Oggi cominciamo un percorso nel mondo della sanità di Gela. Non la sanità delle vetrate frantumate al pronto soccorso; non la sanità delle dimissioni facili seguite dalla morte; non la sanità delle botte ai ginecologi dopo un parto difficile. E’ la sanità nascosta: quella dove confluiscono pazienti non solo del territorio ma anche dall’Italia e perfino dall’estero. Quella che ha salvato tante donne dal tumore alla mammella però non viene elevata Breast Unit. Nell’ambito di queste eccellenze rientra il reparto di urologia che, da sempre si è distinto viste le dimensioni contenute e le tecniche utilizzate. Ancor di più da qualche tempo, da quando è stata introdotta la tecnica Rezum, un sistema rivoluzionario per il trattamento della prostata: sicuro, mini-invasivo e privo di riverberi sulla sfera sessuale maschile. Il tutto grazie ad una apparecchiatura elettromedicale di ultima generazione che attraverso il canale uretrale agisce sulla prostata senza tagli e traumi di sorta e c’è una lunghissima lista di attesa che viene evasa pian piano. Il sistema Rezūm utilizza vapor acqueo ed è in grado di ridurre il volume prostatico di circa il 40%. Come riportato dalle linee guida europee di urologia, ad oggi è la metodica che più di qualsiasi altra consente la preservazione della funzionalità erettile ed eiaculatoria.
Ne abbiamo parlato con il responsabile dell’Unità operativa, dott. Sabastiano Condorelli.
“L’ostruzione cervico -uretrale da ipertrofia prostatica benigna colpisce oltre l’80% della popolazione maschile. – sipega il primario – L’incidenza aumenta proporzionalmente con l’avanzare dell’età raggiungendo i massimi livelli tra i 70 e gli 80 anni. Già dopo i 35 anni, nella zona periuretrale della ghiandola prostatica, si sviluppano piccoli noduli sferici di tessuto che sotto l’influenza ormonale aumentano progressivamente sino a comprimere l’uretra.
Tale fenomeno produce, col passare del tempo, i noti sintomi ostruttivi ed irritativi (urinare spesso la notte, flusso urinario debole e cadente, senso di mancato svuotamento post-minzionale, bruciore minzionale etc…) che tanto influenzano negativamente la vita sociale e di relazione degli individui affetti da questa patologia, oltre ovviamente al rischio concreto, se non tempestivamente trattata, di danneggiare altri organi vitali come i reni.
Numerosi e costosi sono gli esami clinico-strumentali a cui vengono sottoposti i pazienti con ipertrofia prostatica, per non parlare poi di una serie numericamente non indifferente di trattamenti farmacologici e/o fitoterapici che talvolta si rivelano assolutamente inefficaci.
Ecco che a questo punto entrano in gioco le varie tecniche chirurgiche che nell’arco degli ultimi trent’anni hanno subìto importantissimi aggiornamenti soprattutto in relazione alla loro invasività.
Oggi si pone notevole attenzione non solo alla efficacia della tecnica legata alla scomparsa della sintomatologia e dunque al debellamento della patologia in questione ma, contestualmente, assume una certa priorità il “confort” del paziente che viene sottoposto ad una delle tecniche chirurgiche che l’urologo “moderno” intende eseguire.
Si è passati infatti dalla tradizionale adenomectomia sovrapubica trans-vescicale (che prevede un’incisione sull’addome) dove il “confort” non è certo ai massimi livelli, alla resezione endoscopica trans-uretrale per passare ad altre tecniche meno invasive come l’utilizzo delle varie tipologie di laser.
In tal senso la nostra Unità Operativa si è impegnata in una nuova esperienza di tecnica chirurgica assolutamente mini-mininvasiva che ha come razionale l’utilizzo del vapore acqueo sterile erogato, in dosi mirate e controllate, direttamente nella ghiandola prostatica mirando al tessuto ostruttivo, riducendo così il suo volume.
