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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

La Divina Commedia secondo Don Procopio e pensata dalla coppia letteraria Zappulla-Muscarà

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Pubblicata a puntate sul “D’Artagnan”, La Divina Commedia di don Procopio Ballaccheri di Nino Martoglio è la gustosa parodia dell’Inferno dantesco (Canti I -XXI) e, ancor più, di Catania e dei catanesi, in un dialetto sempre in fermento, aperto, mobile, creativo, tra pastiche linguistici, doppi sensi, calembour, funambolismi. Una “Commedia a rovescio”, quella di don Procopio, soltanto in apparenza innocua, in realtà una denuncia, talora fortemente graffiante, della prosopopea di tanti letterati, o aspiranti tali, della corruzione politica, amministrativa, ecclesiastica, sociale, della Catania a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento (che gli procurò non pochi duelli), di singolare attualità, e insieme una briosa opera d’invenzione.

A rimetterlo in circolo la coppia letteraria Zappulla -Muscaà . E’ appena approdato in libreria, per i tipi dell’editore Maimone, il volume “La Divina Commedia di don Procopio Ballaccheri”. Inferno (Canti I – XXI), a cura di Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, ai quali si devono fondamentali studi sui nostri maggiori autori da Verga, De Roberto, Capuana a Pirandello, Martoglio, Patti, e sul teatro siciliano tra Otto e Novecento da Giovanni Grasso a Turi Ferro.

Alla sua Commedia presepiana Il figlio di Iorio Eduardo Scarpetta ha apposto il sottotitolo di Parodia. Vale a dire quel genere letterario che, modificando l’indole, il tono, il carattere, il fine, lo spirito animatore dell’opera originaria e rendendola così ridicola e buffonesca, sostituisce al pathos tragico la vis comica.

       Dal greco paröidìa, che “imita un canto”, travestimento caricaturale, pastiche linguistico di un’opera letteraria, la parodia ripropone elementi del modello testuale che riutilizza, stravolgendoli o portandoli all’assurdo o provocando “lo scoronamento dell’eroe” (Michail M. Bactin). Se la contraffazione è copia letterale, la parodia è trasformazione ingegnosa, creativa. D’altra parte, come osserva Guido da Verona, “non v’è grande opera d’arte la quale non proietti da sé, come un’ombra, la propria caricatura. Più perfetta è quest’opera più facile parodiarla”. Né le parodie debbono o possono scandalizzare giacché, stavolta con Gletto Arrighi, “non si fanno parafrasi né parodie che delle opere e degli autori insigni, Omero, Virgilio, Dante”.

     Ma la parodia di Martoglio, La Divina Commedia di don Procopio Ballaccheri (o il Ballacchieri notabeli della Civita), non portata a termine, apparsa a puntate sul “D’Artagnan” dal 3 settembre 1899 al 9 novembre 1900, è sì la parodia dell’Inferno dantesco ma ancor più, per sua stessa dichiarazione, di Catania e dei catanesi, del poeta Giacomo Patti in primo luogo.  Don Procopio Ballaccheri (lo Duca), lo stesso Martoglio, è qui Dante, il Merro (il Trabante, il cantore, il maestro e guida), il poeta Giacomo Patti, è Virgilio, Cicca Stonchiti (“il sol sbampante”) è Beatrice. Ma il protagonista è don Procopio Ballaccheri che, nel “D’Artagnan”, è stato “quel che poi Oronzo E. Marginati nel ‘Travaso delle idee’; e il Lucatelli lo riconosceva e lo dichiarava; e il Martoglio ne era orgoglioso” (Luigi Pirandello).

        Grande la disinvoltura di don Procopio per nulla intimorito dall’ardua impresa di misurarsi, seppur per gioco, col sommo Poeta nell’uso della terzina dantesca con versi endecasillabi e rima alternata. Gli basta un dialetto sempre in fermento, aperto, mobile, creativo, criteri segnici cangianti, instabilità grafica e lessicale senza posa, ambiguità etimologiche, alternanze, oscillazioni, incongruenze, contaminazioni, pastiche, allusioni, irriverenze, doppi sensi, calembour, funambolismi, parole o sintagmi del tutto privi di senso.

