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Il dolore delle tragedie greche come fonte di studio scientifico

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La vivacità culturale del Lions Club di Gela Ambiente Cultura Territorio di cui è presidente l’Avv. Manuela d’Arma e dell’Associazione ex Allievi del Liceo Classico Eschilo di Gela di cui è presidente la Prof.ssa Maria Grazia Falconeri ci ha regalato, ieri sera, un interessantissimo evento presso la ex Chiesa di San Biagio.

Tre illustri relatori, grandi studiosi della psicologia della Gestal Therapy, hanno conversato su l’Agamennone, tragedia tra le più belle di Eschilo, prima della trilogia Orestea, che quest’anno verrà riproposta al Teatro greco di Siracusa.

Intervallati dalla trascinante e appassionata recitazione dell’attrice Giada Costa, moderati dal D.S. Cetta Mongelli che ha dialogato con maestria con loro, Antonio Sichera, prof. Ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea dell’Università di Catania, il prof. Giovanni Salonia, ofm, psicologo, psicoterapeuta, professore di psicologia sociale, stimato luminare della Psicologia della Gestalt, direttore della Scuola di Specializzazione in Terapia della Gestal Kairos e la prof.ssa Paola Argentino, psichiatra, direttrice dell’Istituto di Neuroscienze e Gestalt “Nino Trapani”, si sono rivelati profondi conoscitori dell’animo umano, con tutte le dinamiche e le sfaccettature: animo, psiche, spirito.

Hanno reso la conversazione di un’attualità sconvolgente come d’altra parte sono sempre i valori etico-religiosi e politico-sociali della tragedia greca classica.

 Il prof. Salonia ha dichiarato che l’elemento propulsivo del confronto con la saggezza del mondo greco come viene rappresentata nelle tragedie, è comprendere il mistero dell’uomo e dell’uomo che soffre.

Al centro il problema del dolore, della colpa, della responsabilità, del castigo. Da dove viene all’uomo il dolore? Esso viene solo dalla condizione umana o all’interno della condizione umana esiste la responsabilità del singolo?

E’ stata un’affascinante indagine sulla relazione tra colpa, pena,espiazione, conoscenza. E proprio la riflessione su Agamennone, sul figlicidio, sul uxoricidio e poi, sfociando su Oreste,sul suo matricidio ci portano a riflessioni di tragica attualità. Agamennone che uccide la figlia per la patria, Ifigenia dalle due anime, prima implora il padre di non sacrificarla e poi accoglie la causa del padre e va alla morte in silenzio, Clitemnestra , madre di Ifigenia, che vendica la figlia uccidendo Agamennone, ecco una successione di atti sacrileghi e che però non sono lontani da noi e non solo in quei fatti tragicamente cruenti, ma spesso questi atti si riscontrano nelle genitorialità, nei rapporti d’affari, nelle piccole comunità come nelle grandi comunità mondiali.

E per la prof.ssa Argentino, psichiatra e psicoterapeuta, ancora oggi, la donna spesso è considerata propensa al sacrificio e al silenzio, donna/casa in contrapposizione all’uomo/polis, questi nuclei sociali sono interdipendenti ma spesso ancora distanti.

Così le relazioni sono stati illuminanti per noi uomini di questo tempo senza certezze e nostro malgrado catapultati in una guerra al cuore dell’Europa.

C’è una speranza per l’uomo che soffre? I relatori hanno parlato dell’importanza della parola, del contatto. Ogni contatto, in ottica terapica gestaltica, implica una fase conflittuale nella quale entrano in crisi gli equilibri esistenti e una fase costruttiva attraverso la quale si perviene ad una nuova sintesi. “E’ una sola parola che basta a salvare una vita” e questa parola per il prof. Sichera è amore. Spogliando questa parola da interpretazioni di tipo barocco, mieloso o troppo romantico dire amore significa incontro.

Incontro in cui la fatica della relazione significa essere aperti al dialogo con il pensiero altrui, disposti ad ascoltare, capaci di compagnia e insieme di pensiero, di comprensione del corpo e di creatività della parola.

La parola, la speranza e il perdono, solo queste categorie relazionali, potranno salvare l’umanità.

D. S. Concetta Mongelli

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Cucina

Vivere in campagna

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Vivere in campagna ha i suoi indiscutibili vantaggi. Tralasciando la retorica della vita bucolica, la cosa che più mi godo della campagna è il cibo che essa spontaneamente e gratuitamente ci offre. Frutta di ogni tipo, capperi d’estate, lumache che vengono fuori con la pioggia. Ma in primavera ci sono loro, i principi dei campi: gli asparagi selvatici. Raccoglierli è come mangiare patatine fritte, uno tira l’altro. Li vedi spuntare e fare capolino tra irti cespugli, vanno staccati sul gambo sulla parte ancora tenera. Raccolto il mio bel mazzetto non rimane che passare ai consigli dello Chef.

