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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

I linguaggi dei virtualescenti: videogame violenti, comportamenti bullistici

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Continua l’attività di ricerca dello psicologo di Gela Vincenzo Cascino, Docente del Dipartimento di Scienze della Salute
Università degli studi Genova che, di recente, ha ampliato il suo curriculo con la pubblicazione di un lavoro sulla rivista specializzata Qtimes sul tema:

“I linguaggi dei virtualescenti: videogame violenti, comportamenti aggressivo-bullistici e aggregazione col gruppo dei pari devianti”, tanto dibattuto in letteratura scientifica alla luce del nuovo rapporto fra adolescenti e tecnologia e conseguenze sulle quali riflettere.

Viene presentato è il frutto di un lavoro di ricerca che Cascino ha svolto per indagare il rapporto esistente tra videogiochi violenti , comportamenti aggressivo-bullistici e aggregazione con il gruppo dei pari devianti: esiste una relazione tra videogiochi violenti, comportamenti aggressivi verso coetanei sino alla messa in atto di atti di bullismo e aggregazione con il gruppo dei pari devianti.
La presente ricerca nasce dal desiderio di comprendere, in una società come la nostra, se alcuni oggetti mediali come i videogiochi possono influenzare alcune dinamiche interpersonali nei nativi digitali.

Ne condividiamo un estratto.


“Nell’analizzare la problematica non dobbiamo dimenticare che il videogioco rappresenta il primo momento di incontro dei bambini con il mondo digitale. Infine, occorre sottolineare che negli ultimi anni si stanno ampliando e diversificando le proposte dei generi presenti sul mercato: accanto ai giochi violenti – «sparatutto» e «picchia duro» – il mercato propone anche videogame che coniugano sempre più cultura, informazione, oggetti di riflessione e di critica sulle dinamiche sociali, divenendo veri e propri medium comunicativi.

Nei fatti si sta compiendo un passaggio da forme di intrattenimento ludico fini a se stesse a metafore del grande gioco della realtà della vita, anche grazie al fatto che, processori sempre più veloci e potenti uniti a schede grafiche e sonore evolute e di elevata qualità, permettono di progettare realtà virtuali molto simili alla vita quotidiana.


Tutto ciò impone la necessità di riflettere sui nuovi modelli di gioco della cultura contemporanea. La riflessione pedagogica nei confronti dei videogiochi ha assunto da subito un atteggiamento di criticità e allarmismo, sottolineandone gli aspetti preoccupanti legati alla violenza e alla potenziale devianza e omettendo le potenzialità formative dello strumento videogioco, sia come oggetto esso stesso di formazione, sia come strumento formativo e come contenitore di informazioni. Preliminarmente occorre notare che alcuni videogiochi non assumono rilevanza relativamente ai processi cognitivi, all’apprendimento e alla comunicazione perché si limitano ad attivare funzioni neurali di tipo percettivo-motorio, azioni automatiche di stimolo-risposta, che nel lungo periodo rischiano di danneggiare le capacità di apprendimento dato che tendono a limitare l’attenzione selettiva.

Tuttavia, accanto a questi videogiochi che potremmo definire «meccanici» vi sono quelli che richiedono strategia e riflessione, ebbene, relativamente a questi ultimi recenti studi di neurologia hanno dimostrato che il videogioco favorisce una stimolazione del cervello dei giocatori, poiché, contribuendo a stimolare la mente del videogiocatore attivano l’attenzione selettiva e perciò l’intelligenza in un modo nuovo ed originale.
Esiste un’offerta videoludica ricca di temi e contenuti «alternativi» rispetto ai prodotti solitamente pubblicizzati dalla stessa editoria del settore. Ci si riferisce ad una nutrita produzione di giochi digitali (gratuiti e scaricabili dalla rete) che presentano una notevole complessità tematica, estetica ed ideologica, i cui produttori e disegnatori sono indipendenti da case produttrici che regolano il mercato globale, ma intendono proprio sviluppare nei giochi aspetti legati all’informazione critica, allo stravolgimento di un pensiero omologante, alla produzione di una riflessione critica e consapevole sulla società attuale.