   Fra i personaggi illustri vittime degli strali di don Procopio, scrittori e giornalisti: Mario Rapisardi, “il pueta mundiali”, “omo tanto artero che re del Pindo fuce e del Parnaso tenne in disdegno sempri il mundo intero”, Peppi Burrello, maestro che gli insegnò “come l’uom s’eterna”, Tino Perrotta, poeta e commediografo, “che senti le peccati delle genti e li distina con pinsata dotta”,  il Cervantes del “D’Artagnan”, qui Minosse, Giuseppe Romero, “poeta sagristano”, Robertino Biscari, redattore-capo de “Le Grazie”, Peppi Fazio, commediografo, “ch’ha il prorito di fari il dibetato”, Paolo Arrabito, giornalista Excelsiò, Cosimo Sgroi, “cronista e supercritico teatrale”, Saro Sciuto, “quello che si ’nfurcò nel pier del letto scrittori e giornalista conosciuto”, Pippo Marchese, commediografo; musicisti: Cicco Paolo Frontini, “sommo”, Nino Borzì, “banda Bellini con le trancasse ed i piatti soi”; politici: Giuseppe De Felice Giuffrida, “il quali si trova in tutti gli scarroni, pirchì avi morti vizi”, “che cci prisagisce una mala praneta di doversini scappari di Catania,  ed altri oggette”, Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano, “Sangioliano so’ Eccillenza che di Catania fice spenni e spanne”, Gigi Macchi, avvocato, socialista, Giuseppe Carnazza Puglisi, sindaco di Catania, Pepè Bonajuto, “che per esseri precipitoso nei suoi vogli, volendoci fare la rifardezza al Coverno, appi la sua malanova”, Pasquale Moncada, “lo dio dei malantrini Pasqual Muncada di Fenicia antica, chi ha fatto assai fracasse e assai roini”, Mario Bonajuto Scuto, “cavaliere”, “il magestrato primo di quel paise di simenza”, “che un tempo vosi fare lo ’ndemina menture dei tramiti elettriche e smammò il dio dei papalate, come si vitte in secoto”, “questo fu quello sindaco dei tramme che troppo vosi fare il pitolante”, Antonino Dall’Oglio, “gran prifetto ranni” di Catania, Pietro De Logu, “il gran”, rettore dell’Università di Catania, Giorgio Arcoleo, giurista, politico, letterato di Caltagirone, Luigi Landolina, “gran baroni Lannolino”, sindaco di Catania, Giuseppe Rosso di Cerami, barone, Giuseppe Zappalà Asmundo, “sautampizze”, “barone fui di un vecchio baronato ed in mia vita feci assai prodizze benché più sicco del Signore Asciato”, Giovanni Auteri Berretta, avvocato e politico, “che ognor si munce l’occhie di pianto chine e ognora sferra”; il cardinale Giuseppe Francica Nava, “archimandrita”.

     Frutto di una propensione alle burle dei siciliani, dell’area orientale in particolare, il gusto di Martoglio delle distorsioni caricaturali, degli esperimenti bislacchi, delle divertite contraffazioni. Di lui sul “D’Artagnan”, a firma dell’Amministratore (di fatto, come per i tanti pseudonimi, lo stesso Martoglio), leggiamo: “Il valoroso moschettiere, come tutti sanno, ha il motto: castigat ridendo mores; e difatti ha sempre castigato i mori ridendo. Il turco catanese informi”. 

    Una “Commedia a rovescio”, quella di don Procopio, soltanto in apparenza innocua, in realtà una denuncia, talora fortemente graffiante, della prosopopea di tanti letterati, o aspiranti tali, della corruzione politica, amministrativa, ecclesiastica, sociale, della Catania a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento (che gli procurò non pochi duelli), di singolare attualità, e insieme una briosa opera d’invenzione.