Cosa farne? Un bel risottino? Scelta magnifica. Passarli al burro e usarli come contorno per una sanguinolenta bistecca? Mica fate peccato. Ma secondo me la loro “morte” più nobile è con l’ovetto. Viva la semplicità. Qualcuno diceva che le cose semplici sono il rifugio della gente complicata. Può darsi. E allora un cipollotto novello affettato a rosolare in una noce di burro ed un giro d’olio evo. Anche uno spicchio d’aglio schiacciato che poi andremo a togliere.

Mettiamo gli asparagi lavati e tagliati alla meno peggio. Un pizzico di sale ed uno di pepe, se la gradite anche una punta di peperoncino. Bastano davvero pochi istanti. A questo punto rompete un ovetto nel padellino. Un pizzico di sale ed una generosa spolverata di parmigiano reggiano, mettete il coperchio a fuoco dolce giusto un minuto e mezzo per fare sciogliere il formaggio, il tuorlo deve rimanere assolutamente fondente. Mezzo chilo di pane croccante appena sfornato al panificio. Questa la chiamo felicità.

Chef Totò Catania

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La parola della domenica

“Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)

In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Il Vangelo della III Domenica di Quaresima ci richiama al tema fondamentale di questo tempo liturgico: la conversione. La Chiesa, priva del “Suo Sposo”, è chiamata a digiunare e a fare penitenza, per arrivare a cambiare radicalmente il proprio cuore, per accogliere Cristo nella celebrazione della Santa Pasqua.Gesù prende posizione su due episodi che avevano causato la morte di “innocenti”: l’uccisione di alcuni Galilei, per ordine di Ponzio Pilato, e il crollo della torre di Siloe. Il Signore ci insegna a guardare questi fatti di cronaca con una prospettiva diversa: le sventure della vita non sono da interpretare come una punizione di Dio, conseguente a colpe personali, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta, perché ama il peccatore ed è sempre disponibile a offrirgli il suo perdono e a salvarlo.Gesù ci invita a leggere i fatti della nostra vita secondo la prospettiva della conversione. Benedetto XVI diceva che “le sventure, le calamità naturali, gli eventi luttuosi non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare vita”. La novità della conversione cristiana sta nel fatto che è stato Dio, per primo, a chiamarci e a noi spetta il compito di fargli spazio nella nostra vita. Benedetto XVI diceva che la conversione significa abbandonare la strada vecchia dell’errore e decidersi di camminare sulla via nuova, che è Cristo Signore.Il brano evangelico conferma quanto sia necessario rinnovare la vita secondo Dio; infatti, ci viene presentata da Gesù la parabola del fico che non dà frutti buoni. Il dialogo che si sviluppa tra il padrone e l’agricoltore manifesta, da una parte, la misericordia di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo – a tutti noi – un tempo per la conversione; e, dall’altra, la necessità di cambiare interiormente ed esteriormente la nostra vita, per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre. Noi siamo come il fico del Vangelo: viviamo solo perché il vignaiolo è paziente, e continua a zappare, senza stancarsi di concimare.Come al fico sterile, così anche a noi ogni giorno viene regalata una nuova possibilità. Nei gesti del contadino è descritto l’agire di Dio verso di noi e l’urgenza della nostra conversione. Dio ci dona tempo e risorse, per accogliere il suo invito e volgere il nostro sguardo verso di Lui. A tutti è data la possibilità di far germogliare nella propria vita i talenti che Dio stesso ci ha donato.Convertirsi è cambiare il proprio sguardo su Dio, passando dall’immagine del padrone all’immagine del vignaiolo che, con pazienza, lavora le zolle della nostra esistenza e sogna sempre di raccogliere qualche frutto buono.

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Rassegna Epicicli, pubblico entusiasta per lo spettacolo “Odisseo superstar”

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Pubblico entusiasta per il secondo appuntamento di Epicicli 2025. “Odisseo superstar: l’eroe di cui nessuno aveva bisogno” ha incantato tutti. Spettacolo musicale sfavillante e ricco di suggestioni, ha alternato momenti di grande ilarità a momenti colti e raffinati.

I cinque attori in scena Andrea Di Falco, Gabriele Manfredi, Andrea Pacelli, Gabriele Rametta e Pierantonio Salvo Valente hanno saputo dare vita a uno spettacolo sapiente, elegante, divertente e sempre arguto. Considerato il grande successo ottenuto, lo spettacolo sarà replicato domenica 27 aprile alle 18 al Teatro Antidoto.

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