Oggi vi svelo i segreti di una linguina allo scoglio perfetta. È una ricetta piuttosto laboriosa ma il risultato è talmente soddisfacente da fare dimenticare tutte le fatiche. Il primo e più grande segreto è quello di cuocere i frutti di mare separatamente in modo da evitare di stracuocerli rendendoli gommosi.
Pulite le cozze, tuffatele in un soffritto di olio evo, spicchio d’aglio schiacciato, peperoncino e gambi di prezzemolo, mettete il coperchio e appena le cozze si aprono toglietele immediatamente dal fuoco. Appena saranno leggermente intiepidite sgusciatele e tenete da parte la loro acqua di cottura. Eseguite lo stesso identico passaggio con le vongole. Adesso dedicatevi ai gamberi, sgusciateli e con le teste preparate la bisque, replicando il soffritto di cui sopra, fate tostare per qualche minuto le teste, sfumate con un goccio di brandy e coprite il tutto con acqua ghiacciata.
Fate sobbollire fino a quando il fondo di crostacei non si riduce di almeno la metà. Le code invece spadellate per un minuto rapidamente, avendo cura, una volta finito di spadellare, di recuperare dalla padella quel buon sapore di gambero fritto sfumando con un goccio d’acqua la padella rovente per deglassare che aggiungerete alla bisque. Ripetete la stessa operazione con i calamari puliti e tagliati ad anelli, dunque un minuto di spadellata a fuoco vivace e poi deglassare per recuperare il fondo che si crea in padella. Questo è il secondo segreto che vi consente un risultato più saporito. Inoltre in questo modo tutti i frutti di mare saranno succosi e irresistibili.
A questo punto dedicatevi al sugo allo scoglio. Sul fondo di una casseruola capiente fate sfrigolare uno spicchio di aglio in camicia (che come in precedenza eliminerete dopo qualche minuto) in olio evo, aggiungete dell’ottima passata di ciliegino, qualche pomodoro secco tritato grossolanamente e se lo gradite anche qualche ciliegino fresco tagliato a metà. Allungate il pomodoro con l’acqua delle cozze e delle vongole e con la bisque di gamberi.
Fate cuocere finché il sugo non sarà ben tirato, a questo punto assaggiate e regolate di sale (che potrebbe anche non servire) e di pepe nero se lo gradite. Una spolverata generosa di prezzemolo e basilico tritati e il gioco è quasi fatto. Non vi resta che cuocere le linguine, tirarle fuori dall’acqua un po’ in anticipo per completare la cottura col sugo allo scoglio unendo tutti i frutti di mare che avevamo messo da parte. Un filo d’olio alla fine e il capolavoro è servito. Ne è valsa la pena!
Vi racconto il meraviglioso viaggio gastronomico che ho vissuto da Coria, una stella Michelin, nella loro nuova sede ai piedi dell’Etna, nel centro storico di Catania. Il design vulcanico richiama la pietra lavica e il rosso del magma, l’ambiente è elegante, riservato, accogliente. Il menù presenta tre percorsi di degustazione, io ho scelto “Magma”, la loro proposta di punta.
L’ aperitivo di benvenuto inizia con ben 7 assaggi di pasticceria salata: una miniatura di parmigiana di melanzane, una meringa salata al topinambur, una tartelletta con insalatina di tonno e salsa tartara, un bignè salato al pomodoro e parmigiano, un macaron con cipolla e pecorino, dei mini-coni con carote alla brace e per pulire il palato una mini brioche con melone giallo e menta. Un gioco di consistenze dai sapori delicati.
Arriva l’amuse-bouche, un sorbetto di insalata di pomodoro, con un velo di gelatina alla cipolla, ricotta e capperi, accompagnato da una rivisitazione di Bloody Mary, dell’olio evo, del burro all’acciuga, da grissini alla cipolla, da una focaccina calda alle erbe e dallo sfingione siciliano. Tante coccole per il palato, il sorbetto di pomodoro ci riporta ai sapori contadini della tradizione siciliana ma interpretati con grande eleganza.
“Crudo di mare in 5 varianti” Gambero di nassa, mandorle e liquirizia. Aspic con tartare di sarago, caviale, tuorlo grattugiato e aria di mare. Capasanta, melone e polvere di foglie di fico. Gambero rosso, maionese ai ricci, gel di limone e salicornia. Cappuccino di ostrica alla brace. Freschezza, grande materia prima, accostamenti delicati, piacevole alla vista e al palato. Il cappuccino di ostrica, invece, chiude con una spinta umami salmastra.
“Astice alla brace, borragine, radici e beurre blanc al croissant” L’astice è carnoso, la salsa avvolgente, dal sapore vellutato con note leggermente dolciastre che si bilanciano perfettamente con le note vegetali del contorno. Interessante la consistenza dei vegetali che va dal cremoso al croccante. Le zampette dell’astice, invece, vengono servite al gratin, molto saporite.
“Bottoni ripieni alla mandorla, funghi, gambero rosso e consommé di cappone” Qui il connubio terra e mare segue la strada della delicatezza, i sentori umami sono leggeri, ben bilanciati, in armonioso equilibrio. Il brodo di cappone è limpido e regala un grande comfort.