Prefazione

Un giorno, avendo appurato che un certo signor Dante, fabbricante di pelle omonima, aveva scritto un libro soprannominato Divina Commedia e per mezzo di questo libro s’aveva acquistato una certa lomina, mi presi di impegno e muto giubbo feci la mia Commedia che arrisortò più migliore assai della sua.

Aventocela fatto leggeri al direttori del Tartagnan, ci piacìo tanto che fui in costretto di darcela per stamparla nel suo confratello — prima pagina.

Però, siccomi in questa mia Commedia si montuvono dei personi comi si forono morte e inveci sono vive e potendoci esseri un piccolo odore di bastonati, io sin da ora dichiaro che non voglio assumeri corrisponsabelità, quindi, se qualchedunu si sentirebbi offeso è pregato di bastonari solamenti detto direttori — io non mi ci intrico.

In quanto ai versi, se il lettori nni trova quarcheduno con uno o due peri mancanti, mi non s’abbarrùa, che appresso nni troverà altri con parecchie piedi di più. Quindi compenza.

E non dico altro.

don Procopio il Ballacchieri

notabili della Civita.

Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla

Il libro verrà presentato a Gela prossimamente

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“Un dono significativo per l’ospedale Vittorio Emanuele di Gela”

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del Direttore di Presidio dell’ospedale Vittorio Emanuele, dott. Alfonso Cirrone Cipolla

“Desidero esprimere il mio più sincero ringraziamento al Kiwanis Club di Gela, e in particolare alla Presidente Dott.ssa Rita Domicoli, a nome della Direzione Strategica Aziendale, per il generoso dono di due splendidi vasi in ceramica di Caltagirone destinati al nostro ospedale- dice il Direttore Medico del PO Vittorio Emanuele di Gela Dott Alfonso Cirrone Cipolla-

Questo gesto ha tre significati fondamentali:
1. Il dono in sé, che rappresenta un segno tangibile di cura, amore e appartenenza da parte di una grande associazione verso la nostra struttura sanitaria. È un gesto che ci ricorda quanto sia importante il sostegno della comunità e la vicinanza agli operatori sanitari.
2. Il simbolo: I vasi, realizzati in ceramica di Caltagirone e decorati con la raffigurazione della Trinacria, saranno destinati alla nuova sala d’attesa del PO di Gela, al piano terra. Un simbolo forte e significativo, dato che la prima Trinacria fu rinvenuta nel nostro territorio, precisamente in un vaso, ed è oggi esposta nel Museo di Agrigento.
3. L’aspetto educativo: Questi vasi non sono solo un ornamento, ma anche un messaggio. Saranno utilizzati per raccogliere i rifiuti e rappresenteranno un forte segnale di educazione civica: mantenere l’ospedale pulito è un impegno di tutti noi. Un gesto che ci invita a rispettare l’ambiente e a prenderci cura di ciò che ci circonda.

Ancora grazie al Kiwanis di Gela e alla sua presidente Dottssa Tita Domicoli per questa iniziativa che, oltre a decorare la nostra struttura, arricchisce il nostro ospedale di valori fondamentali”.

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“Una politica piccola,una visione senza autorevolezza”

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Dal movimento politico PeR riceviamo e pubblichiamo:


La Politica è dialogo, confronto, anche scontro ma mai deve perdere il senso del rispetto e dell’educazione istituzione.
Ci sara pure un motivo del perché le massime cariche istituzioni non si presentano mai.
A casa mia se invito qualcuno anche se non condivido il suo modo di operare lo accolgo e lo metto a suo agio ( si chiama educazione ), poi dico quello che penso e magari lo critico e faccio valere le mie posizioni. Altrimenti non faccio alcun invito.

