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Cronaca

Incendio bene confiscato, Casa Rosetta esprime amarezza e forte inquietudine

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Molta amarezza e forte inquietudine, sono stati espressi dall’Associazione Casa Rosetta dopo l’incendio doloso che nella notte tra il 28 e 29 febbraio scorsi ha prodotto gravissimi danni nell’immobile di Gela proveniente da confisca, per il quale il Comune aveva avviato la procedura di affidamento per la realizzazione di un progetto di utilità sociale.

L’Associazione si è messa volentieri a disposizione delle autorevoli istituzioni che hanno auspicato queste finalità per l’utilizzazione del bene confiscato ed è stata l’unica a partecipare al bando del Comune. C’è stato il preavviso di assegnazione ma non ancora la consegna avendo Casa Rosetta chiesto al Comune di rimuovere alcune condizioni di criticità e di vulnerabilità dell’immobile emerse e verbalizzate nel corso di un sopralluogo in dicembre.

L’Associazione fondata a Caltanissetta quasi quarant’anni fa dal benemerito e compianto don Vincenzo Sorce opera sul fronte delle dipendenze da droga e altro con tre comunità terapeutiche, e sul fronte della disabilità e della marginalità sociale con quattro centri di riabilitazione e con otto comunità alloggio nel Nisseno e in altre parti di Sicilia e d’Italia. A Gela, Casa Rosetta ha proposto la realizzazione di un centro di ascolto e di aggregazione giovanile (su modelli già sperimentati in varie città) per intervenire non soltanto nelle aree del potenziale o già manifesto disagio psicologico adolescenziale e delle dipendenze patologiche da droghe e comportamentali. Il progetto di Casa Rosetta prevede attività ludico-ricreative e di doposcuola, iniziative di educazione e promozione della salute e dell’affettività con l’obiettivo di sviluppare le abilità sociali e potenziare le abilità di vita, azioni di integrazione sociale e di sostegno contro la marginalità sociale e la povertà educativa e la dispersione scolastica.

Casa Rosetta è una onlus (che non distribuisce utili ai soci, né indennità agli amministratori) con quasi quarant’anni di storia e di impegno documentato nel sociale al servizio di persone fragili, emarginate, in situazione di vulnerabilità o di bisogno, e con questa proposta di progetto non ha inteso perseguire alcuna propria utilità, economica o altra; anzi, ha messo in conto di sopportare costi con le proprie economie di gestione, e di impegnare alcune delle professionalità (psicologo, sociologo, educatore professionale, assistente sociale) già operanti in Associazione. La motivazione di questo impegno è nelle finalità statutarie e nello spirito di Casa Rosetta: l’ascolto e il sostegno di persone fragili, emarginate, in situazione di disagio, mettendo al centro dell’attività associativa la persona, la sua integralità, la relazione di “prossimo”. Tutto questo l’Associazione ha progettato di fare anche a Gela con l’intenzione non di “colonizzare” ma di operare in stretta collaborazione con la città mettendo a disposizione le proprie competenze e le proprie esperienze. E ha subito avviato contatti con esponenti del volontariato di Gela, con il laicato cattolico organizzato, con alcuni parroci, con il mondo della scuola (con il sindaco era stata già concordata una riunione con i dirigenti scolastici), con i gruppi scout, con società sportive impegnate nelle attività giovanili (perché il terreno di pertinenza della villa in assegnazione è sufficientemente ampio anche per realizzare un campo sportivo e/o altri impianti). A conclusione di questi contatti Casa Rosetta aveva in programma la costituzione di un’Associazione temporanea di scopo per formalizzare anche giuridicamente le sinergie. Queste prospettive diventano inevitabilmente più lontane dopo l’incendio doloso e i gravissimi danni (che richiederanno al Comune interventi di remissione molto onerosi e lunghi) e le pesanti criticità’.

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Cronaca

Sparatoria dopo rissa in discoteca, gelese in manette

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Un gelese di 27 anni, è stato arrestato dai Carabinieri del Reparto Territoriale, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere: il ragazzo è ritenuto responsabile di porto e detenzione di arma clandestina e ricettazione. La misura, emessa dal Tribunale di Gela su richiesta della locale Procura della Repubblica, trae origine dalle investigazioni avviate dai Carabinieri a seguito di una sparatoria avvenuta a Gela la scorsa estate. In particolare, la notte del 28 luglio scorso, i militari dell’Arma erano intervenuti nei pressi di un’area di servizio, dove un 33enne era stato raggiunto da diversi colpi d’arma da fuoco rimanendo ferito agli arti inferiori.

I carabinieri, giunti sul posto, rivenivano nelle vicinanze del luogo dell’evento una pistola calibro 22 con matricola abrasa, utilizzata per la sparatoria.Le successive indagini hanno consentito di accertare che il ferimento a colpi d’arma da fuoco sia scaturito da una precedente rissa, avvenuta poco prima all’interno di una discoteca cittadina, che avrebbe visto coinvolti sia l’odierno arrestato che la vittima.Sulla base degli elementi acquisiti nel corso delle investigazioni, a carico dell’indagato sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza, in relazione ai quali l’Autorità Giudiziaria ha emesso il provvedimento restrittivo eseguito dai militari. Al termine delle formalità di rito, l’arrestato è stato associato presso la Casa Circondariale di Gela, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

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Maxi blitz contro il narcotraffico, affari con la Stidda gelese

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Avevano un forte legame con la Stidda gelese, con cui facevano affari, le 45 persone indagate nell’ambito di una maxi operazione contro il traffico internazionale di droga, operata dalla Polizia sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Brescia. Trenta gli arrestati reclusi in carcere, dodici ai domiciliari e tre destinatari di misure restrittive alternative.

L’inchiesta ha portato anche all’esecuzione di numerose perquisizioni su vasta scala. Gli inquirenti hanno scoperto un sistema strutturato per l’importazione di droga dal Sudamerica, dal Marocco e dall’Olanda. Le sostanze venivano poi distribuite dalla provincia di Brescia su tutto il territorio nazionale. Individuato a Cussago, in provincia di Brescia, un laboratorio per lo stoccaggio della cocaina. Oltre alla Stidda gelese, i narcotrafficanti avevano rapporti con le famiglie mafiose palermitane di Santa Maria di Gesù, Porta Nuova e Partinico-San Giuseppe Jato, il clan di Villaseta nell’agrigentino, quelle napoletane, i Contini dell’Arenaccia e gli Orlando-Polverino-Nuvoletta di Marano di Napoli e le famiglie Nirta e Strangio di San Luca, in Calabria.

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