1¹Sono i cosiddetti serious games, ovvero «videogame sovversivi», «giochi persuasivi», «giochi invincibili», newsgames.
Della violenza dei media si è occupato, fra l’altro, il recentissimo Studio delle Nazioni Unite sulla Violenza contro i Bambini sostenendo che la comunità è una fonte di protezione e solidarietà per i bambini, ma può anche essere un luogo di violenza. La violenza può anche essere associata ai mass media ed alle nuove tecnologie di informazione e comunicazione. I mass media alcune volte descrivono la violenza come normale o la esaltano. Il cyberbullismo, ad esempio, attraverso Internet o attraverso i telefoni cellulari è documentato in tempi recenti.
Il nostro disegno di ricerca vuole utilizzare quello utilizzato da Cascino e i cui risultati sono stati esposti in altra sede (Cascino, 2016, pp.163-182).

Analisi della letteratura nazionale e internazionale

Le posizioni degli autori che hanno esaminato il rapporto tra videogiochi violenti e aggressività sono alquanto numerose e contrastanti per cui si è ritenuto utile riassumerle e dividerle in due gruppi:

Studi che non trovano correlazioni significative tra videogiochi violenti e aggressività

Bavelier et al. (2012);
Bediou et al. (2018);
Cole & Griffiths (2007);
Ferguson et al. (2014);
Ferguson, (2015);
Ferguson, & Wang (2021);
Greitemeyer & Mugge (2014);
Haagsma et al. (2013);
Hou (2011);
Szycik et al. (2017);
Uttal et al. (2013);
Voida & Greenberg (2009);
Zhang et al. (2021).

Studi che trovano correlazioni significative tra videogiochi violenti e aumento dei tassi di aggressività.

Anderson, & Bushman, (2001; 2002) ;
Anderson, et al. (2003);
Anderson & Carnagey, (2004);
Bartholow, Bushman, & Sestir, (2006);
Hull et al. (2014);
Kühn et al. (2018);
Polman, de Castro,& van Aken, (2008);
Przybylski & Mishkin (2015);
Triberti & Argenton, (2013).

Obiettivi
Si vuole verificare se esistono:
differenze significative tra adolescenti che utilizzano i videogiochi violenti per più di 3 ore al giorno (Gruppo Sperimentale) e coloro che invece non usano videogiochi (Gruppo di Controllo) In altri termini si cerca di capire se sono più aggressivi e hanno maggiore probabilità di aggregarsi al gruppo dei pari gli adolescenti che trascorrono tanto tempo (più di 3 ore al giorno) a giocare con i videogiochi violenti oppure sono meno aggressivi e meno inclini ad aggregarsi al gruppo dei pari devianti coloro che non utilizzano i videogiochi violenti come «passatempo»
differenze nei punteggi delle dimensioni della aggressività e nell’aggregazione al gruppo dei pari devianti tra gruppi degli adolescenti di età differenti. Gli adolescenti di quale età risultano cioè essere più aggressivi e con maggiore probabilità nell’aggregazione del gruppo dei pari devianti?

?

Il campione, formato da 532 adolescenti di età compresa tra i 12 e i 19 anni, è stato suddiviso in due gruppi: Gruppo sperimentale (GS) e Gruppo di controllo (GC). Il criterio utilizzato per la formazione dei gruppi si è fondato sul grado di familiarità che l’adolescente aveva con i videogiochi violenti. A tal fine è stato appositamente costruito, dallo scrivente, un questionario (VG.Fam2014) a scopo informativo, formato da 8 semplici domande cui l’adolescente era invitato a rispondere. Obiettivo del VG era quello di comprendere se l’adolescente utilizzava i videogiochi violenti per più di 3 ore al giorno oppure no. Tutti gli adolescenti sono stati sottoposti alla somministrazione del questionario e, sulla base dei risultati ottenuti, sono stati costruiti i due campioni di cui sopra.

La ricerca ha coinvolto diverse scuole (secondaria di primo e secondo grado) del Sud Italia così come descritto nella tabella 1.

4.2. Descrizione del campione

TABELLA 1
Composizione del campione

classi
N
Classi
N
Camp
Tot.
M
Tot.
F
Tot.
M
n.
Sper.
M
n.
Contr.
F
n.
Sper.
F
n.
Contr.
Sec.I grado
15

316
160
156
104
56
96
60
Sec.II grado
14
216
103
113
63
40
82
31

.

