Due donne. Due donne diverse ma accomunate dalla passione per la cultura. Due donne che hanno vissuto pienamente la città per impegno professionale e sociale. Due donne che decidono di profondere in un libro la loro fantasia e conoscenza. Sono Maria Cristina Vecchio Verderame e Marina Incardona che ieri al Palazzo Mattina di Gela, grazie all’iniziativa del Rotary club di Gela hanno presentato a pubblico ed alla città libro “il Piccolo Gattopardo”. La relazione introduttiva è stata declamata dalla prof.ssa Silvana Cassarà che ha inquadrato il testo nella saga delle famiglie che tanta letteratura ha attraversato: dai Florio, ai Vicerè, a Marianna Ucrìa , per citarne alcuni. Il libro racconta la storia del padre di Cristina Vecchio Verderame in Comunale e della sua vita. È vissuto a Licata a cavallo di due epoche, fine 800 e primi 900. Nel libro Licata viene chiamata Pizzo e tutti i nomi e i riferimenti reali sono stati cambiati per esigenze legali. Apparteneva ad un famiglia potente che ha contribuito nel dare una notevole impronta nello sviluppo della cittadina, sia in campo commerciale, sia in campo sociale e politico. È la storia di un uomo dal carattere duro che si comporta da padre-padrone con le donne della sua vita, le quali reagiranno in modo diverso, ribellandosi alla sua autorità. E’ la storia romanzata della vita di Matteo Fortunato Vecchio Verderame, vissuto a cavallo fra due epoche: fine 800 e primi 900. E come ha già affermato Maria Cristina nasce dall’esigenza di rendere omaggio al suo caro che non c’è più e che ricorderà sempre con affetto, perché sempre sarà presente nel suo cuore.
Se per don Matteo, Cristina era la sua principessa, per Cristina don Matteo, sarà sempre il padre adorato. Il libro racconta la storia di un uomo il cui carattere maschilista ben si adeguava ai tempi in cui le donne dovevano obbedire, mentre gli uomini esercitavano su di esse, la loro prepotenza, comportandosi da padre-padrone e, mortificando, ogni qualvolta ce ne fosse stato bisogno, ogni tentativo di ribellione da parte loro. Leggendo il romanzo, vedrete che le due donne più vicine a lui si ribelleranno, in modo diverso, al fare autoritario di don Matteo che nel romanzo viene chiamato don Giosuè. Sonja, la sua prima moglie, il cui vero nome era Wally, tenterà di fargli la fattura, che come ben sapete non è altri che un rituale magico, finalizzato a sottrarre o accrescere l’energia vitale di un individuo. Infatti Sonja voleva fiaccare le sue forze e ridurlo all’impotenza, essendo a conoscenza della sua relazione con Margherita, nella realtà Angela, la madre di Cristina. Non accettando questo tradimento, era messa nelle mani di un balordo che con le sue pozioni magiche, a suo dire, le prometteva la soluzione alle sue angosce.
“La ribellione di Costanza, nella realtà Cristina prima figlia di don Giosuè e Sonja, sarà più incisiva e determinante, perché con una escamotage un po’ contorta, lo allontanerà per sempre dalla sua vita – ha detto Marina Incardona – A tal proposito per far comprendere meglio la gelosia e la caparbietà di don Matteo. Ma il suo espediente non renderà felice né lei né il padre, al quale viene inferto un duro colpo, che lo lascerà talmente sbigottito da non farsene una ragione per tutta la sua vita. Don Matteo è stato un uomo colto raffinato, appartenente ad una famiglia potente di quei tempi, che ha impresso una notevole impronta nello sviluppo della cittadina, sia in campo commerciale, sia in campo sociale e politico. Ma è anche la storia di un uomo con tutte le sue contraddizioni in un tempo di contraddizioni. Con tutte le sue responsabilità, con le sue miserie e le sue nobiltà, ma soprattutto con i suoi drammi. Un uomo nel quale si intersecano sentimenti di amore e di non direi di odio, ma piuttosto di risentimento. Un uomo, le cui passioni e l’amore, lo hanno spinto, gioco-forza, ad imboccare una strada piuttosto che un’altra, ma quasi sempre senza pentimenti, perché caparbio nelle sue azioni. Tutto sommato un ottimista che non si abbatte facilmente dinanzi alle avversità della vita, infatti soleva dire: “Cadono gli anelli ma le dita rimangono”. A significare che dalle cadute ci si può in qualche modo rialzare. Ed in effetti con dignità e coraggio seppe affrontare il disagio economico che aveva suscitato il capovolgimento della sua vita.
Non è soltanto la storia romanzata della sua vita, ma è anche la storia delle donne che gli ruotano intorno, dando un senso a questa sua vita: Wally, la prima moglie, che è stata certamente una vittima, poiché come si usava a quei tempi, si obbediva ciecamente alle decisioni prese dal padre, il quale l’aveva costretta ad accettare un matrimonio da lei non voluto. Una donna che non conobbe mai un momento di felicità e, anzi, nel tentativo di sottrarsi alla sua infelicità, ci rimise financo la vita.
