Seguici su:

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Gela, la “Caporetto” dell’archeologia mediterranea

Pubblicato

il

Dallo storico Nuccio Mulè, riceviamo e pubblichiamo

Dopo quelle del dicembre del 2018 e del settembre del 2019, la presente non ha altro scopo se non quello di far ricordare che le istituzioni hanno abbandonato e continuano ad abbandonare Gela, la “Caporetto” dell’archeologica mediterranea.

Per evitare di riempire decine e decine di pagine, ci si limita solamente a scrivere sui problemi dei beni culturali, tralasciando per ora quelli dell’acqua, della pulizia della città, dell’economia, del welfare, degli effetti dell’inquinamento dell’ex petrolchimico sulla salute e relativa mancata bonifica, dell’agricoltura, della pesca, delle infrastrutture, delle strade, dei quartieri ed altro ancora.

Pur comprendendo le difficoltà che esistono per la salvaguardia dei beni culturali nella nostra Isola, si rimane perplessi per la posizione incomprensibile delle istituzioni in merito alla salvaguardia di quelli di Gela che sono stati abbandonati a se stessi nel più totale degrado. Mi permetto di denunciare lo stato di abbandono in cui le istituzioni a tutti i livelli hanno relegato il nostro Comune.

Purtroppo a Gela negli ultimi decenni è prevalso un andazzo scellerato che ha visto l’istituzione competente sottovalutare e disconoscere monumenti e aree archeologiche che oggi, con la crisi occupazionale ed economica del territorio, avrebbero potuto e potrebbero rappresentare una risorsa importante per tentare di far ritornare Gela e il suo territorio negli itinerari turistici isolani dopo la sua netta esclusione, che risale a più di mezzo secolo fa, nonostante che il Comune di Gela nella posizione geografica in cui si trova potrebbe rappresentare il baricentro del turismo archeologico organizzato della Sicilia tra la parte sud-occidentale e quella sud-orientale, da Agrigento fino a Siracusa, toccando pure Piazza Armerina e Caltagirone. Ma non solo l’ambito culturale, anche quello economico; un solo esempio: la drammatica farsa del porto rifugio di Gela dove da sessant’anni se ne draga il fondale con lo sperpero di un mare di soldi pubblici invece di provvedere adeguatamente per evitarne il suo continuo insabbiamento.

Si è assistito nella più totale impassibilità, soprattutto quella dei politici, alla cancellazione di Gela dagli itinerari turistici isolani; non solo, gli stessi beni culturali spesso sono diventati oggetto di incuria tale che addirittura il loro numero nei decenni passati si è ridotto della metà con un danno irreparabile al patrimonio storico e culturale di Gela.

E che dire dell’archeologia del territorio di Gela, punta di diamante per il rilancio del turismo, che è stata oggetto negli ultimi due decenni di un completo disinteresse da parte delle istituzioni, Soprintendenza e Regione in primis, peraltro senza che mai negli anni passati il nostro Comune prendesse seriamente un’iniziativa di valorizzazione. Così lo sfascio archeologico e monumentale di Gela, una vera e propria “Caporetto”, lascia il tempo che trova da parte delle competenti istituzioni regionali.

Si vuole ricordare che Gela possiede uno dei più vasti e più importanti giacimenti culturali del Mediterraneo, giacimenti il cui sfruttamento può diventare lo strumento di riscatto sociale, economico, culturale e civile dei gelesi e non solo dei gelesi. I beni culturali nostrani spaziano in un intervallo di tempo che inizia da diversi millenni prima della nascita di Cristo. Necropoli e villaggi preistorici, insediamenti greci fin dal periodo arcaico, vestigia medievali, e così via. Per non parlare poi dei reperti che si trovano nel nostro museo dove esiste, tra l’altro, uno dei più belli e cospicui patrimoni di ceramica attica, tra essi i 600 e più pezzi della collezione Navarra. Per non scrivere delle migliaia e migliaia di reperti archeologici sottratti nei tempi trascorsi al patrimonio locale isolano e nazionale per finire esposti nei musei più prestigiosi del mondo e più recentemente trasferiti dai direttori del locale museo in Provincia, tipo, per fare un semplice riferimento, l’inspiegabile sottrazione al Museo di Gela, tra il maggio del 1999 e il novembre del 2001, di ben 936 cassette piene di reperti archeologici trasferiti a Caltanissetta.