Possiamo affermare che il trattamento dell’Ipertrofia Prostatica Benigna con iniezione di vapore acqueo rappresenta una valida alternativa alle numerose terapie farmacologiche e chirurgiche e può considerarsi un’opzione terapeutica di prima linea con un basso tasso di ritrattamento. Non richiede un impianto permanente, garantisce un significativo e prolungato alleviamento dei sintomi ostruttivi, è ripetibile e non preclude per il paziente l’eventuale utilizzo di altre tecniche più invasive in futuro. E’ ideale per tutti quei pazienti definiti inoperabili per ragioni cardio-circolatorie, respiratorie o in generale per motivazioni anestesiologiche. E’ da sottolineare inoltre che, a differenza di altre tecniche chirurgiche più invasive, il sistema “REZUM” garantisce, per una percentuale prossima al 100%, la regolare attività sessuale. Va da sé che tale circostanza rende molto appetibile la tecnica ai pazienti più giovani o anche ai meno giovani ancora in piena attività sessuale.
Questa nuova tecnica pone oggi l’Urologia di Gela come punto di riferimento europeo per il trattamento mini-invasivo dell’ipertrofia prostatica tanto da far registrare un fenomeno di “sanità in controtendenza”. Numerosi, infatti, sono i pazienti provenienti da altre regioni e da fuori Italia che chiedono d’essere trattati al di là di ogni pregiudizio e questo rende onore non solo al personale medico e di comparto dell’Unità Operativa ma testimonia al tempo stesso, la lungimiranza di una Direzione Aziendale, quale quella dell’ASP di Caltanissetta diretta dall’Ing. Caltagirone, che ha creduto ed investito nei propri uomini ed in tecnologie avanzate”.
Dal pittore Giovanni Iudice, riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta indirizzata al critico d’arte, Vittorio Sgarbi, attualmente ricoverato all’ospedale Gemelli
Caro Vittorio, mi permetto di scriverti perché testimone della tua generosità nei miei confronti e ciò denota la tua magnanimità che deriva solo dall’Arte. Credo che abbiamo avuto un po’ tutti brutti momenti nella vita, fantasmi inesistenti, mente offuscata e angosce, ma poi tutto svanisce e svanirà pure il tuo momento, anzi, i momenti più alti tra i Grandi, hanno visto precedere quelli bui e chi si eleva a “grande” rimarrà nel buio. Solo persone riflessive e sensibili, generose e altruiste, ne subiscono i dolori di una società brutale. Penso ai grandi geni, Caravaggio fuggitivo, Bernini schiacciato dalla borghesia imperante dopo il fallimento dei campanili di San Pietro ma dopo una lunga depressione scolpì “L’Estasi di Santa Teresa” ritenuta il simbolo assoluto del Barocco. Penso a Munch, ricoverato all’ospedale psichiatrico avendo superato pure la “spagnola”nel 1919, altro che Covid e si ritrasse in giacca da camera come malaticcio. Penso a Vincent Van Gogh che dalla sua depressione e allucinazione diurna, andava nel cuore delle distese dei campi per dipingere (curato dal Dott Giachet, questi più depresso del maestro per invidia alla sua pittura…)
La pittura di Vincent, aveva guarito se stesso da ogni forma di cattiveria umana: “…i passanti gli sputavano sui dipinti in corso nelle campagne di Arles…in quelle campagne dove si nutriva del fiume d’oro dei grani luccicanti al sole, dove ne impastava materia corposa pensando a Rembrandt e leggendo Shakespeare …” ; solo un’anima che sa, che ama, è un’anima generosa. Caro Vittorio, tu questo ce lo hai insegnato, e devi continuare a nutrirci di questa misteriosa e invisibile energia che pontifica noi tutti verso una speranza. Continua a parlarci di Bellezza! Siamo qui Vittorio, ti aspettiamo !