Cristina, la sua prima figlia, e pupilla di Matteo Fortunato., Fu costretta a subire la sua prepotenza e la sua gelosia per gran parte della sua giovinezza. Ma di certo non si può considerare una vittima, poiché con la forza e la determinazione della sua giovane età, si ribellerà al padre e lo terrà fuori dalla sua vita.
Angela, seconda moglie e madre di Maria Cristina, era una ragazza che aveva subito il fascino di un uomo colto, ricco ed elegante, la quale, con la complicità della madre, aveva intrecciato una relazione con lui, che sfocerà nel matrimonio, dopo la morte di Wally. A sedici anni aveva subìto il fascino di quell’uomo, e tutta la sua esistenza vissuta accanto a lui, fu accettata con amore, con quell’amore che gli dedicò fino alla sua morte. A causa della malattia che lo divorò negli ultimi tempi, don Matteo non sentirà arrivare la morte, non se ne renderà nemmeno conto, ma quando arriverà, vedrà al suo capezzale i suoi figli e la moglie e non ci sarà un prete che lo assolverà magari dai suoi peccati, insinuandogli fra le labbra la particola, perché era ateo e forse solo la sua famiglia lo assolverà dai suoi peccati.
Possiamo affermare che è un romanzo dove la ricostruzione storica fa da sfondo ai fatti narrati. E’ una storia ritmica, scandita, che avvolge il lettore pagina dopo pagina, una storia sospesa su un ponte instabile tra un passato che non vuol saperne di farsi seppellire e un presente forse mai del tutto comprensibile”.
La lettura del romanzo non vi annoia, perché è come un ottimo vino tenero, gradevole, amabile, che si beve tutto d’un fiato.
La lettera aperta dei residenti di Borgo Valentina sulle ‘panchine vaganti’, ha aperto una polemica infinita che, nel mondo della politica, finisce, come di consueto, con un invito a farsi da parte.
Il consigliere comunale Massimiliano Giorrannello del gruppo politico ‘Una buona idea’, che ha seguito la vicenda in prima persona e che è stato additato in quanto ‘reo’ di essere salito a bordo di un mezzo della Ghelas, risponde e fa chiarezza.
“Mi preme intervenire per fare chiarezza rispetto a post ed articoli di giornale che sono stati emessi nelle ultime ore. Lo ritengo doveroso per evitare strumentalizzazioni in quanto, ogni azione è stata effettuata al fine di garantire la corretta gestione del patrimonio comunale.
Alcuni residenti ci hanno più volte segnalato la presenza di soggetti in un’area del complesso residenziale borgo Valentina che disturbavano la quiete pubblica. È stata effettuata una verifica dagli uffici Comunali ed è emersa anche la presenza di panchine di proprietà comunale collocate in un’area privata e, soprattutto, prive delle necessarie autorizzazioni.
Si tratta di panchine che in origine erano state installate nel piazzale di fronte la Chiesa dei Cappuccini, poi temporaneamente rimosse durante il periodo del Covid e che ritorneranno al proprio posto. Tuttavia, la loro ricollocazione è avvenuta in un luogo che, ad oggi, non risulta essere di competenza comunale. Per quanto mi riguarda, desidero precisare che mi sono recato sul posto col mio mezzo personale e che, mi sono limitato a salire, per un breve tratto, sul mezzo della Ghelas esclusivamente per accompagnare gli operatori, che non riuscivano ad individuare l’area ove erano state posizionate le panchine.
Ritengo di non aver commesso alcun abuso o violazione e di aver agito nell’interesse della città. Garantire il corretto posizionamento degli arredi urbani e pubblici, soprattutto a valle di numerose segnalazioni effettuate dai cittadini, credo sia doveroso da parte di chi lavora giornalmente a fianco dell’ amministrazione in maniera del tutto proattiva. La vera domanda da porsi è semmai, chi ha collocato le panchine in quell’area nel 2020 senza le dovute autorizzazioni.
L’impegno, condiviso con l’amministrazione, è quello di installare le panchine in area comunale rispettando tutti gli iter autorizzativi e ridonare i beni ai cittadini.Mi auguro che questa mia dichiarazione possa spegnere ogni polemica e fare chiarezza su quanto realmente accaduto. Assicuro tutti i cittadini, tutti, che il mio operato è finalizzato solo a lavorare per il bene della mia amata città”.
Beatrice Maria Castiglia, studentessa del 3° anno del Liceo artistico “E. Majorana” di Gela è la vincitrice assoluta del premio “Rocco Sauna”. Il suo progetto dal titolo “La rinascita di Montelungo. Il giardino dei pensieri” ha convinto la giuria che le ha assegnato il primo posto; secondo premio a Flavia Grasso con il progetto “Radici e futuro”, anche lei studentessa del liceo artistico “Majorana” i cui progetti sono stati seguiti dalla docente Sonia Madonia; terzo posto a Hillary Gambino del Liceo delle scienze umane “Eschilo” con “Gela con 1-click” e a seguire Gaspare Famà del Liceo scientifico “E. Vittorini” con il progetto “Rigenerazione urbana: Gela respira di nuovo” che ha partecipato con la supervisione della docente Valentina Di Benedetto.
