In controtendenza ai partiti fluidi Forza Italia apre una sede per fare politica tra la gente: lo ha detto la senatrice di Forza Italia Stefania Craxi inaugurando la sede del partito in corso Vittorio Emanuele con l’on Michele Mancuso, il coordinatore cittadino Enzo Pepe, il presidente del consiglio Totò Sammito, l’ex assessore Nadia Gnoffo, il responsabile dei Giovani Luca Scicolone, tanti iscritti oltre a vari esponenti del centrodestra. I due consiglieri comunali sono arrivati in ritardo.
Stefania Craxi ha parlato di politica internazionale e nazionale ma anche dei problemi di Gela.
“Ogni settimana mi occupo del mio collegio che è questo – ha detto la senatrice- con Mancuso ci si sente spesso. Ho seguito il progetto Sinapsi che è in dirittura di arrivo. Anche se siamo all’opposizione una mano al sindaco per uscire dai guai la diamo sempre per la città”.
L’on Mancuso ha parlato di un centrodestra forte a Gela che va costruito senza personalismi e che deve agire unito da ora cominciando dalla vicenda della mozione a Greco fino alla costruzione di un nuovo progetto per la città. Niente pregiudizi verso nessuno neanche verso la nuova Dc di Cuffaro. Forza Italia alle Amministrative 2024 si presenterà con il suo simbolo.
“I deputati non servono a nulla – ha detto Mancuso – senza i sindaci e i rappresentanti del popolo. Il consiglio comunale di Gela è il migliore della provincia, il problema di Gela è il pilota che si è chiuso nella cabina e non ha aperto più se non ogni tanto quando gli serve. Peccato che il volo è finito. Noi al governo gelese abbiamo dato massimo impegno.Oggi l’obbligo è che il centrodestra deve essere unito. Sono stato contro la sfiducia a Messinese perché era stato votato dal popolo, oggi abbiamo firmato la sfiducia perchè i consiglieri di centrodestra lo hanno voluto.Se qualcuno se n’è pentito ne possiamo parlare”.
Forza Italia vuole vincere le elezioni con il centrodestra ma non c’è Greco in quel progetto. Ha invitato il partito gelese a prepararsi alle elezioni, a progettare per evitare che su Gela decida Palermo ed ha annunciato la presenza di Schifani a Gela.
“Basta liti , diamo un futuro a questa città ” – ha concluso.
Per Azzuzzo donna è intervenuta l’ex assessore Nadia Gnoffo che con una battuta ha detto alla senatrice Craxi che “una mano al sindaco Forza Italia la dà non per uscite dai guai ma per uscire definitivamente dalla città”.
Il coordinatore di Forza Italia giovani Luca Scicolone ha parlato di una città non è a misura di giovani per cui bisogna progettare.
Nelle calde sere d’estate, quando il sole si spegneva dolcemente dietro l’orizzonte e le strade di Gela si svuotavano dei giochi e delle risate dei bambini, iniziava il vero incanto. I più piccoli, ormai stanchi dalle corse e dai giochi, si raccoglievano intorno alle ginocchia dei loro nonni, impazienti di ascoltare quei racconti che, come una magica filastrocca, venivano tramandati di generazione in generazione. Erano storie che riecheggiavano di mistero e di magia, leggende che facevano rabbrividire e sognare.
Tra i “cunti” più amati e richiesti dai bambini c’era sempre la leggenda del Gigante Manfrino. Il semplice nome evocava immagini grandiose e affascinanti, di un tempo lontano in cui uomini tanto grandi quanto buoni camminavano sulla terra. La storia di Manfrino veniva narrata con tale enfasi che sembrava quasi di poterlo vedere, quel gigante dal cuore d’oro, mentre si ergeva maestoso accanto alla sua torre, sorvegliando con affetto il golfo di Gela.
Manfrino, così lo chiamavano, era un gigante dal cuore gentile, ma dalla forza immensa. Nessuno sapeva esattamente da dove venisse o quale fosse il suo vero nome, ma la sua fama lo precedeva in tutta la Sicilia. Insieme a lui, nella sua torre che dominava l’orizzonte, viveva sua sorella, una giovane donna dalla bellezza inarrivabile, che tutti chiamavano “La Castellana”. Riservata e misteriosa, la Castellana preferiva restare nelle sue terre, lontana dagli sguardi curiosi e dalle chiacchiere del mondo esterno. Si diceva che la sua bellezza fosse tale da illuminare ogni angolo della torre, e che fosse così preziosa agli occhi del gigante da spingerlo a coltivare immensi giardini di fiori e frutti solo per lei.
Le terre del Manfrino, che si estendevano fino al confine con il castello di Falconara, erano un paradiso di prosperità. Campi rigogliosi di alberi da frutto, prati fioriti e ruscelli che scorrevano limpidi, disegnavano un quadro di abbondanza che incantava chiunque vi si trovasse. La leggenda narra che questa ricchezza fosse un’eredità lasciata loro da un cavaliere di Malta, un tale Bertu di cui il cognome si era perso nella polvere del tempo, ma che aveva legato il suo destino a quello del Gigante e della sua sorella adorata.
Manfrino, però, non era un uomo che si accontentava di restare fermo. Amava galoppare per le sue terre, osservando da vicino il suo regno, e nulla gli sfuggiva. Un giorno, mentre cavalcava attraverso i suoi campi, scorse da lontano una figura femminile che non aveva mai visto prima. Era una donna straordinaria, con lunghi capelli dorati che danzavano al vento e un portamento elegante che catturava ogni sguardo. La donna sembrava smarrita, come se cercasse qualcosa o qualcuno in quella distesa di fiori e alberi.