E ancora la rarissima collezione di più di mille monete antiche e i recenti ritrovamenti sui fondali del mare gelese di Bulala di cui i preziosi 85 e rarissimi oricalchi rappresentano un esempio unico al mondo. Per non scrivere poi dei relitti di navi greche (e non solo greche) ritrovati nei fondali del mare di Gela, in particolare quello arcaico del 6°-5° sec. a.C., unico ritrovamento di tale epoca al mondo, la cui fruizione potrebbe diventare da sola un fattore strategico per il rilancio del turismo archeologico. E’ incredibile come ancora si possa accettare il fatto di vedere i legni del relitto, recuperato e restaurato con enormi risorse economiche, da diversi anni ancora rinchiusi nelle casse in attesa di trovare una collocazione per la fruizione nel già edificato Museo del Mare, fruizione impedita dal recente trafugamento dei cavi di rame dell’impianto elettrico. Infine, si dovrebbe scrivere anche di una potenziale archeologia industriale dopo la dismissione del petrolchimico dell’Eni a Gela, ma si lascia l’idea ad altri momenti più favorevoli.

Convinto che la cultura salverà il mondo, sono stato sempre dell’idea che i beni culturali rappresentano lo strumento per l’elevazione sociale e culturale di una popolazione che attraverso essi si ricollega al retaggio delle precedenti generazioni, ai loro valori alle loro esperienze plurisecolari per poi trasmetterle alle future generazioni. Ma queste sono solo parole che si dissolvono nell’indifferenza e nell’indolenza di quanti sono addetti alle istituzioni.

E’ mia convinzione, infine, che il nuovo sistema di governo che da poco tempo regge le sorti della città, possa veramente cambiare le regole del gioco e recuperare un ruolo importante per il rilancio dell’economia e dell’occupazione con il recupero di antichi e immutabili valori. Spero veramente che il nuovo sindaco e la sua Giunta possano inquadrare nella giusta risoluzione tutta la tematica dei beni culturali di Gela e “volare più in alto” per il loro rilancio nel territorio.

clicca per commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

ANIA Inquilini denuncia la mancanza di politiche abitative e l’emergenza

Pubblicato

il

Riceviamo e pubblichiamo una nota dell’associazione nazionale inquilini ed assegnatari

Palermo – “In questi ultimi tempi si parla sempre più di emergenza abitativa nelle grandi città siciliane.

Certamente siamo in presenza di un fenomeno grave, tragico e purtroppo in crescita, con migliaia di persone e famiglie in attesa di soluzioni dignitose ed adeguate.

L’emergenza abitativa nelle grandi città siciliane, è una questione complessa che affonda le sue radici nei passati decenni e nelle varie Giunte di Governo Regionali e Comunali che si sono susseguite nel tempo senza mai aver avuto la volontà di affrontare realmente la questione.

Questa condizione tragica coinvolge diverse fasce della popolazione siciliana, tra cui famiglie a basso reddito, giovani, disoccupati e migranti.

Le città siciliane, come molte altre in Italia, negli ultimi anni affrontano varie problematiche legate principalmente alla mancanza di alloggi a prezzi accessibili, alla precarietà abitativa, al degrado degli edifici residenziali e alla mancanza di un vero e proprio piano casa in grado di affrontare questa grave emergenza.

Nel 2023, il 5,8% della popolazione siciliana già viveva in condizioni di grave deprivazione abitativa, un dato purtroppo superiore alla media nazionale che è del 5,2%.

Mentre l’incidenza del costo “Casa”, per l’8,2% dei Siciliani, ha superato il 42%  rispetto alla loro capacità economica, superando abbondantemente la media italiana del 6,6%. 

Questi dati drammatici nel 2023 in Sicilia si sono tramutati in oltre 2.000 provvedimenti di sfratto, registrando un incremento dell’13% rispetto all’anno precedente. 

Mentre le richieste di esecuzione di sfratto sono aumentate del 236%, raggiungendo quota 7.104, mentre gli sfratti eseguiti con l’intervento della forza pubblica sono cresciuti del 268%, totalizzando 1.682 casi. 

