Viviamo un’era di crisi economica, di valori perduti che mettono a rischio i settori dei servizi e dell’economia. Viviamo un’era di morte presunta. Perché se non ci sono medici sufficienti, apparecchi elettromedicali e farmaci salvavita, bastano pochi minuti per arrivare tardi. In Sicilia poi… è tutto un rebus e a Gela siamo già zombie senza speranza. Fortunati se non arriva la malattia e condannati se si presenta. Eppure, come in tutte le cose della vita, il nero non è tutto nero e il bianco non è sempre candido. Ci sono le mezze misure, le oasi di solidarietà che ripagano di tante spaventose carenze.
Fra queste oasi, nella sanità, spiccano all’ospedale Vittorio Emanuele di Gela il reparto di malattie infettive e quello di nefrologia. Ne ha fatto esperienza la famiglia del coeditore del gruppo RadioGela Express e ‘IlGazzettinodiGela’, Francesco Mangione che ha perduto il suo capostipite Luigi, si, ma sente di pronunciare un encomio pubblico attraverso il giornale online. “Tutto il periodo di degenza di mio padre – racconta l’editore Mangione – è stato contrassegnato da un abbraccio di solidarietà, competenza ed abnegazione di cui tutti i componenti della mia famiglia, siamo rimasti positivamente colpiti. Tutti. A partire dal personale Osa, a quello di assistenza alla persona, agli infermieri, ai medici ed ai primari del reparto di Malattie Infettive dott. Pulvirenti e di Nefrologia dott.ssa Costanza, che lo hanno non solo curato come meglio non si sarebbe potuto fare, ma anche accudito, coccolato e assistito psicologicamente.
Ci siamo sentiti avvolti da un’aura di presenza viva e di competenza che non dimenticheremo. I medici, di fronte all’acutizzarsi delle patologie che si incrociavano in un unico corpo, organizzavano briefing dedicati per decidere insieme la terapia da adottare per tentare l’impossibile per salvarlo. Un’organizzazione di eccellenza che non ci saremmo aspettati stante le cronache che si susseguono a ritmi incalzanti nei giornali in cui emergono solo nefandezze; una struttura che non ha nulla da invidiare a nessuna struttura sanitaria.
E tutto fondato sulla professionalità e l’amorevolezza del personale profusa nei riguardi del nostro congiunto ed anche verso noi che attraversavamo inermi il ponte che lo attendeva. Mi piange il cuore nell’apprendere che questi reparti rischiano la chiusura. Mio padre non c’è più. Il buon Dio, evidentemente, aveva deciso di prenderlo con sé ma la famiglia Mangione non può che rendere un pubblico ringraziamento per come è stato assistito fino alla fine. Grazie”.