Gli strumenti utilizzati nella ricerca sono stati:
Aggressione fisica e verbale (Caprara e Pastorelli, 1993)
Questa scala valuta l’inclinazione all’aggressione in ambito interpersonale E’ composta da 20 item che valutano la frequenza con la quale i ragazzi assumono comportamenti aggressivi fisici e verbali verso gli altri. Il formato di risposta è a cinque posizioni (1 = mai/quasi mai, 2 = poche volte, 3 = qualche volta, 4 = tante volte, 5 = molto spesso).
Aggregazione con il gruppo dei pari devianti (Capaldi e Patterson, 1992)
Misura le caratteristiche dei compagni frequentati dal ragazzo, relativamente a condotte antisociali come rubare e mentire. Si tratta di una scala composta da 3 item che misurano l’aggregazione con i pari devianti fuori dalla scuola, con formato di risposta a 2 posizioni (1 = vero; 2 = falso).
VG.Fam2014
Misura il tempo trascorso ai videogiochi violenti.

  1. Modalità di somministrazione

Le scale e il questionario sopra menzionati sono stati somministrati dallo scrivente, in forma collettiva, a tutti alunni (sia del GS sia a quelli del GC).
Le scale danno punteggi grezzi che poi sono stati interpretati sia individualmente sia collettivamente in termini di medie (punteggi medi) e di deviazioni standard.

  1. Analisi dati

Per la verifica delle ipotesi di cui sopra è stato applicato il modello della varianza, ANOVA:

a un fattore, la Tipologia, presente con due modalità (gruppo sperimentale – gruppo di controllo), allo scopo di confrontare le medie delle classi sperimentali con le medie delle classi di controllo in relazione a ciascuna delle dimensioni (aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti) individuate nella ricerca.
Ciò serve per capire se sono più aggressivi e più propensi ad aggregarsi a un gruppo di pari devianti gli adolescenti che usano in maniera massiccia i videogiochi violenti (gruppo sperimentale) rispetto agli adolescenti che non utilizzano i videogame (gruppo di controllo);
a un fattore, l’Età, presente in numero di sei gruppi nel campione delle scuola secondaria di secondo grado, in numero di tre gruppi nel campione delle scuola secondaria di secondo grado allo scopo di confrontare le medie dei diversi gruppi di età in relazione a ciascuna delle dimensioni individuate nella ricerca. Ciò è importante per capire in quale fascia di età si sviluppa maggiormente il tasso di aggressività e la probabilità di aggregarsi al gruppo dei pari devianti

7.1. Ipotesi sulle differenze nell’ aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti tra le classi sperimentali e quelle di controllo

In relazione all’ipotesi circa la differenza nelle medie dei punteggi delle dimensioni dell’aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti tra le classi sperimentali e le classi di controllo, come risulta dalla tabella 4, i risultati evidenziano:

nel sottocampione delle classi della scuola secondaria di primo grado, le medie delle classi sperimentali non sono significativamente diverse dalle medie del gruppo di controllo (p > 0.05), in nessuna delle due dimensioni Ciò significa che gli adolescenti che hanno utilizzato i videogiochi non risultano essere più aggressivi né tantomeno aggregarsi al gruppo di pari devianti rispetto agli adolescenti che non utilizzano in maniera sistematica i videogiochi
nel sottocampione classi della scuola secondaria di secondo grado, le medie delle classi sperimentali non sono significativamente diverse dalle medie del gruppo di controllo, fatta eccezione per la dimensione «aggregazione con il gruppo pari devianti» (p = 0.034), nella quale il gruppo sperimentale presenta una media significativamente più alta del gruppo di controllo. I risultati per ciò che riguarda le classi della scuola secondaria di secondo grado in parte confermano ciò che è stato evidenziato per gli adolescenti delle classi della scuola secondaria di secondo grado, tranne nella dimensione «aggregazione con il gruppo pari devianti», nella quale gli adolescenti che passano più tempo ai videogiochi risultano essere decisamente più propensi ad aggregarsi con i gruppi dei pari devianti rispetto agli adolescenti che non fanno uso di videogiochi

7.2. Ipotesi sulle differenze nei punteggi delle dimensioni della aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti tra gruppi di alunni di età differenti

In relazione all’ipotesi circa le differenze nei punteggi delle dimensioni (aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti) tra gruppi di alunni di età differenti, come mostra la tabella 4, i risultati evidenziano:
nel sottocampione delle classi della scuola secondaria di secondo grado c’è una significativa differenza nella media dei Gruppi solo nella dimensione della «Aggressività fisica e verbale» (p = 0.019); in particolare:
il Gruppo 1 (15 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 2 (16 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 3 (17 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 4 (18 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni).