Rendiamoci conto che, la Capitale della Sicilia, Palermo, pur con tutti i suoi atavici problemi, è e rimane una grande città, la quinta in Italia per popolazione, e chi l’amministra ha il dovere e l’obbligo ad attuare una vera programmazione del comparto casa.

Ad oggi a Palermo, secondo gli ultimi dati ISTAT abbiamo ben 2.700 famiglie in piena emergenza abitativa ed inserite in graduatoria per la concessione di un alloggio ERP che però non esiste.

A fronte di questa graduatoria esistono in città anche circa 500 persone senza tetto e senza fissa dimora che vivono oltre i margini della nostra società e senza alcuna prospettiva di poter rientrare nel sistema sociale di Palermo.

L’unica concreta azione che in questi ultimi decenni è stata attivata a Palermo, nel vano tentativo di risolvere questa emergenza, è stata la gestione, con relativa assegnazione, dei beni confiscati, ma ricordiamo a tutti noi che in una città con oltre 800 mila abitanti si parla di circa 13 alloggi, numeri vergognosamente insufficienti.

Da tempo come sindacato inquilini ANIA Sicilia denunciamo la mancanza di un piano casa con una visione urbanistica in grado di ridisegnare lo sviluppo della Città prevedendo nuovi progetti di costruzioni di edilizia residenziale pubblica.

In una nostra passata conferenza, per aver sollevato questo problema, siamo stati accusati di essere dei “cementificatori” del territorio.

Chi dice sempre NO ad ogni soluzione, purtroppo non si rende conto che i numeri delle famiglie in piena emergenza abitativa continuano ad aumentare in maniera esponenziale, grazie anche al recente fenomeno degli “Affitti Brevi” che si va a sommare ai già atavici problemi esistenti.

Oltre al recente fenomeno degli affitti brevi che ha dato il via ad un vergognoso aumento dei prezzi degli affitti, tra le principali cause di questa emergenza vi è certamente l’elevato tasso di disoccupazione presente in città che rende sempre più difficile per molte persone accedere a un’abitazione dignitosa, e la mancanza di case popolari rispetto alla crescente domanda abitativa.

A fronte di quanto evidenziato invitiamo i Sindaci delle grandi città Siciliane ad attivarsi concretamente, di concerto alla Regione Siciliana, a varare nuovi programmi per aumentare la disponibilità di alloggi sociali, progettare la rinascita urbanistica di interi quartieri del centro storico ad oggi completamente abbandonati.Invitiamo il Governo della Regione Siciliana ad approvare nuove linee di interventi strutturali in grado di realizzare un vero e proprio piano casa siciliano con grandi progetti di riqualificazione urbana, recuperando edifici in stato di abbandono e ricostruendone altri in grado di soddisfare la crescente domanda di alloggi”.

Continua a leggere

Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

Andrea Cionci: l’uomo, la missione, l’esempio

Pubblicato

il

Dall’architetto Roberto Loggia, riceviamo e pubblichiamo

Romano di nascita, storico dell’arte, scrittore ed illustre giornalista, Andrea Cionci si occupa di storia, archeologia e religione per le più importanti testate italiane come Quotidiano Nazionale, La Stampa e Libero. Diplomato in Conservatorio e laureato in lettere all’Università la Sapienza con 110/110, è stato l’ideatore del metodo “Mimerito”, sperimentato con gran successo dal Miur in duecento classi scolastiche italiane.

E’ stato anche il promotore del progetto di ricerca scientifica su Plinio il Vecchio, recensito anche dal New York Times, nonché reporter nei teatri operativi dell’Afghanistan e del Libano.Ha pubblicato il saggio di ambito musicologico Il tenore collezionista, contribuendo alla riscoperta di Evan Gorga, primo interprete della Bohème pucciniana. A lui si devono, inoltre, il romanzo “Eugénie” e la produzione di vari testi di storia militare, inseriti anche in pubblicazioni istituzionali.

