Carissime sorelle, carissimi fratelli, figlie e figli carissimi,
sento forte il desiderio di rivolgermi ad ognuno di voi in questo passaggio così sofferto e delicato della vita della nostra Diocesi. Non è facile, non lo è per nessuno di noi, considerare tempo di grazia questo difficile momento di tribolazione.
Eppure il Signore lo permette, affinché ciascuno, con la prontezza che nasce dal desiderio di vivere coerentemente il vangelo, impari ad incentrare la propria attenzione su di lui, sulla sua persona. Lo rammenta con forza l’autore della lettera gli Ebrei: «Avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1-2).
Non entrerò qui nel merito delle vicende che stanno provocando tanta sofferenza alla nostra comunità e che saranno valutate dalla magistratura, nella quale riponiamo la nostra massima fiducia. Vi scrivo, da pastore e da fratello, su due aspetti essenziali che ci riguardano come comunità.
Il primo. In quanto vescovo di questa Chiesa, è mia cura vigilare con solerzia su coloro che oggi subiscono scandalo, affinché nessuno si perda di coloro che il Signore ci ha affidato e quanti sono lontani restino colpiti dal modo con cui testimoniamo la verità e la nostra scelta di Dio. Ricordiamoci che la Chiesa è fondata sul Risorto. E noi Chiesa – dal Santo Padre, ai vescovi, ai presbiteri, al popolo di Dio – rimaniamo suoi seguaci, pur segnati dai nostri limiti, dall’infedeltà al vangelo che sempre ci insidia. Per questo, anche se la ferita del peccato dovesse manifestarsi nella nostra comunità e nei suoi presbiteri, vi prego in ginocchio: non venga meno la vostra fede! Chiediamo insieme allo Spirito di sostenere e di accrescere la fede della nostra Chiesa.
Il secondo. Voglio con forza rassicurarvi: il vostro vescovo ha agito con rettitudine di coscienza, nel pieno rispetto delle regole, avendole a cuore e avendo soprattutto a cuore ogni persona. Essere cristiani comporta il cercare innanzitutto la giustizia, in modo speciale per quanto riguarda la difesa dei più deboli. Da sempre condanno ogni forma di abuso come delitto di estrema gravità e di deboli. Nello stesso tempo valuto necessario l’ascolto dell’accusato e ancor più necessario che la giustizia faccia il suo corso. Offriamo al Signore la nostra sofferenza, intrisa del dolore di tutti gli abusati, del peso di responsabilità degli accusati.
Ci sostenga in questo momento la forza messianica di Gesù, il suo essersi consegnato agli altri. Nulla potrà separarci dall’amore con cui il Signore ci ha amato (cfr. Rm 8,35). È con questa consapevolezza che siamo chiamati a far fronte a questo tempo, con sentimenti di umiltà e fiducia. Non desistiamo dall’ancorarci in lui (cfr. Eb 6,19), e il richiamo alla sequela, a quella parola di grazia che fu pronunciata dallo Spirito di Gesù come eloquio d’amore e lieta notizia per una vita nuova, possa ritornare vivido nel nostro cuore, nel cuore delle nostre comunità.
Da fratello vi saluto con affetto e da padre vi benedico di cuore.
Rosario Gisana