A scegliere i 4 vincitori che hanno ricevuto complessivamente un premio in denaro dal valore di 1.500,00 euro, è stata una giuria qualificata presieduta dall’Ing. Orazio Samparisi e composta da Grazia Arena, docente di Geografia presso l’Università di Catania; Rita Calò, avvocato; Andrea Cassisi, giornalista; Maria Lina La China, dottore in Urbanistica e Pianificazione territoriale e dirigente scolastico del comprensivo “San Francesco-Capuana” e Saverio Scicolone, docente e architetto.
Un premio speciale del presidente della Giuria inoltre è stato assegnato a Emanuele Brattoli, studente del liceo scientifico. Menzioni speciali per i partecipanti: Stefania Paola Miriam Sajeva, Rosario Giovanni Paolo Rinaldo, Giancarlo Picchioni, Giuseppe Rizzo, Gaia La Russa, Sofia La Cognata, Agnese Buccheri e Alexandra Dobranis, Maria Sefora Vella e Mariarita Voddo e Chiara Carpitella e Giuliana Maria Palumbo, Gaia Nogara e Fabiana Pantaleo, Francesca d’Antoni e Benedetta de Simone. La cerimonia è stata impreziosita dalla presenza di Maurizio Carta, ordinario di Urbanistica e Pianificazione territoriale all’Università di Palermo e attuale assessore alla rigenerazione urbana, allo sviluppo urbanistico della città policentrica e alla mobilità sostenibile del comune di Palermo, autore, tra gli altri, di “Romanzo urbanistico. Storie dalle città del mondo” (Sellerio 2024), un saggio acuto sulla rigenerazione urbana, una guida per viaggiatori attenti e curiosi, un romanzo «urbanistico» per capire le città del mondo e immaginare futuri possibili. “In questo libro racconto di storie di luoghi che, con visione e coraggio, sono diventati più vivibili, sostenibili e accoglienti – ha detto Carta -. Le città non sono solo strade e palazzi, ma spazi in cui si costruisce il nostro futuro. Voglio ispirare chi le abita e chi le amministra a immaginare e realizzare città migliori per tutti.Ogni città ha dentro di sé la capacità di cambiare, basta saperla riconoscere e coltivare. Spesso pensiamo che il futuro sia scritto altrove, ma sono le scelte quotidiane, le idee innovative e l’amore per il proprio territorio a fare la differenza. Ho voluto raccontare esempi concreti di trasformazioni riuscite, per dimostrare che un cambiamento positivo è sempre possibile. Non servono solo grandi progetti, ma anche piccoli gesti e una comunità che crede nel proprio potenziale. Le città del futuro nascono oggi, e ognuno di noi può esserne protagonista”, ha concluso. I partecipanti, lo ricordiamo, sono stati complessivamente 54 tra gli studenti di Gela che si sono messi in gioco con creatività e impegno, affrontando temi di grande attualità come l’ambiente e l’uso intelligente degli spazi urbani. Le loro proposte, tra le altre, hanno spaziato da idee innovative per valorizzare le aree dedicate ai giovani fino a soluzioni per realizzare piste ciclabili e promuovere una mobilità sostenibile. Un segnale positivo quello raccolto dalle scuole coinvolte, che hanno risposto con entusiasmo e dimostrando grande sensibilità verso questi temi. La qualità e l’originalità dei progetti presentati, dunque, confermano il valore di questa iniziativa che punta a ispirare un futuro più vivibile e inclusivo per i gelesi, segno di un interesse crescente verso un’urbanistica che sia più attenta alle esigenze soprattutto delle nuove generazioni. Il premio ha voluto dedicate la memoria all’Ing. Rocco Sauna, stimato professionista e figura di riferimento per la comunità di Gela, in favore degli studenti meritevoli della città, ed è stato voluto dalla famiglia “Sauna Samparisi” con il supporto del Centro di cultura e spiritualità cristiana “Salvatore Zuppardo” di Gela ed il patrocinio dell’Ordine degli Ingegneri di Caltanissetta.
Vendita solidale di arance questa mattina davanti la chiesa di Sant’Antonio: l’iniziativa viene promossa dal Kiwanis club presieduto da Rita Domicoli. Ieri la raccolta dei frutti presso la tenuta del socio Gaetano Contrafatto e questa mattina il banchetto allestito nel cuore del quartiere Caposoprano.
Obiettivo dell’iniziativa quello di sostenere la causa sociale ed i progetti sportivi dell’associazione Orizzonte, presieduta da Natale Saluci. Il gesto del Kiwanis è stato molto apprezzato dall’associazione, che ha sottolineato la sensibilità mostrata dal club per le attività che puntano alla vera inclusione attraverso lo sport con il movimento Special Olympics.