Inferno di Dante Suite con ingresso gratuito a Catania e Sant’Agata Li Battiati, la Phaedra nelle Cave del Gonfalone di Ragusa e soprattutto il ritorno del kolossal Inferno che, sempre sold out e già visto da cinquantamila spettatori, debutterà il 4 agosto nel Castello Aragonese di Piazza Armerina. Il regista Anfuso: “Non pensavamo esistesse un posto tanto evocativo”. Le “prove aperte” agli studenti della Sicilia
In attesa del ritorno del kolossal Inferno che, a grande richiesta – è stato già visto da oltre cinquantamila spettatori -, debutterà il 4 agosto nel Castello Aragonese di Piazza Armerina del gelese Giancarlo Scicolone, la compagnia di Buongiorno Sicilia ha altre proposte per il proprio pubblico.
“Si comincia – spiega il regista Giovanni Anfuso – con Inferno Suite per Dante, una versione, diciamo così, da camera, con Liliana Randi, Davide Sbrogiò e Angelo D’Agosta, che nel tour siciliano dello scorso anno fece registrare sempre il sold out. Due gli appuntamenti a ingresso gratuito: il debutto domenica 17 luglio alle 21 nel Cortile Platamone a Catania e il 30 luglio, alla stessa ora, nel Parco Comunale di Sant’Agata Li Battiati”.
Intanto, il 22 e il 23 di luglio, nella suggestiva cornice delle Cave del Gonfalone, proprio sotto l’abitato di Ragusa, sarà la volta della riscrittura di Alberto Bassetti del mito di Phaedra in chiave moderna, con in scena Liliana Randi e Angelo D’Agosta.
“Nel frattempo – continua Anfuso – tutta la Compagnia è già al lavoro per mettere nuovamente in scena il nostro kolossal: l’Inferno di Dante. Pensate, ben quaranta persone sono coinvolte quotidianamente per garantire la rappresentazione di questo spettacolo che ha superato, in Sicilia, ogni record di presenze”.
Inferno andrà in scena nel Castello Aragonese di Piazza Armerina (“Una splendida città d’arte che tutti i Siciliani dovrebbero visitare”, sottolinea il Regista, dal 4 all’11 di agosto. E il giorno 3, come sempre, sarà organizzata un’anteprima per la Stampa e le Autorità.
“Come dimostrano le continue richieste sui social – sottolinea il presidente di Buongiorno Sicilia Simone Trischitta – c’è una grandissima attesa, nella nostra regione, per il ritorno di Inferno. Non appena si è diffusa la notizia che sarebbe stato rappresentato a Piazza Armerina, sono subito partite le prenotazioni su Boxoffice Sicilia, sia on line, sia attraverso il centralone (095.7225340). D’altra parte, il Castello Aragonese, eretto qualche decennio dopo la morte di Dante, sembra fatto apposta per questa rappresentazione”.
“Nessuno di noi – conferma Giovanni Anfuso – pensava potesse esistere un posto così evocativo, così immaginifico, così giusto, da poter contenere questo Inferno quasi fosse casa sua. D’altronde non è mai troppo tardi per celebrare Dante facendo rivivere i suoi versi immortali: a distanza di settecento e un anno dalla morte del Sommo Poeta, la Commedia continua ad affascinarci ed emozionarci”.
Per il Padre della lingua italiana si riscontra un grande interesse anche da parte degli studenti.
“Un avviso – avverte Anfuso – per gli allievi delle scuole di ogni ordine e grado: stiamo organizzando una sessione di prove aperte e dunque un grande incontro tra voi ragazzi e la Compagnia, lo Scenografo, il Costumista e il Regista. Il quando e il come ve lo comunicheremo quanto prima. Quindi tenete d’occhio la pagina Facebook dell’Inferno di Dante e il sito web di Buongiorno Sicilia”.
Dal pittore Giovanni Iudice, riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta indirizzata al critico d’arte, Vittorio Sgarbi, attualmente ricoverato all’ospedale Gemelli
Caro Vittorio, mi permetto di scriverti perché testimone della tua generosità nei miei confronti e ciò denota la tua magnanimità che deriva solo dall’Arte. Credo che abbiamo avuto un po’ tutti brutti momenti nella vita, fantasmi inesistenti, mente offuscata e angosce, ma poi tutto svanisce e svanirà pure il tuo momento, anzi, i momenti più alti tra i Grandi, hanno visto precedere quelli bui e chi si eleva a “grande” rimarrà nel buio. Solo persone riflessive e sensibili, generose e altruiste, ne subiscono i dolori di una società brutale. Penso ai grandi geni, Caravaggio fuggitivo, Bernini schiacciato dalla borghesia imperante dopo il fallimento dei campanili di San Pietro ma dopo una lunga depressione scolpì “L’Estasi di Santa Teresa” ritenuta il simbolo assoluto del Barocco. Penso a Munch, ricoverato all’ospedale psichiatrico avendo superato pure la “spagnola”nel 1919, altro che Covid e si ritrasse in giacca da camera come malaticcio. Penso a Vincent Van Gogh che dalla sua depressione e allucinazione diurna, andava nel cuore delle distese dei campi per dipingere (curato dal Dott Giachet, questi più depresso del maestro per invidia alla sua pittura…)
La pittura di Vincent, aveva guarito se stesso da ogni forma di cattiveria umana: “…i passanti gli sputavano sui dipinti in corso nelle campagne di Arles…in quelle campagne dove si nutriva del fiume d’oro dei grani luccicanti al sole, dove ne impastava materia corposa pensando a Rembrandt e leggendo Shakespeare …” ; solo un’anima che sa, che ama, è un’anima generosa. Caro Vittorio, tu questo ce lo hai insegnato, e devi continuare a nutrirci di questa misteriosa e invisibile energia che pontifica noi tutti verso una speranza. Continua a parlarci di Bellezza! Siamo qui Vittorio, ti aspettiamo !