A trentasei anni è stato nominato Cavaliere al Merito della Repubblica per il suo impegno culturale.Personalità altamente carismatica e poliedrica, ricca ed arricchente, da qualche anno profonde il suo impegno principalmente nella cosiddetta “Magna Quaestio”: il riconoscimento dell’invalidità della declaratio resa nel 2013 dal Santo Padre Benedetto XVI quale atto di effettiva abdicazione dal papato e la conseguenza invalidità del Conclave con cui fu eletto Papa Francesco nel marzo dello stesso anno.Sul tema Andrea Cionci ha scritto il libro/inchiesta “Codice Ratzinger”, pubblicato nel maggio del 2022, divenuto in breve un bestseller e grazie al quale è stato insignito del Premio Internazionale Cartagine 2023, nonché di quello relativo alla seconda Edizione del Premio Mameli 2023 per la Saggistica, assegnatogli da ENAC (Ente Nazionale Attività Culturali).

Nel libro vengono spiegate le ragioni per le quali Papa Benedetto, nel 2013, non avrebbe validamente abdicato ma si sarebbe limitato a rendere una semplice dichiarazione con cui avrebbe rinunciato soltanto all’esercizio pratico del potere e sarebbe, quindi, rimasto Papa a tutti gli effetti sino alla Sua morte.L’inchiesta è basata su prove, documenti e fatti oggettivamente incontestabili, e sino ad oggi sostanzialmente incontestati, per i quali risulterebbe ampiamente dimostrato che Benedetto sarebbe rimasto l’unico, vero, Papa sino alla sua morte.Ma Codice Ratzinger è stato soltanto un punto di partenza: Andrea Cionci in questi due ultimi due anni e mezzo, ha continuato ad occuparsi dell’inchiesta senza sosta, venendo a scoprire una serie di elementi ulteriori rispetto a quelli cristallizzati nel libro e per i quali le conclusioni formulate nel 2022 risultano, oggi, ancora più chiare, circostanziate e complete, tanto da riuscire a smuovere le coscienze di alcuni sacerdoti ed indurli a dichiarare pubblicamente la loro adesione alla tesi della sede impedita di Benedetto XVI e, quindi, dell’invalidità/nullità del Conclave che ne è seguito e con cui è stato eletto Francesco.

Ci si riferisce in particolare a Don Fernando Maria Cornet, a Padre Giorgio Maria Farè e, da ultimo, a Padre Natale Santonocito che ha formulato la sua dichiarazione pubblica nel giorno dell’Immacolata Concezione (l’8 dicembre scorso).Questi sacerdoti sono gli ultimi di una serie (di altri sacerdoti) che si erano espressi nel senso indicato da Andrea Cionci: Don Alessandro Maria Minutella, Fra Celestino della Croce, Don Vincenzo Avvinti, Don Gebhard Josef Zenkert, Don Enrico Bernasconi, Don Pavel Cap, Don Robert Benko, Don Johannes Lehrner e Don Ramon Guidetti.Ci sarebbe da chiedersi cosa smuove questi servi di Dio a voler assumere una posizione così scomoda, viste e considerate le pene canoniche a cui vengono puntualmente sottoposti, per averla assunta?

L’unica spiegazione non la si può trovare che in un Amore incondizionato a quella che hanno riconosciuto essere la Verità; quella Verità che hanno scoperto anche grazie all’opera di Andrea Cionci e che hanno voluto annunciare pubblicamente, certamente dopo un grosso travaglio interiore e, soprattutto, soltanto a seguito di uno studio accurato della questione -che peraltro vale ad escludere, a ragion di logica, eventuali errori di valutazione da parte loro-.Sotto questo aspetto ci si limita a citare il combinato disposto degli articoli 76 e 77 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che, richiamando l’art. 332 comma 2 del Codice di Diritto Canonico, prevede che l’atto di rinuncia del Sommo Pontefice, per risultare valido debba contenere l’espressa rinuncia sia al munus che al ministerium -e che, in caso contrario (come appunto nella Declaratio di Papa Benedetto), l’elezione del successore risulta nulla ed invalida “…senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito”.Nelle ultime settimane Andrea Cionci, su impulso dell’Avv. Costanza Settesoldi e col supporto del Prof. Gian Matteo Corrias e del Prof. Rodolfo Funari, avrebbe inoltre scoperto un “errore” nella trascrizione della Declaratio di Papa Benedetto consistente nell’aver assunto, nella traduzione dal latino all’italiano, il termine “commisso” anziché “commissum”, a netto del quale la dichiarazione assumerebbe tutto un altro significato rispetto a quello di una mera rinuncia.Il Pontefice avrebbe in sostanza fatto riferimento ad alcune manovre che avrebbero in qualche modo segnato il Conclave del 2005 in danno del Suo pontificato –tesi peraltro cennata, sebbene per altri profili, anche dallo stesso Papa Francesco nel suo libro-intervista El Sucesor dell’aprile scorso.Indizi assai utili in tal senso si ritrovano tra l’altro anche nella biografia del Card.