Risultano, dunque essere più aggressivi gli adolescenti più piccoli (15,16,17,18 anni rispetto a 19 anni) mentre non sono propensi ad aggregarsi con gruppi dei pari devianti. Su questo ultimo punto (aggregazione al gruppo dei pari devianti) non possiamo fare nessun confronto con la letteratura internazionale perché non ci sono dati a nostra disposizione.
nel sottocampione delle classi della scuola secondaria di primo grado, c’è una significativa differenza tra le medie, al limite nella dimensione «aggregazione al gruppo dei pari devianti» (p = 0.051); in particolare:
il Gruppo 1 (12 anni) ha una media più alta del gruppo 3 (14 anni);
il Gruppo 2 (13 anni) ha una media più alta del gruppo 3 (14 anni).

I risultati della ricerca dimostrano che la dimensione «Aggressività fisica e verbale» scompare mentre diventa significativa la propensione degli preadolescenti ad aggregarsi con il gruppo dei pari devianti. Anche su questo ultimo punto (aggregazione al gruppo dei pari devianti) non possiamo fare nessun confronto con la letteratura internazionale perché non ci sono dati a nostra disposizione.

Per quanto concerne la prima ipotesi, (esiste una differenza nelle medie dei punteggi delle dimensioni della aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti tra le classi sperimentali e le classi di controllo?), siamo in grado di concludere che nel campione della ricerca tale differenza non è stata riscontrata, fatta eccezione, per la dimensione della «aggregazione con il gruppo pari devianti», nella quale il gruppo sperimentale presenta una media significativamente più alta rispetto al gruppo di controllo.
Per quanto concerne la seconda ipotesi (differenze nei punteggi delle dimensioni della aggressività fisica e verbale e aggregazione con il gruppo dei pari devianti tra gruppi degli adolescenti di età differenti) siamo in grado di concludere che nel sottocampione delle classi della scuola secondaria di secondo grado c’è una significativa differenza nella media dei Gruppi solo nella dimensione della «Aggressività fisica e verbale» (p = 0.019); in particolare:
il Gruppo 1 (15 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 2 (16 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 3 (17 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni);
il Gruppo 4 (18 anni) ha una media più alta del gruppo 5 (19 anni).

Risultano, dunque, essere più aggressivi gli adolescenti più piccoli mentre non sono propensi ad aggregarsi con gruppi dei pari devianti.

Nel sottocampione delle classi della scuola secondaria di primo grado, c’è una significativa differenza tra le medie, al limite nella dimensione «aggregazione al gruppo dei pari devianti» (p = 0.051); in particolare:
il Gruppo 1 (12 anni) ha una media più alta del gruppo 3 (14 anni);
il Gruppo 2 (13 anni) ha una media più alta del gruppo 3 (14 anni).

I risultati della ricerca dimostrano che la dimensione «Aggressività fisica e verbale» scompare mentre diventa significativa la propensione dei preadolescenti ad aggregarsi con il gruppo dei pari devianti.

Alla luce delle argomentazioni fin qui proposte, occorre considerare il videogame come strumento contemporaneo nella «valigia degli attrezzi» di un buon educatore, insegnante, formatore, come un media che si differenzia, come tale, dagli altri media in relazione alle abilità che presuppone, da utilizzare in una logica di didattica integrata con gli strumenti educativi «tradizionali» di cui non si pone in discussione la centralità nel processo educativo e formativo.
Per riprendere le parole di Pierpaolo Limone:

