Santo ha la forza e la potenza di benedire anche chi lo maledice, di pregare per i suoi persecutori, di abbracciare il suo nemico e di compiere sempre quello che è gradito al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo. Amen. Alleluia.
P. Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti

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La parola della domenica

Cerchi luce? Ama la vita, abbine cura, falla fiorire

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Rubrica della domenica

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;la luce splende nelle tenebree le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio:il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimoneper dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera,quella che illumina ogni uomo.Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi,e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accoltoha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo,ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenitoche viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi:Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto:grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto:il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre,è lui che lo ha rivelato.

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Giovanni comincia il Vangelo con un canto che ci chiama a volare alto, un volo d’aquila che proietta Gesù verso i confini del tempo.

In principio, bereshit, prima parola della Bibbia. Ma poi il volo d’aquila plana fra le tende dell’accampamento umano: E venne ad abitare, letteralmente “piantò la sua tenda” in mezzo a noi.

Poi Giovanni apre di nuovo le ali e vola verso l’origine, con parole assolute:Tutto è stato fatto per mezzo di lui. Non solo gli umani, ma il filo d’erba e la pietra e il canarino giallo, tutto viene dalle sue mani. «Nel cuore della pietra Dio sogna il suo sogno e di vita la pietra si riveste» (G. Vannucci). La creazione è un atto d’amore sussurrato. Creatore e creatura si sono abbracciati e, almeno in quel bambino, uomo e Dio sono una cosa sola. Almeno a Betlemme.

primi versetti del  Vangelo di Giovanni io li capisco così: “In principio era la tenerezza, e la tenerezza era presso Dio, e la tenerezza era Dio… e la tenerezza si è fatta carne e ha messo la sua tenda in mezzo a noi”.Questo ci assicura che un’onda amorosa viene a battere sulle rive della nostra esistenza, che c’è una vita più grande e più amante di noi, alla quale attingere.Cristo non è venuto a portarci una nuova teoria religiosa, ci ha comunicato vita, pulsante di desiderio. Sono venuto perché abbiate la vita, in pienezza (Gv 10,10).Gesù non ha compiuto un solo miracolo per punire o intimidire qualcuno. I suoi sono sempre segni che guariscono, accrescono, sfamano, fanno fiorire la vita in tutte le sue forme; il Vangelo ci insegna a sorprendere perfino nelle pozzanghere della vita il riflesso del cielo. E in noi, il suo volto.“Veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo”, nessuno escluso. “La luce splende nelle tenebre, ma esse non l’hanno vinta”. Ripetiamolo a noi e agli altri, in questo mondo duro: le tenebre non vincono. Mai.“Venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto”. Dio non si merita, si accoglie. Facendogli spazio in te, come una donna fa spazio al figlio piccolo che le cresce in grembo.Dopo il suo, è ora tempo del mio Natale: Cristo nasce perché io nasca, nuovo e diverso. Sta a noi camminare e cercare dietro una stella, come i Magi. E anche ringraziare chi ci ha aiutato a viaggiare verso Dio, chi è stato per noi una stella: forse un libro, un prete, un amico, una mamma.“E la vita era la luce”. Cerchi luce? Ama la vita, abbine cura, falla fiorire. Amala, con i suoi turbini e le sue tempeste ma anche con il suo sole e i suoi fiori appena nati, in tutte le Betlemme del mondo.Amala! È la tenda del Verbo, il santuario che sta in mezzo a noi.

p. Ermes Ronchi

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La parola della domenica

Il modello di famiglia…

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Dal Vangelo secondo Luca Lc 2,41-52

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Festa difficile, questa.
Perché oggi la famiglia sta male, perfino la sua definizione è in crisi: tradizionale, allargata, monoparentale, plurale, di fatto, biologica, affidataria.

Un legame ideale c’è, ma le nostre storie non lo sono; infatti il matrimonio è indissolubile, ma non infrangibile! Alcune volte fallisce, si spezza e a terra rimangono solo briciole taglienti.

Spesso neppure a tavola si sta insieme.

Secondo: parlarsi. Di fronte ai genitori che domandano c’è un figlio che ascolta e risponde in modo duro, ma parla. Impegno primario: far viaggiare la parola, comunicare.
Se ci sono cose difficili da dire, a non parlarne lo diventano ancora di più.
Gesù sta al dialogo perché i suoi genitori ci sono e si vogliono bene, e sono queste due sole cose a importare ai figli. Sempre.

Terzo: sconfinare oltre gli affetti di casa.Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?I figli non sono nostri, appartengono alla loro vocazione, alla loro idea di futuro che nemmeno in sogno potremo visitare (Gibran).Un figlio non deve strutturare la sua vita in funzione del cortile di casa.

È come fermare la ruota della creazione. Gesù lo dice chiaro. L’ho imparato da voi: tu mamma che ascolti il mormorio degli angeli, tu padre che parti e poi torni, fidandoti di un sogno.Una quarta lezione: Ma essi non compresero…I genitori non hanno i figli che avevano immaginato, ma neppure i figli hanno i genitori che hanno sempre sognato.Scesero insieme a Nazaret. Si riparte, nonostante tutto.

Padre Ermes Ronchi

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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