Dannels del 2015, nelle dichiarazioni rilasciate a Limes nel 2009 da un ignoto Cardinale (che avrebbe partecipato al Conclave nel 2005), nonché nelle dichiarazioni del 27 marzo 2015 di Padre Silvano Fausti.L’impegno di Andrea Cionci non è però limitato alla mera attività d’inchiesta ma risulta anche operativo: per sua iniziativa nello scorso mese di giugno è stato depositato, presso il Tribunale Vaticano un apposito ricorso, già regolarmente protocollato e volto ad ottenere il riconoscimento della nullità delle dimissioni di Ratzinger e quindi della nullità/invalidità del Conclave del 2013.Egli inoltre, da ultimo, si è fatto promotore di diverse petizioni finalizzate a sollecitare i cardinali, di nomina pre2013 (gli unici che avrebbero diritto a pronunciarsi sul punto), ad analizzare la questione e, quindi, a voler pronunciarsi.

I destinatari attuali sono il Segretario di Stato S.E.R. Mons. Pietro Parolin, ed i Cardinali Camillo Ruini, Walter Brandmuller, Raymond Leo Burke, Joseph Zen Ze Kyun e Robert Sarah.Questo mio scritto oltre al carattere meramente informativo, vuole anche essere un monito per il popolo di Dio a riscoprire l’aspetto militante della vita cristiana, proponendo Andrea Cionci come esempio alto e mirabile in tal senso. Per l’enorme impegno profuso nel Suo lavoro tributarlo è un atto dovuto; il minimo che si possa riconoscere ad un uomo che ha messo tutti i suoi talenti a disposizione della causa che ha sposato e che sta portando avanti con un’abnegazione ed un coraggio fuori dall’ordinario.Per quella correttezza che lo contraddistingue, Andrea Cionci non ha mai dichiarato di essere cattolico o anche soltanto credente; egli ha anzi affermato, più volte, di non voler esprimersi al riguardo e pur tuttavia chi lo segue (come lo scrivente) non può non riconoscere il valore altamente istruttivo, in senso cattolico, delle sue analisi e della sua ricerca; valore che sussiste financo a prescindere dalla bontà delle sue conclusioni: attraverso la sua opera infatti egli ha fornito un quadro completo della questione, nei fatti che la costituiscono e nelle norme e negli insegnamenti della Chiesa di riferimento, quali elementi per i quali ciascuno dei suoi lettori ha potuto maturare un proprio pensiero personale ed un proprio convincimento. In un tempo in cui le verità e financo i fatti vengono taciuti, manipolati e mistificati, Andrea Cionci si pone quindi come segno di contraddizione che ha istruito e guidato alla comprensione delle cose, senza per questo aver mai voluto indottrinare nessuno.