Molti adolescenti intraprendono percorsi di crescita, sviluppo personale, costruzione identitaria e conquista della libertà di espressione, circondati da insegnanti e genitori preoccupati più dai rischi dei media che delle loro possibilità. […] Internet predispone al multitasking, contribuisce allo sviluppo di strategie di problem solving complesse, aiuta nella strutturazione di relazioni reticolari tra concetti. I videogame migliorano il coordinamento senso motorio fine, ma soprattutto sono straordinarie macchine didattiche. (2007, pag.143)

La sfida per gli educatori rimane aperta, siamo tutti immersi, consapevoli o meno, in «mondi paralleli», in un gioco di simulazioni tra realtà reali e iperrealtà o realtà digitali, «Mondi Attivi», «Second Life», piattaforme di partecipazione simulata, nuovi territori in cui incontrare l’alterità, per simulare azioni possibili in una realtà che non toglie, ma aggiunge esperienze, possibilità, sperimentazioni. E sicuramente possiamo affermare che:

lo spazio che rimane aperto è quello dell’educazione e per l’educazione: di una educazione che sappia costruire e insegnare modelli tecnologici dalla parte dell’uomo e della donna […] e sappia farlo testimoniando essa stessa un uso critico e consapevole di modelli tecnologici avanzati. Adottando, cioè, modelli tecnologici in cui rimanga sempre presente, irrisolta, la dialettica tra tecnica e pedagogia. (2002, pag. 25)

I nuovi orizzonti di senso che offrono le tecnologie possono contribuire a rispondere ad un panorama sempre più complesso di bisogni formativi dell’attuale società, andando sempre più nella direzione di una pedagogia della complessità, che offra sempre più interrogativi e sempre meno risposte attese, andando oltre ad una mera dualità tra bene e male, tra positivo e negativo, assumendo piuttosto la consapevolezza delle potenzialità di un altro uso del pensiero convergente, che rifiuta l’azione di un «pensiero unico», omologante. L’ipotesi di una didattica dei videogiochi, dunque, si muove verso una direzione di senso che ha al centro l’idea di persona «intesa come vitalità esistenziale […] su cui va costruito un progetto-persona colorato di “possibilità” e di “utopia” esistenziale», (Frabboni,1999, pag 45) per poter promuovere una logica multiforme e problematica attraverso cui l’individuo (inteso informazione continua) possa orientarsi autonomamente, nella capacità, quindi, «di porsi da punti di vista differenti in rapporto ad argomenti ed attività differenti, con l’elasticità necessaria ad adattarsi al “diverso”, la prontezza richiesta dalla percezione del “nuovo”, la flessibilità indispensabile ad un mutamento incessante di prospettive e valori quale un mondo in rapida trasformazione socioculturale presenta oggi in tutte le sue direzioni» (1975, pp. 183-184)
Le agenzie formative non dovrebbero denigrare i videogiochi nel loro insieme, in quanto, se pensati e realizzati secondo criteri pedagogici, potrebbero rivelarsi ottimi strumenti di apprendimento. Giocando, o videogiocando, l’adolescente, pur non accorgendosi di essere nel bel mezzo di un’attività educativa, assimila schemi mentali e comportamentali, che tenderà, poi, ad applicare nella sua quotidianità. Sarebbe consigliabile, in tal senso, che le scuole iniziassero programmi di sperimentazione per l’inserimento della tecnologia all’interno dei percorsi didattici: le potenzialità delle nuove risorse, che l’adolescente ha spesso modo di incontrare in ambito famigliare, andrebbero sfruttate con maggiori competenze ad opera di educatori in grado di decodificarne i messaggi impliciti.
La difficoltà maggiore sta nella scelta del materiale, in quanto, spesso, il produttore realizza l’oggetto secondo criteri commerciali, enfatizzando la violenza come attrazione principale, non preoccupandosi delle conseguenze che le sue scelte comportano.
Occorre ribadire la ferma opposizione ai wargame come agenti di desensibilizzazione, l’assuefazione alla violenza, la libertà del giocatore di scegliere armi e mezzi corazzati, la necessità di eliminare il nemico a tutti i costi per poter sopravvivere, lo stress che l’eccessivo realismo comporta, possono essere lesivi dell’equilibrio psicofisico del bambino. Il «no» alla guerra reale potrebbe partire proprio dal «no» alla guerra virtuale formando giocatori di pace si annullerebbe il problema culturale della guerra?
Anche la scuola, dunque, dovrà scegliere quale direzione intraprendere per svolgere il proprio compito nel miglior modo possibile, sviluppando appieno le peculiarità degli adolescenti, come soggetti autonomi e attivi, senza trascurare il rispetto reciproco che garantirà future relazioni funzionali tra gli adulti di domani”.

