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Giudiziaria

La Procura ha confermato l’accusa: sulle piattaforme informatiche regionali, sono stati caricati dati falsi sull’epidemia Covid

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Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Maria Pia Ticino e Andrea Fusco hanno chiuso le indagini sull’inchiesta sui dati Covid falsi che sarebbero stati comunicati dalla Regione Siciliana al ministero della Salute nel pieno della pandemia.

Sei sono gli indagati per falso in concorso: l’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, l’ex dirigente generale del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) Maria Letizia Di Liberti, il direttore del servizio quattro del Dasoe, Mario Palermo, Salvatore Cusimano dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti e da lei chiamato a lavorare al suo fianco, Emilio Madonia dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid, Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe

Per la Di Liberti e Madonia c’è anche la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi. L’inchiesta condotta dai carabinieri del Nas di Palermo e di Trapani è stata coordinata inizialmente dalla procura di Trapani. Poi era passata a Palermo per competenza.

La procura ha confermato l’accusa: sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali, nei mesi scorsi, sono stati caricati dati falsi sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia. blogsicilia.it

“Le indagini  della Procura della Repubblica confermano l’esistenza di un ‘disegno criminoso’ dei responsabili della sanità in Sicilia dietro il caricamento dei dati nelle piattaforme informatiche del Ministero della Salute. Cosa di cui noi abbiamo sempre avuto il forte sospetto e che abbiamo a più riprese evidenziato anche prima dell’apertura delle indagini. Non a caso avevamo chiesto di audire il Comitato Tecnico Scientifico in Commissione Salute, proprio per farci spiegare come fosse stato possibile il miracoloso aumento del 50% di analisi di tamponi molecolari, schizzati da 5.000 al giorno a 7.500, senza che fossero stati potenziati i servizi di analisi siciliani, in quel periodo in grosse difficoltà. Ora, al di là del fatto se si andrà a processo o meno, le risultanze delle indagini attestano una condotta moralmente inaccettabile dei vertici della Sanità siciliana. Musumeci e i siciliani ne prendano atto”.

 Lo afferma il capogruppo del M5S all’Ars, Nuccio di Paola.

 “Indagati Assessore, delfino del Presidente della Regione, e altri dell’assessorato alla Sanità” commenta Giancarlo Cancelleri apprendendo la notizia della conclusione delle indagini sulla vicenda dei dati covid falsi in Sicilia.
“È evidente che bisogna attendere gli esiti del lavoro della Magistratura, ma oggi ci troviamo di fronte comunque ad una questione, fosse anche solo moralmente, gravissima” osserva Cancelleri.
“La Procura oggi conferma che sono stati caricati dati covid falsi, questo vuol dire innanzitutto aver tradito i siciliani e aver dimostrato l’inadeguatezza di questo Governo di fronte ad una emergenza sanitaria. Razza e collaboratori hanno agito attentando alla salute dei siciliani, con superficialità e disinteresse verso quello che è il bene essenziale di tutti. Nei mesi di timore e incertezze per l’emergenza della pandemia, il governo regionale, come lo stesso Assessore intercettato disse, SPALMAVA I MORTI, senza rispetto e senza responsabilità, incapace di intervenire per limitare i contagi, Razza e chi per lui, rispondevano “semplicemente” caricando dati falsi” continua indignato il Sottosegretario.
“Questo è solo l’ultimo capitolo degli innumerevoli fallimenti di questo Governo, ancora una medaglia della vergogna” conclude Cancelleri.

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Giudiziaria

Non poteva vedere il figlio ed ha subito un ammonimento: il Tar gli dà ragione

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Palermo – Con decreto del 3 aprile 2024 il Questore di Agrigento ha ammonito R.M., invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge, astenendosi da ogni forma di molestia, pressione o minaccia, avvisandolo che se avesse mantenuto comportamenti analoghi sarebbe stato denunciato alla competente Autorità Giudiziaria.

L’ammonimento disposto dal Questore si fondava su una annotazione dei militari dell’Arma dei Carabinieri, redatta in occasione di un loro intervento a seguito di un dissidio tra ex conviventi, in quanto la mamma non garantiva al padre il diritto di visita al figlio minore. Non condividendo l’ammonimento, R.M. proponeva un ricorso innanzi al competente Tar assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, i quali censuravano il provvedimento adottato dal Questore di Agrigento, stante l’insussistenza dei presupposti che lo avrebbero potuto legittimare.

Il Tar Palermo disponeva l’acquisizione agli atti del giudizio delle annotazioni di P.G. redatte dai Carabinieri della Tenenza di Favara, poste a fondamento dell’ammonimento e, successivamente, condividendo le argomentazione degli avv.ti Rubino e Piazza ed a seguito di quanto emerso dall’adempimento dell’ordine istruttorio, sospendeva gli effetti dell’ammonimento in ragione della idoneità del provvedimento ad incidere su posizioni giuridiche soggettive di rilievo costituzionale.Infine, con sentenza del 7 marzo scorso il Tar ha accolto il ricorso proposto dagli avv.ti Rubino e Piazza, annullando l’ammonimento disposto dal Questore di Agrigento. In particolare, il Tar, come evidenziato dagli avv.ti Rubino e Piazza, ha rilevato l’insussistenza delle condotte persecutorie riferite dalla presunta vittima e che gli unici atteggiamenti asseritamente vessatori del ricorrente in danno del padre della ex convivente non concretizzavano alcuna seria offesa, né denotavano un reale atteggiamento minaccioso.