E’ stato cioè giornalista nel senso più alto e nobile del termine.E’ chiaro, ovvio e giusto che Egli abbia tratto ed espresso le Sue conclusioni, ma (va sottolineato) che non le ha mai volute imporre a nessuno e soprattutto non ne ha mai fatto motivo di scontro nei confronti di chi le ha avversate. Verso costoro ha anzi, e sempre, adoperato una posizione di rispettoso, aperto ed edificante confronto. Di Lui ho apprezzato anche i toni adoperati verso i suoi detrattori: contravvenendo alla legge del taglione -regola sistematica di questo tempo di decadenza assoluta-, non soltanto ha invitato i propri followers a non offendere sul piano personale chi lo aveva immotivatamente attaccato ma ha persino continuato a riconoscerne pubblicamente i meriti!Non sappiano se Andrea Cionci sia cristiano ma siamo certi che per la missione che ha voluto sposare e soprattutto per il modo con cui la porta avanti, ne ha il profilo più perfetto: il coraggio, la perseveranza e la carità che adopera per l’affermazione della Verità e per la riconquista della Chiesa sono a dir poco esemplari, così come lo é la fermezza nel voler percorrere a tal fine la via canonica, unica a poter essere indicata da Dio e a rientrare nella Sua Volontà quale via di Giustizia, Verità e rispetto delle norme che Egli stesso ha voluto stabilire per mezzo del suo Vicario in terra. Non ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Andrea Cionci e pur tuttavia la percezione che ne ho è quella di un uomo assai colto, di altissimo valore morale, profondamente, autenticamente e sinceramente cristiano, amante della Verità, di Dio e della Sua Chiesa.

Del resto se è vero che un uomo “è” principalmente ciò che fa, non si può che ribadire che il Dott. Cionci è certamente un esempio da seguire sia come uomo che come cristiano; un forte sprone ad essere migliori e soprattutto a fare ancora di più e meglio in ogni attività che si intraprende per Amore, per dovere o per investitura; o per tutte e tre le cose.

Continua a leggere

Flash news

“Modello Gela?No modello confusione”

Pubblicato

il

Dal dirigente di Sinistra Italiana Paolo Cafà riceviamo e pubblichiamo:

Il patto federativo tra il nuovo movimento politico di destra senza nome (Lagalla, Miccichè, Lombardo e Cancelleri), e Forza Italia è una operazione politicista volta a far contare di più i suoi fondatori nell’alleanza di centrodestra. Non c’è alla base un pensiero politico, un’idea di futuro della società, ma solo una logica elettorale. È sintomatico, in questo senso che, prima ancora che il nuovo soggetto politico abbia un nome e un simbolo, esso si sia affiliato con Forza Italia.

C’è chi ne è entusiasta, come il dirigente autonomista Rosario Caci, il quale si era spinto fino al punto di suggerire al sindaco Di Stefano di coglierne l’opportunità, in quanto inclusivo del civismo. Di fronte a quanto avvenuto, che spinge l’Mpa locale all’antico vezzo della politica delle geometrie variabili, tipica dei partiti che vogliono sempre stare in groppa al potere, ovunque esso sia, di chiaro non c’è nulla rispetto alla configurazione dell’attuale giunta comunale, che si rivela sempre più un “Modello di Confusione”, altro che “Modello Gela” da esportare.

A noi di Sinistra Italiana non stupisce il silenzio del PD in riferimento alla presenza dell’Mpa in giunta perché il PD di Gela è abituato alle giunte miscellanee, avendo governato questa città ininterrottamente da 14 anni, con tutti, destra e civici compresi. Ormai questo partito ed il suo gruppo dirigente locale fanno parte dell’establishment, senza farsi scrupolo della collocazione e dei suoi alleati, avendo governato in alleanza con Forza Italia.

Ciò che ci stupisce e che autorevoli rappresentanti di altri soggetti politici, come il M5S, non si accorgano di queste anomalie, parlando fino a qualche settimana fa anche loro di “Modello Gela” da esportare. Cosa farà il sindaco rispetto alle sirene dell’Mpa di Lombardo e Caci? Da persona intelligente quale egli è dovrebbe rimandare al mittente l’invito non potendosi inimicare il suo migliore spobsor ed alleato che lo ha proposto a sindaco, col quale deve rafforzare l’intesa per non essere fagocitato dal Pd e dalla destra fuori dal consiglio comunale che scalpita ad entrare in giunta e che ne ha determinato l’elezione, premendo per il prossimo rimpasto del nuovo anno. Intanto l’amministrazione non è riuscita a fare quello che aveva promesso per i primi 100 giorni. Il bilancio stabilmente riequilibrato è una chimera, la richiesta di emendamenti alla finanziaria regionale per un uso diverso delle royalties sono una richiesta sbagliata, la città è sempre più povera, più sporca e più assetata e la distanza tra le istituzioni e i cittadini si fa sempre più siderale.
Paolo Cafá
Sinistra Italiana

Continua a leggere

Più letti

Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
Pubblicità