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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

“Non accogliere i migranti è veramente un peccato grave quanto l’aborto?”

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Dal nostro lettore arch. Roberto Loggia, riceviamo e pubblichiamo

“Il Papa, alla richiesta di un’indicazione di voto riguardo alle prossime elezioni statunitensi ha affermato che entrambi i candidati (Harris e Trump) “…sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti (Trump), sia quello che uccide i bambini (Harris)”. E poi ha affermato: “Non andrò a votare lì, ma non si può decidere. Mandare via i migranti, non dare loro la capacità di lavorare, non dare ai migranti accoglienza è un peccato, è grave”.

Si tratta di affermazioni che richiedono quantomeno una riflessione in ragione del fatto che paiono presentare una sovversione della verità oggettiva ma soprattutto dei principi fondamentali della fede cattolica. Questa analisi non vuole essere un attacco alla persona di Bergoglio ma una mera analisi critica, terra terra, che è anche dovere preciso di ciascun cristiano per poter attuare quel discernimento che è alla base di ogni cammino di crescita nella fede.

Mi limiterò ad esprimere tre semplici considerazioni:Non mi pare proprio corretto affermare che Trump butti i migranti o comunque è certamente un’espressione esasperata che rende un’immagine distorta della realtà. È vero infatti che le sue politiche sono notoriamente mirate a contenere il fenomeno dell’immigrazione clandestina e selvaggia ed alla stessa stregua è vero che queste politiche rispondono peraltro a dei valori cristiani di attaccamento alla propria patria ed alla propria identità; valori che erano stati espressi a chiare lettere dagli ultimi Papi.

Mi sia consentito di citare, sul punto, il messaggio di Benedetto XVI per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato del 2013: “Certo, ogni Stato ha il diritto di regolare i flussi migratori e di attuare politiche dettate dalle esigenze generali del bene comune, ma sempre assicurando il rispetto della dignità di ogni persona umana…”.

Ed ancora: “Nel contesto socio-politico attuale, però, prima ancora che il diritto a emigrare, va riaffermato il diritto a non emigrare, cioè a essere in condizione di rimanere nella propria terra, ripetendo con il Beato (ora Santo) Giovanni Paolo II che ‘diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che però diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione’ (Discorso al IV Congresso mondiale delle Migrazioni, 1998)”: è oggettivamente e cristianamente insostenibile ed inascoltabile l’affermazione secondo cui opporsi all’immigrazione (di qualsiasi genere essa sia) è un peccato che equivale, anche per gravità, a quello commesso da chi abortendo uccide i bambini nei grembi delle proprie madri.

Ma Bergoglio non solo lo afferma ma lo fa addirittura definendo questi due peccati entrambi “contro la vita” e questo è proprio un errore in termini: ammesso e non concesso che resistere all’immigrazione sia un peccato, tutt’al più potrebbe risultare un peccato contro la carità e certamente non contro la vita.Si tratterebbe peraltro di un peccato la cui sussistenza dipenderebbe dalla predisposizione d’animo dell’agente, nel senso che sarebbe tale soltanto nel caso e nella misura in cui il soggetto politico disponente la misura repressiva dell’immigrazione sia mosso dalla cattiveria e dall’odio contro i migranti e non dall’intento di controllare e porre un argine ad un fenomeno che, se incontrollato, finirebbe per pregiudicare la sicurezza ed il benessere nazionale.Ma per fortuna nei cuori ci guarda solo Dio.

L’aborto è in realtà un peccato gravissimo, talmente grave che prima che Bergoglio ne svilisse la gravità comportava la scomunica e poteva essere assolto soltanto da un Vescovo.Come si può paragonare la soppressione della vita di un innocente indifeso con la mancanza di accoglienza nei confronti dei migranti che peraltro sono quasi sempre uomini nel pieno della loro giovinezza e del loro vigore? Inoltre cosa vuole dire Bergoglio quando consiglia di “scegliere il male minore”? Qual è per lui il male minore? Nella vita cristiana si suole dire che «Chiarità è carità».

