Una passeggiate virtuale nel cimitero monumentale di Gela, per osservare ciò che ogni cittadino ha visto distrattamente, per comprenderne la storia, gli elementi architettonici, gli usi di un tempo che fu e che resta se compresi opportunamente. A questo mira l’opuscolo edito dal club service Soptimist diretto da Laura Cannilla e dall’associazione Ex Allievi di cui è responsabile Maria Grazia Falconeri e redatto da Nuccio Mulè.
Un compendio di storia profusa nel luogo santo dei morti dove ogni sepoltura narra un pezzo di civiltà antica per le foto che ritraggono costumi, pettinature, ambienti; per i fregi istoriati, per gli epitaffi che rivelano i segreti della lingua in evoluzione perenne. Per queste motivazioni i due organismi sociali hanno voluto pubblicare il compendio di storia che in originale avrebbe potuto estendersi in duecento pagine e che, invece è stato pubblicato in quasi 40 pagine, condensato di uno studio ben più importante. Ieri sera, nell’adeguata cornice dell’area in cui giganteggiano le Mura Federiciane, si è parlato del culto dei morti con Salvina Fiorilla e della pubblicazione introdotta dalla riflessione di don Giuseppe Siracusa. L’evento ha avuto come tema ‘L’arte negli spazi della memoria’.
“Da sempre l’uomo si è confrontato con il dilemma della morte – sostiene Siracusa – affermando la signorìa della vita e dell’eternità del tempo. Il cimitero monumentale con il suo patrimonio di foto, architetture, ci incoraggia a sostenere ogni sforzo educativo rivolto alle nuove generazioni”.
La celebrazione e la cura dei defunti risale già al periodo del Paleolitico medio intorno al 100000 a.C., periodo a cui fanno riferimento le tombe ritrovate a Qafzeh vicino a Nazareth e quella di Neanderthal in prossimità di Dusseldorf. I ritrovamenti di Shanidar in Iraq nella tomba n. 6, ci raccontano come Cinquantamila anni fa il culto dei morti avesse un peso identico ad oggi, con lo scheletro posto al centro di un cerchio costituito da blocchi e deposto su un giaciglio di steli di efedra guarnito di fiori.
Più in là nel tempo nel Paleolitico superiore (35000 a.C.) iniziano a comparire anche gli oggetti che fanno parte del corredo del defunto, borse da viaggio, oggetti ornamentali inoltre inizia a fare la sua comparsa l’ocra rossa. Per poi fare un salto ed andare nel tempo degli Egizi, in cui il culto dei morti è diventata un’arte.
Attraverso l’ausilio di immagini esplicative Salvina Fiorilla ha ripercorso le tappe del concetto del culto dei morti che nasce con l’uomo e si perpetua nel tempo per poi approdare al tempo di oggi in cui ogni valore è messo in discussione e si portano avanti nuove idee in cui la memoria viene annullata.
“I giovani, oggi, forse non sanno neppure chi sono i loro antenati – ha detto la Fiorilla – eppure i cimiteri sono la testimonianza del passato che andrebbe recuperate e consegnata alle nuove generazioni”.
Poi la presentazione del volumetto pregna di storia. La ricerca di Mulè è stata concentrata sull’archivio storico del Comune di Gela, salvato in extremis dal macero, dove si raccontano le fasi della progettazione e della realizzazione secondo il disegno originario che conserva tuttora. Il cimitero monumentale risale agli anno ’40 del XIX secolo e la sua sede era lontana dal centro storico. Un tempo le famiglie facoltose facevano di tutto per ottenere una sepoltura nelle chiese, ma l’incremento demografico e l’Editto di Saint Cloud di Napoleone che ebbe eco al di là dei confini della Francia, rese necessaria la realizzazione del Camposanto. Lapidi preziosamente realizzate da artigiani dello scalpello, adornate di balconcini in ferro ancora conservati in angoli della prima sezione. Personaggi della storia come l’ultimo garibaldino d’Italia, gelese e sepolto nella sua terra, un epitaffio di Mario Rapisardi celebre poeta catanese, la maestosità architettonica delle cappelle gentilizie, danno l’idea di uno spaccato di storia da custodire gelosamente. Eppure, in varie occasione questa memoria è stata messa in forse con ordinanze di estumulazioni dei morti antichi per fare spazio e cancellare le generazioni che hanno dato vita a quelle attuali: per cancellare la storia!
Ragusa – Non solo a Gela, ma anche a Ragusa. Il problema del personale regionale destinato ai musei è generalizzato. E tutto resta uguale.
“Piove sul bagnato sul museo archeologico ibleo di Ragusa. Alle vecchie inefficienze che denunciamo da tempo inascoltati si aggiunge ora quella delle chiusure improvvise, come quella avvenuta ieri senza alcun preavviso, che ha reso, per la terza volta dall’inizio dell’anno, l’istituzione culturale off limits ai visitatori.
Tutto questo è inaccettabile. Le inefficienze sono ormai troppe e Comune e Regione continuano a dormire”. La denuncia è della deputata regionale M5S Stefania Campo. “Ieri Il Museo Archeologico Ibleo di Ragusa è rimasto chiuso senza nessun avviso e preavviso, e non è la prima volta che succede. Dall’inizio dell’anno la mancata apertura si è verificata già due volte, e siamo ancora alle prime settimane di gennaio.