“Linguine con telline, ricci di mare, canocchie, cagliata di mandorle, polvere di alloro e limone” Sapore di mare deciso, come la salsedine che si sprigiona dalla forza delle onde contro gli scogli. Il profumo del limone e dell’alloro aggiungono una complessità aromatica suadente. Clamorosamente delizioso.
“Scacciata catanisi” cavolfiore, spuma di primo sale, olive alla cenere e nocciole. Omaggio alla tradizione locale, dove la scacciata è quasi religione. I sapori sono robusti, le consistenze giocose, croccante, cremoso, morbido. Presentazione molto invitante.
“Agnello abbuttunatu come un’ impanatigghia” arancia, marsala e scorzonera. Il rollè di agnello presenta una cottura impeccabile al sangue, l’umami del fondo si ingentilisce con le note dolciastre del marsala e dell’arancia. Il filetto di agnello servito a parte si scioglie letteralmente in bocca per la tenerezza.
“Quaglia alla brace, datteri e fichi, scalogno e porro, melassa alla melagrana”. La quaglia ci viene porzionata al tavolo dopo una leggera affumicatura con le erbe aromatiche. Qui la degustazione raggiunge il suo apice con un sapore davvero intenso, ricco, una carne succulenta degnamente accompagnata da una salsa soave. Indimenticabile.
“Biancomangiare, mandarino e asparagi di terra e di mare” Predessert per ripulire il palato, fresco, agrumato e con toni vegetali con un pizzico di salinità. Dolce-salato prima di chiudere in dolcezza.
“Pere, cioccolato e ricotta” Grande dimostrazione di tecnica per chiudere in bellezza. L’occhio ammira e il palato gode. Un grande classico della pasticceria con la firma di Coria.
“Cabaret di piccola pasticceria” Dulcis in fundo.
Un viaggio gastronomico davvero memorabile, dove le eccellenze siciliane prendono il volo spinte dalla potenza dell’Etna fino a toccare il cielo stellato. Il percorso degustazione “Magma” costa 140€ vini esclusi, semplicemente il miglior rapporto qualità/prezzo di tutta la Sicilia come esperienza “stellata”.
Avevo voglia di farmi coccolare da un risotto cremoso e avvolgente, dunque ho messo su la pentola del brodo con il classico trio sedano, carota e cipolla, da lasciare sobbollire dolcemente per un’oretta. Nel frattempo mondate i carciofi, eliminando le foglie esterne, la barbetta interna e le punte più coriacee.
Affettate i vostri carciofi e stufateli in un soffritto con aglio e cipolla, salate e pepate a dovere. Tostate il riso a secco per qualche minuto, quindi iniziate la cottura col brodo vegetale, salando ed assaggiando di tanto in tanto per aggiustare il sapore. Quando mancano gli ultimi minuti di cottura aggiungete i carciofi.
A cottura ultimata mantecate fuori dal fuoco con abbondante burro, tuma persa grattugiata ed un trito di erbe aromatiche fresche: prezzemolo, basilico ed abbondante mentuccia. Lasciate riposare il risotto col coperchio un paio di minuti prima di servirlo. Non vi resta che spazzolarvi il tutto allegramente.
“Pancia di maiale cotta a bassa temperatura, crema di ceci e finocchi brasati”. Vi do un assaggio del nuovo menù invernale che troverete nel mio ristorante. La ricetta è un po’ elaborata ma il risultato è al top. Per prima cosa dovremo occuparci della carne: useremo della pancia di maiale disossata e privata delle cartilagini, se vi piace potete tenere anche la cotenna. Massaggiate la carne con del sale, dello zucchero di canna, dell’olio evo, del pepe nero, del coriandolo e delle erbe aromatiche: rosmarino, salvia, timo e alloro.
Mettete la carne sottovuoto e lasciatela marinare per mezza giornata, poi passate alla cottura al roner per 24 ore ad una temperatura preimpostata sugli 80 gradi. Sì, ci vuole un giorno di cottura paziente ma il risultato sarà insuperabile.
Mettete in cottura dei ceci precedentemente ammollati per una notte. Quando saranno morbidi aggiungete un soffritto di cipolla e semi di finocchio in olio evo e frullate il tutto, aggiustate di sale e pepe. La consistenza deve essere cremosa, non troppo spessa e non troppo liquida. A parte tagliate dei finocchi a grossi spicchi e rosolateli in padella a fuoco vivace, appositamente conditi con sale e pepe.
Devono rimanere un po’ croccanti. Adesso manca l’ultimo passaggio della carne. Tirate fuori dalla busta del sottovuoto la pancia di maiale e porzionatela. Massaggiate ogni pezzo di carne con della salsa teryiaki e passate la carne in forno a dorare leggermente. Non ci resta che assemblare: crema di ceci sul fondo, pancia arrostita e finocchio brasato. I sapori si abbinano alla perfezione. Per crederci dovete venire a provarlo oppure dovrete replicarlo a casa. Chef Totò Catania