Vivere in campagna ha i suoi indiscutibili vantaggi. Tralasciando la retorica della vita bucolica, la cosa che più mi godo della campagna è il cibo che essa spontaneamente e gratuitamente ci offre. Frutta di ogni tipo, capperi d’estate, lumache che vengono fuori con la pioggia. Ma in primavera ci sono loro, i principi dei campi: gli asparagi selvatici. Raccoglierli è come mangiare patatine fritte, uno tira l’altro. Li vedi spuntare e fare capolino tra irti cespugli, vanno staccati sul gambo sulla parte ancora tenera. Raccolto il mio bel mazzetto non rimane che passare ai consigli dello Chef.
Cosa farne? Un bel risottino? Scelta magnifica. Passarli al burro e usarli come contorno per una sanguinolenta bistecca? Mica fate peccato. Ma secondo me la loro “morte” più nobile è con l’ovetto. Viva la semplicità. Qualcuno diceva che le cose semplici sono il rifugio della gente complicata. Può darsi. E allora un cipollotto novello affettato a rosolare in una noce di burro ed un giro d’olio evo. Anche uno spicchio d’aglio schiacciato che poi andremo a togliere.
Mettiamo gli asparagi lavati e tagliati alla meno peggio. Un pizzico di sale ed uno di pepe, se la gradite anche una punta di peperoncino. Bastano davvero pochi istanti. A questo punto rompete un ovetto nel padellino. Un pizzico di sale ed una generosa spolverata di parmigiano reggiano, mettete il coperchio a fuoco dolce giusto un minuto e mezzo per fare sciogliere il formaggio, il tuorlo deve rimanere assolutamente fondente. Mezzo chilo di pane croccante appena sfornato al panificio. Questa la chiamo felicità.
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Il Vangelo della III Domenica di Quaresima ci richiama al tema fondamentale di questo tempo liturgico: la conversione. La Chiesa, priva del “Suo Sposo”, è chiamata a digiunare e a fare penitenza, per arrivare a cambiare radicalmente il proprio cuore, per accogliere Cristo nella celebrazione della Santa Pasqua.Gesù prende posizione su due episodi che avevano causato la morte di “innocenti”: l’uccisione di alcuni Galilei, per ordine di Ponzio Pilato, e il crollo della torre di Siloe. Il Signore ci insegna a guardare questi fatti di cronaca con una prospettiva diversa: le sventure della vita non sono da interpretare come una punizione di Dio, conseguente a colpe personali, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta, perché ama il peccatore ed è sempre disponibile a offrirgli il suo perdono e a salvarlo.Gesù ci invita a leggere i fatti della nostra vita secondo la prospettiva della conversione. Benedetto XVI diceva che “le sventure, le calamità naturali, gli eventi luttuosi non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare vita”. La novità della conversione cristiana sta nel fatto che è stato Dio, per primo, a chiamarci e a noi spetta il compito di fargli spazio nella nostra vita. Benedetto XVI diceva che la conversione significa abbandonare la strada vecchia dell’errore e decidersi di camminare sulla via nuova, che è Cristo Signore.Il brano evangelico conferma quanto sia necessario rinnovare la vita secondo Dio; infatti, ci viene presentata da Gesù la parabola del fico che non dà frutti buoni. Il dialogo che si sviluppa tra il padrone e l’agricoltore manifesta, da una parte, la misericordia di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo – a tutti noi – un tempo per la conversione; e, dall’altra, la necessità di cambiare interiormente ed esteriormente la nostra vita, per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre. Noi siamo come il fico del Vangelo: viviamo solo perché il vignaiolo è paziente, e continua a zappare, senza stancarsi di concimare.Come al fico sterile, così anche a noi ogni giorno viene regalata una nuova possibilità. Nei gesti del contadino è descritto l’agire di Dio verso di noi e l’urgenza della nostra conversione. Dio ci dona tempo e risorse, per accogliere il suo invito e volgere il nostro sguardo verso di Lui. A tutti è data la possibilità di far germogliare nella propria vita i talenti che Dio stesso ci ha donato.Convertirsi è cambiare il proprio sguardo su Dio, passando dall’immagine del padrone all’immagine del vignaiolo che, con pazienza, lavora le zolle della nostra esistenza e sogna sempre di raccogliere qualche frutto buono.