Lo stesso è accaduto anche sotto le festività natalizie. Solo facendo delle specifiche richieste abbiamo appreso che il motivo risiede nella mancanza di personale; un solo impiegato regionale e due lavoratori Asu, in effetti risultano al di sotto di qualsiasi ragionevole parametro. Eppure, per risolvere il problema, sarebbe bastato stabilizzare gli Asu, perché difatti tutti i siti museali in provincia di Ragusa, che fanno capo alla Regione, vantano un organico di 19 dipendenti regionali e di altrettanti Asu, ma evidentemente non sono distribuiti in maniera equa per garantire a tutti i siti archeologici la stessa possibilità di fruizione”.
“In pieno mese di agosto – continua Campo – avevamo già denunciato pubblicamente le condizioni di abbandono del museo ed erano subito arrivate rassicurazioni per una maggiore attenzione e per una serie di provvedimenti, ma ad oggi nulla sembra essere cambiato, se non in negativo, come l’aumento del costo del biglietto. E così il museo Archeologico continua a non venire valorizzato e a rimanere in balìa dei continui rimpalli di responsabilità e oneri fra l’amministrazione del Parco di Kamarina e Cava d’Ispica, soggetto gestore, e il Comune di Ragusa, a guida Cassì, proprietario dell’immobile”.
“Ieri – racconta la deputata – non siamo riusciti a entrare per fare un ulteriore sopralluogo ma sappiamo di certo, che le problematiche denunciate in estate non sono state affrontate e ci riferiamo, solo per fare qualche esempio, alla mancanza di collegamento internet fisso, all’assenza di una biglietteria elettronica, alla mancanza di un impianto di condizionamento climatico, alla totale assenza di un sistema di efficiente allarme e di opportuna videosorveglianza, e si potrebbe continuare. Ciliegina sulla torta, ci risulta che non sia stata ancora restituita al sito ragusano l’intera collezione ‘Il ripostiglio di Castelluccio’ trasferita, si diceva, momentaneamente, al Convento della Croce a Scicli. Pertanto, i visitatori, che pagano per intero il biglietto a Ragusa, troveranno ben tre teche ancora vuote e senza alcuna spiegazione”.
“L’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Scarpinato – conclude Campo – ci aveva promesso lo scorso agosto che sarebbe venuto a constatare di persona, ma finora non lo ha fatto. Ci piacerebbe che la stessa solerzia che l’assessore ha avuto nell’intitolare il museo all’archeologo fascista Pace, senza confrontarsi con la città di Ragusa, l’avesse anche per la buona conduzione del museo
L’assessore regiomale alla Sanità Giovanna Volo ha convocato una riunione sull’Utin del Vittorio Emanuele non attivato da 15 anni per il 23 gennaio a Palermo.
Questo il testo della lettera scritta dal sindaco Di Stefano e dall’assessore Franzone ai vertici del governo regionale e alla depurazione nazionale e regionale:
“Siamo venuti a conoscenza,tramite la stampa, della richiesta formale fatta al Tavolo tecnico per la rimodulazione ospedaliera, per prevedere una Utinpresso il Presidio Ospedaliero Sant’Elia di Caltanissetta. Premesso che l’Utinè già prevista all’interno del territorio dell’ASP CL 2, più precisamente all’interno del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele III di Gela, sin dal 2010 (D.A. 25 maggio 2010) e perennemente riconfermata fino all’ultimo riordino ospedaliero. Che i cittadini e le associazioni del gelese hanno più volte manifestato, negli anni, a sostegno dell’attivazione dell’Utin, finanche presentando esposti, interrogazioni al Ministro della Salute, persino facendo venire a Gela la troupe di Mi Manda Raitre per un servizio sulla mancata apertura dell’Utin.
Ad oggi, dopo 15 anni, quella di Gela rimane l’unica Utin siciliana a non essere in funzione.
L’utin venne individuata a Gela nel 2010, dopo l’intervento della Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli errori Sanitari, allora presieduta dall’On. Leoluca Orlando, a seguito dei dati fatti pervenire ad esso dal CSAG (Comitato per lo Sviluppo dell’Area Gelese), tali dati indicavano tre precisi punti, ancora oggi attuali:
1) L’area Gelese ha un numero di nascite notevolmente superiore alla zona di Caltanissetta.
2) A Gela c’è una altissima incidenza di malformazioni neonatali, superiore a qualunque altra area della Sicilia.
3) Gela (70.856 ab) dista 80 km dall’Utin più vicina, Caltanissetta (58.353 ab.) dista appena 15 KM in linea d’aria dall’Utin più vicina, localizzata ad Enna (25.332 ab.).
Inoltre, ogni Libero Consorzio siciliano ha al proprio interno una sola Utin, i Liberi Consorzi di Siracusa, Trapani e Agrigento, con circa 400.000 abitanti hanno una sola Utin, quindi, non ci spieghiamo perché si dovrebbe discutere di una ulteriore Utin nel Libero Consorzio di Caltanissetta che ha appena 247.000 abitanti, per giunta in una zona dove già insiste un’altra Utin che dista pochissimi KM.
Come amministrazione di questa città, vogliamo ribadire la nostra posizione, che coincide con quella dell’intera comunità gelese: non siamo disponibili, dopo 15 anni, a tollerare nuove individuazioni di Utin in Sicilia se prima non viene attivata l’Utin di Gela.
Stretti, come le sardine in scatola, su un marciapiedi angusto sotto la pioggia. Sono gli utenti dell’ufficio postale di via Verga. La foto scattata stamattina si commenta da sola.
Non va meglio per chi ci lavora. Lo scarico di lettere e pacchi avviene in una zona priva di parcheggi e in condizioni non di sicurezza. Quando piove la situazione si complica.