Al contempo, il Tar ha osservato che la richiesta di vedere il proprio figlio e di passare del tempo con lui, pur se non regolamentata da alcun provvedimento giudiziale, quantomeno giustificava l’atteggiamento nervoso del ricorrente. Per effetto della sentenza adesso il papà del minore potrà legittimamente vedere e passare del tempo con il figlio minore, senza temere il deferimento all’Autorità Giudiziaria.

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Giudiziaria

Tar: gli studi radiologici non devono cambiare le attrezzature ogni 10 anni

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Palermo – L’Assessorato della Salute della Regione Siciliana con decreto n. 20 del 9 gennaio 2024 ha disposto che tutte le strutture radiologiche, sia di piccole o medie dimensioni, al fine di conseguire o mantenere l’accreditamento debbano utilizzare delle attrezzature che rispettino un requisito di anzianità di esercizio non superiore a 10 anni, calcolato dalla data di primo collaudo.

Lo standard temporale introduceva un requisito fisso, applicabile a qualsiasi attrezzatura (sia essa a bassa, media, alta tecnologia), indipendentemente dal monitoraggio sulle caratteristiche delle apparecchiature, dalla concreta utilizzazione dei macchinari, senza effettuare alcuna valutazione tecnica sull’obsolescenza di ciascuna attrezzatura in relazione all’utilizzo cui è destinata all’interno della struttura e alla branca di riferimento.

Questo requisito ha creato un grave pregiudizio nei confronti dei titolari di strutture radiologiche che si sono trovati di fronte alla possibilità di dover sostituire macchinari perfettamente funzionanti con attrezzature nuove. Attrezzature del genere, oltre ad essere non semplici da reperire, hanno un costo non indifferente per le strutture radiologiche, che di fronte ad una situazione del genere rischiavano non solo di non poter sostenere delle spese così onerose, ma di perdere l’accreditamento. A fronte di un obbligo come questo, dunque, era in gioco la sopravvivenza delle strutture stesse. 

Per queste ragioni diverse società titolari di strutture radiologiche accreditate e contrattualizzate, della Provincia di Agrigento e di altre Province della Sicilia, che da anni erogano prestazioni radiologiche per il SSR, hanno agito in giudizio con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia. Segnatamente, con apposito ricorso proposto innanzi al TAR Palermo, i suddetti difensori hanno sostenuto che il requisito di anzianità, introdotto in assenza di qualsivoglia attività istruttoria volta a determinare l’effettiva obsolescenza delle attrezzature, fosse irragionevole, non proporzionato e non adeguato.

Il TAR Sicilia Palermo, condividendo le tesi degli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha accolto il ricorso e annullato la previsione, evidenziando come dalla stessa documentazione versata in atti dall’Assessorato si evincesse che “l’anzianità delle apparecchiature, riferita alla “data di primo collaudo”, costituisce solo uno – per quanto importante – degli indicatori applicabili” e che qualsiasi valutazione delle apparecchiature debba tener conto di innumerevoli fattori come il tempo di utilizzo, eventuali aggiornamenti eseguiti ed essere correlata ad una valutazione dell’efficacia, cioè sulla capacità dell’apparecchiatura in concreto a rendere le prestazioni cui è destinata, in relazione ai sistemi disponibili allo stato dell’arte. 

Per effetto della sentenza le strutture radiologiche non saranno obbligate a sostituire le attrezzature che, pur avendo superato 10 anni di attività, risultano essere ancora perfettamente funzionanti.

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Giudiziaria

Omicidio Dezio: condanna definitiva a 12 anni e 8 mesi

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Vittoria – I Carabinieri della Compagnia di Vittoria, in esecuzione di un provvedimento della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catania, hanno rintracciato ed arrestato un cinquantunenne del posto, condannato in via definitiva per l’omicidio volontario di Giuseppe Dezio, avvenuto nel 2016.

I fatti risalgono al 2 febbraio di quell’anno, quando l’agricoltore di Vittoria Giuseppe Dezio venne ucciso da una coltellata alla gola nel corso di una lite, scoppiata in campagna per ragioni legate al passaggio lungo una strada interpoderale.

Inizialmente il padre dell’ arrestato aveva dichiarato di aver agito da solo, per difendere i suoi figli, ma i giudici, già in primo grado, non avevano ritenuto credibile la sua versione.

Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Vittoria e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Ragusa, avevano portato alla condanna del responsabile a 22 anni da parte della la Corte di Assise di Siracusa, pena ridotta dalla Corte di Assise di Appello di Catania a 14 anni di reclusione, con l’assoluzione del padre da subito.

Il 29 gennaio il ricorso proposto davanti alla Corte di Cassazione è stato rigettato, rendendo definitiva la condanna a 14 anni, e la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catania ha emesso un Ordine di Esecuzione per la Carcerazione nei confronti del condannato.

I Carabinieri della Compagnia di Vittoria, ricevuto il provvedimento giudiziario, si sono immediatamente attivati per eseguirlo e hanno rintracciato l’uomo presso la sua abitazione, per notificarlo.

Terminati gli atti di rito, l’uomo è stato tradotto nella Casa Circondariale di Ragusa dove, computata la custodia cautelare cui era stato già sottoposto, dovrà scontare la pena residua di 12 anni ed 8 mesi di reclusione.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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