Ecco allora che lo sforzo di essere trasparenti e di adottare la limpidità del linguaggio è un preciso dovere cristiano, come tra l’altro consiglia lo stesso Gesù: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno» (Matteo 5, 37). Perché Bergoglio si è allora espresso in maniera così oscura? Quella che ha dato non è né una risposta né un’indicazione ma, considerata unitamente alla sua premessa, pare essere una mera invettiva nei confronti di Trump, basata sulla distorsione della verità (si rimarca che Trump non butta i migranti sebbene sia a favore di politiche mirate a contenere l’immigrazione) e che pare essere stata artatamente concepita per confondere il popolo di Dio ponendo le politiche antimmigrazioniste sullo stesso piano di quelle abortiste quando in realtà queste ultime sono le uniche ad essere con certezza contro Dio e contro la vita.

In definitiva secondo Bergoglio se non accogli un estraneo che si presenta a casa senza mai essere stato invitato e lo fai perché magari temi per l’incolumità dei tuoi familiari, commetti un peccato grave, e pari per gravità, a quello che commetteresti se uccidessi un bambino o una bambina appena nata!Non voglio arrivare ed esprimere conclusioni riguardo a tale anomalia. Non mi compete. Ma una riflessione andava fatta.

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L’Associazione ‘Diritto & Donna’ esprime cordoglio per Francesca Ferrigno

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Da Rosa Iudici, Presidente dell’associazione ‘Diritto & Donna’ riceviamo e pubblichiamo

“Esprimo il mio cordoglio per la donna uccisa a coltellate, ieri a Gela, per mano del figlio. Il quale si è subito dopo costituito, ed è stato arrestato.

Non possiamo più accettare continui atti violenti e feroci ai danni delle donne, molto spesso culminati con uccisioni.

Da Presidente ‘Diritto & Donna’, invito chiunque si senta in pericolo di rivolgersi alla Autorità competenti, senza aver alcun timore di compiere un’azione sbagliata. La violenza, qualunque essa sia, deve essere denunciata.

In ultimo, un appello alla Società Civile: ‘Tuteliamo le donne (tutte le persone, tout court) che vivono una condizione di vulnerabilità a rischio di atti violenti.

Una Preghiera per Francesca Ferrigno”.

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Gran Sicilia: “il contratto con Caltaqua e’ un atto di vendita dell’intera città”

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del gruppo Gran Sicilia sezione Giuseppe Corrao di Gela, sul tema della crisi idrica

“Non possiamo più accettare che un comunicato di Caltaqua possa sempre giustificare uno stillicidio per i gelesi. Su questi guasti si faccia chiarezza. La pessima gestione del servizio non può lasciare immobile la politica.

La disastrosa crisi Idrica che il nostro territorio si trova ad affrontare è diventata, come ogni cosa, oggetto di scontro politico in città, come se tutti si ritenessero non colpevoli e, addirittura, custodi di soluzioni che da quasi un ventennio non arrivano.

La popolazione è senz’acqua e provvede a proprie spese all’installazione di motorini e all’acquisto di autobotti, mentre il Gestore, Caltaqua, con cadenza quasi quotidiana, nel migliore dei casi una o due volte a settimana, comunica guasti ed interruzioni al servizio di fornitura.

Comunicazioni sulle quali intendiamo vederci chiaro. La gestione della rete, dei guasti, della mancanza di manutenzioni non può pagarla il cittadino. E i gelesi vogliono innanzitutto chiarezza e trasparenza. Perché nel frattempo è partito un odioso gioco allo scaricabarile che agli utenti interessa poco.