Quello che si è consumato ieri l’altro in Consiglio Comunale ha reso la Politica delle istituzioni piccola e senza una visione, senza l’autorevolezza che il ruolo di chi rappresenta le istituzioni deve sempre garantire; decoro, accoglienza ed educazione. Le aspre e dure reazioni devono essere sempre politiche, con proposte utilizzando i poteri che si hanno a disposizione: denuncia, sanzioni, proteste e proposte, ma mai perdere l’educazione e il decoro istituzionale. Come #PeR abbiamo già comunicato che faremo a breve un incontro con delle proposte serie e concrete per la sanità ed i servizi sanitari, le liste di attesa, l’utin e avere anche chiarimenti sui 170 posti, delle 44 unità tra medici, psicologi, infermieri, Oss e tecnici, incontro già fissato. Per dare risposte ai cittadini occorre fare squadra e fare proposte.

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“Se ne faccia una ragione Di Paola, il modello Gela non esiste più”

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Dai dirigenti provinciali di Forza Italia Enzo Cirignotta e Nadia Gnoffo riceviamo e pubblichiamo

Dopo l’Agorà Gela, l’onorevole Di Paola lancia l’Agorà Sicilia per le elezioni provinciali di II livello, ignorando scientemente le contraddizioni che continuano ad emerge nel tanto conclamato modello Gela.Già in occasione dell’assemblea indetta da Cateno De Luca all’Hotel San Paolo di Palermo, e stato definitivamente archiviato il “Modello Gela”, tanto esaltato dal movimento 5stelle.Riteniamo imbarazzante l’approccio del leader regionale dei cinque stelle che con un accorato appello, ha tentato invano di convincere l’On.le De Luca a sostenere il suo progetto. Non nascondiamo il senso di mortificazione che abbiamo provato, come cittadini gelesi, dinanzi all’approccio commiserevole di un parlamentare regionale che ha partecipato all’assemblea con il solo obiettivo di elemosinare sostegno politico da De Luca, che negli anni non ha perso mai occasione per prendere le distanze proprio dallo stesso Di Paola. Addirittura, il leader del movimento Sud Chiama Nord, con un comunicato pubblico sulla capacità politica del deputato pentastellato, ha cosi dichiarato “…il tuo quoziente politico-intellettivo è rimasto quello dei cartoni animati”. Se ne faccia una ragione Di Paola, il “Modello Gela” non esiste piu!


Ci aspettavamo una presa di posizione coerente e consequenziale sia del primo cittadino che dello stesso Franzone. Come prevedibile, invece, siamo costretti a leggere banali giustificazioni rese al solo fine di tenere in piedi il fantomatico “Modello Gela”. La falsa Agorà politica, basata su accordi tra soggetti politici eterogenei, rafforzata al turno di ballottaggio da inciuci, accordi sottobanco e trasversalismi, si trova gia in dirittura di arrivo. Dalla chiusura delle urne, che ha visto l’elezione di Terenziano Di Stefano a Sindaco di Gela, non si fa altro che parlare di cambi in giunta per onorare gli impegni elettorali più o meno chiari, che determineranno inevitabilmente una modifica della rappresentanza, con conseguenze negative sulla continuità dell’azione amministrativa.

Il tanto decantato progetto di governo della città di Gela, a trazione Di Stefano/Di Paola, alla luce delle recenti vicende politiche regionali, trascinerà inevitabilmente la nostra città verso l’isolamento politico.

Agora` politica anche in Sicilia per le elezioni di secondo livello dei Liberi Consorzi? Mera utopia.

Anche perché, il centrodestra regionale ha siglato un accordo per presentare candidati Presidente unitari in tutti i sei Liberi Consorzi.

Il tentativo di Di Paola & company, per arrivare all’elezione di un Presidente del Libero Consorzio a trazione PD/5Stelle, attraverso trasversalismi ed accordi spuri, è destinato miseramente a fallire.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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