Vivere in campagna ha i suoi indiscutibili vantaggi. Tralasciando la retorica della vita bucolica, la cosa che più mi godo della campagna è il cibo che essa spontaneamente e gratuitamente ci offre. Frutta di ogni tipo, capperi d’estate, lumache che vengono fuori con la pioggia. Ma in primavera ci sono loro, i principi dei campi: gli asparagi selvatici. Raccoglierli è come mangiare patatine fritte, uno tira l’altro. Li vedi spuntare e fare capolino tra irti cespugli, vanno staccati sul gambo sulla parte ancora tenera. Raccolto il mio bel mazzetto non rimane che passare ai consigli dello Chef.
Cosa farne? Un bel risottino? Scelta magnifica. Passarli al burro e usarli come contorno per una sanguinolenta bistecca? Mica fate peccato. Ma secondo me la loro “morte” più nobile è con l’ovetto. Viva la semplicità. Qualcuno diceva che le cose semplici sono il rifugio della gente complicata. Può darsi. E allora un cipollotto novello affettato a rosolare in una noce di burro ed un giro d’olio evo. Anche uno spicchio d’aglio schiacciato che poi andremo a togliere.
Mettiamo gli asparagi lavati e tagliati alla meno peggio. Un pizzico di sale ed uno di pepe, se la gradite anche una punta di peperoncino. Bastano davvero pochi istanti. A questo punto rompete un ovetto nel padellino. Un pizzico di sale ed una generosa spolverata di parmigiano reggiano, mettete il coperchio a fuoco dolce giusto un minuto e mezzo per fare sciogliere il formaggio, il tuorlo deve rimanere assolutamente fondente. Mezzo chilo di pane croccante appena sfornato al panificio. Questa la chiamo felicità.
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Il Vangelo della III Domenica di Quaresima ci richiama al tema fondamentale di questo tempo liturgico: la conversione. La Chiesa, priva del “Suo Sposo”, è chiamata a digiunare e a fare penitenza, per arrivare a cambiare radicalmente il proprio cuore, per accogliere Cristo nella celebrazione della Santa Pasqua.Gesù prende posizione su due episodi che avevano causato la morte di “innocenti”: l’uccisione di alcuni Galilei, per ordine di Ponzio Pilato, e il crollo della torre di Siloe. Il Signore ci insegna a guardare questi fatti di cronaca con una prospettiva diversa: le sventure della vita non sono da interpretare come una punizione di Dio, conseguente a colpe personali, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta, perché ama il peccatore ed è sempre disponibile a offrirgli il suo perdono e a salvarlo.Gesù ci invita a leggere i fatti della nostra vita secondo la prospettiva della conversione. Benedetto XVI diceva che “le sventure, le calamità naturali, gli eventi luttuosi non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare vita”. La novità della conversione cristiana sta nel fatto che è stato Dio, per primo, a chiamarci e a noi spetta il compito di fargli spazio nella nostra vita. Benedetto XVI diceva che la conversione significa abbandonare la strada vecchia dell’errore e decidersi di camminare sulla via nuova, che è Cristo Signore.Il brano evangelico conferma quanto sia necessario rinnovare la vita secondo Dio; infatti, ci viene presentata da Gesù la parabola del fico che non dà frutti buoni. Il dialogo che si sviluppa tra il padrone e l’agricoltore manifesta, da una parte, la misericordia di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo – a tutti noi – un tempo per la conversione; e, dall’altra, la necessità di cambiare interiormente ed esteriormente la nostra vita, per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre. Noi siamo come il fico del Vangelo: viviamo solo perché il vignaiolo è paziente, e continua a zappare, senza stancarsi di concimare.Come al fico sterile, così anche a noi ogni giorno viene regalata una nuova possibilità. Nei gesti del contadino è descritto l’agire di Dio verso di noi e l’urgenza della nostra conversione. Dio ci dona tempo e risorse, per accogliere il suo invito e volgere il nostro sguardo verso di Lui. A tutti è data la possibilità di far germogliare nella propria vita i talenti che Dio stesso ci ha donato.Convertirsi è cambiare il proprio sguardo su Dio, passando dall’immagine del padrone all’immagine del vignaiolo che, con pazienza, lavora le zolle della nostra esistenza e sogna sempre di raccogliere qualche frutto buono.