Questa storia va avanti da anni e queste continue interruzioni, sono evidentemente frutto di cattiva gestione e programmazione, mancate manutenzioni, soldi spesi male, interventi sbagliati, superficialità. Tutte cose che in qualunque ambito della vita quotidiana avrebbero da tempo portato alla interruzione dei rapporti con richieste di risarcimento per danni procurati. Ma la protezione politica di cui gode tutto l’indotto delle acque, dal fornitore monopolista Sicilacque (partecipata della Regione) al gestore territoriale Caltaqua, all’ATI, che non sappiamo quante volte si sia riunita in un momento di forte crisi, ma anche ai consorzi di Bonifica, veri e propri postifici regionali, che dovrebbero occuparsi di gestione delle risorse idriche nelle campagne, consente ai soggetti inadempienti di continuare ad essere inadempienti facendo gravare tutto il peso, economico e sociale, sulle famiglie.
Acqua di dubbia qualità, inutilizzata dai Gelesi per scopi alimentari e spesso per igiene personale, fornita ad intervalli variabili, città sventrata da cantieri interminabili o “decorata” da reti di segnalazione che rimangono installate per mesi, perdite d’acqua lungo le strade, servizi di assistenza agli utenti e di pronto intervento totalmente inefficienti. Questa la realtà.
Però, come ci hanno detto quasi tutti durante la campagna elettorale, il contratto è BLINDATO. Intoccabile.
Un contratto intoccabile malgrado tutto quello che si riscontra non è un contratto. E’ un atto di vendita incondizionata dell’intera città a Caltaqua.

Padroni. Prima il padrone unico era Eni. Adesso nuove multinazionali hanno preso possesso della città e degli abitanti. E in entrambi i casi la politica si prostra. O, forse, è parte della squadra dei padroni. Siamo stanchi del disservizio ed infastiditi dagli assurdi comunicati.
Noi riteniamo illegale, illegittima, immorale questa gestione, questa situazione e persino l’azione amministrativa di questi 20 anni a tutti i livelli: Comune, Provincia, Regione e ATI, organismo improduttivo che andrebbe commissariato.
Noi siamo per la risoluzione del contratto e a favore di una azione legale per chiedere risarcimento ai cittadini Gelesi e per la gestione pubblica del servizio. Chiediamo all’Ati di prendere atto dei numerosi inadempimenti e di procedere, come norma prevede, al passaggio ad una gestione consortile, con tariffe più adeguate, quindi più basse, e all’avvio di ogni azione legale che porti ad un equo risarcimento per il territorio. E chiediamo al Sindaco di prendere una posizione chiara.

Siamo sempre pronti ad appoggiare tutti quelli che agiscono per il bene della città. Ma ci sentiamo assolutamente liberi di lottare contro chi, fra il popolo Gelese e un suo nemico, sceglie di sedersi al tavolo col nemico. Seguirà esposto alla procura. E anche ad altri organismi perchè “𝙇’𝘼𝙨𝙨𝙚𝙢𝙗𝙡𝙚𝙖 𝙂𝙚𝙣𝙚𝙧𝙖𝙡𝙚 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙉𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙐𝙣𝙞𝙩𝙚 𝙝𝙖 𝙖𝙙𝙤𝙩𝙩𝙖𝙩𝙤 𝙡𝙖 𝘿𝙞𝙘𝙝𝙞𝙖𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝘼/𝟲𝟰/𝙇. 𝟲𝟯 𝙘𝙝𝙚 𝙧𝙞𝙘𝙤𝙣𝙨𝙤𝙘𝙚 𝙡’𝙖𝙘𝙘𝙚𝙨𝙨𝙤 𝙖𝙡𝙡’𝙖𝙘𝙦𝙪𝙖 𝙥𝙤𝙩𝙖𝙗𝙞𝙡𝙚 𝙥𝙪𝙡𝙞𝙩𝙖, 𝙨𝙞𝙘𝙪𝙧𝙖 𝙚 𝙞𝙜𝙞𝙚𝙣𝙞𝙘𝙖 𝙪𝙣 𝙙𝙞𝙧𝙞𝙩𝙩𝙤 𝙪𝙢𝙖𝙣𝙤 𝙚𝙨𝙨𝙚𝙣𝙯𝙞𝙖𝙡𝙚 𝙥𝙚𝙧 𝙞𝙡 𝙥𝙞𝙚𝙣𝙤 𝙜𝙤𝙙𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙫𝙞𝙩𝙖 𝙚 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙖𝙡𝙩𝙧𝙞 𝙙𝙞𝙧𝙞𝙩𝙩𝙞 𝙪𝙢𝙖𝙣𝙞.”

Sta circolando sul web una petizione per mandare via Caltaqua. Non sappiamo cosa porterà, conoscendo ormai bene la controparte, ma invitiamo a firmarla.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
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