Il Gigante, incuriosito e affascinato, spronò il suo cavallo, ansioso di conoscerla. Ma quando giunse nel punto esatto in cui l’aveva vista, la donna scomparve nel nulla, come un sogno dissolto all’alba. Solo l’impronta dello zoccolo del cavallo, incisa nel terreno, rimase a testimoniare il suo passaggio. Fu lì che, col tempo, venne costruita una piccola fontanella, in ricordo di quell’incontro sfuggente.
Da quel giorno, Manfrino non trovò più pace. Ogni notte, sotto il chiarore della luna e il suono delle onde che lambivano la costa di Manfria, il Gigante restava sveglio, scrivendo poesie e intonando canti per quella donna misteriosa che aveva rapito il suo cuore. Era come se il vento portasse con sé il suo volto, e ogni soffio d’aria gli sussurrasse il suo nome. Sua sorella, la Castellana, preoccupata per il fratello che si consumava d’amore, decise di organizzare una grande festa. La sua speranza era che, tra i nobili e i principi invitati, la donna potesse tornare, e che finalmente il Gigante potesse confessare i suoi sentimenti.
E così fu. La festa si tenne nella grande torre di Manfria, e vi parteciparono ospiti da ogni angolo della Sicilia. Ma quando la musica e i festeggiamenti erano ormai nel pieno, tra gli invitati apparve lei, la donna dei sogni del Gigante. Manfrino la vide subito, e in un istante il mondo intorno a lui sembrò svanire. La seguì con lo sguardo, rapito dalla sua bellezza, finché la vide uscire dalla torre e dirigersi verso la spiaggia, come in cerca di quiete sotto il cielo stellato.
Il Gigante la seguì, ma mentre camminava sulla sabbia, il ricordo di una vecchia predizione tornò a tormentarlo. Una strega gli aveva detto che nel giorno più felice della sua vita, avrebbe perso tutto: la sua amata terra si sarebbe inaridita, l’acqua che tanto abbondava sarebbe scomparsa, e persino la sua adorata sorella avrebbe trovato la morte. Manfrino scacciò quei pensieri funesti, deciso a confessare il suo amore, ma il destino aveva altri piani.
La donna, come spinta da una forza invisibile, si immerse nel mare e scomparve tra le onde. Il Gigante tentò di seguirla, ma una strana forza lo tratteneva, immobilizzandolo sulla riva. Intanto, nella torre, un complotto veniva tessuto dai nobili invitati. Gelosi delle ricchezze del Gigante, serrarono le porte e massacrarono gli ospiti, inclusa la povera Castellana.
Quando i cospiratori raggiunsero la spiaggia, trovarono Manfrino paralizzato dal dolore e dalla magia, e con una crudeltà senza pari lo uccisero, ponendo fine alla sua vita ma non alla sua leggenda.
Ma il ricordo del Gigante non svanì con lui. Ancora oggi, nelle notti più calme, si dice che le sue grida di dolore risuonino tra le onde di Manfria, mentre il vento porta con sé l’eco di un amore perduto e di un destino tragico.Nelle calde sere d’estate, quando il sole si spegneva dolcemente dietro l’orizzonte e le strade di Gela si svuotavano dei giochi e delle risate dei bambini, iniziava il vero incanto. I più piccoli, ormai stanchi dalle corse e dai giochi, si raccoglievano intorno alle ginocchia dei loro nonni, impazienti di ascoltare quei racconti che, come una magica filastrocca, venivano tramandati di generazione in generazione. Erano storie che riecheggiavano di mistero e di magia, leggende che facevano rabbrividire e sognare.
Tra i “cunti” più amati e richiesti dai bambini c’era sempre la leggenda del Gigante Manfrino. Il semplice nome evocava immagini grandiose e affascinanti, di un tempo lontano in cui uomini tanto grandi quanto buoni camminavano sulla terra. La storia di Manfrino veniva narrata con tale enfasi che sembrava quasi di poterlo vedere, quel gigante dal cuore d’oro, mentre si ergeva maestoso accanto alla sua torre, sorvegliando con affetto il golfo di Gela.
Manfrino, così lo chiamavano, era un gigante dal cuore gentile, ma dalla forza immensa. Nessuno sapeva esattamente da dove venisse o quale fosse il suo vero nome, ma la sua fama lo precedeva in tutta la Sicilia. Insieme a lui, nella sua torre che dominava l’orizzonte, viveva sua sorella, una giovane donna dalla bellezza inarrivabile, che tutti chiamavano “La Castellana”. Riservata e misteriosa, la Castellana preferiva restare nelle sue terre, lontana dagli sguardi curiosi e dalle chiacchiere del mondo esterno. Si diceva che la sua bellezza fosse tale da illuminare ogni angolo della torre, e che fosse così preziosa agli occhi del gigante da spingerlo a coltivare immensi giardini di fiori e frutti solo per lei.
Le terre del Manfrino, che si estendevano fino al confine con il castello di Falconara, erano un paradiso di prosperità. Campi rigogliosi di alberi da frutto, prati fioriti e ruscelli che scorrevano limpidi, disegnavano un quadro di abbondanza che incantava chiunque vi si trovasse. La leggenda narra che questa ricchezza fosse un’eredità lasciata loro da un cavaliere di Malta, un tale Bertu di cui il cognome si era perso nella polvere del tempo, ma che aveva legato il suo destino a quello del Gigante e della sua sorella adorata.
Manfrino, però, non era un uomo che si accontentava di restare fermo. Amava galoppare per le sue terre, osservando da vicino il suo regno, e nulla gli sfuggiva. Un giorno, mentre cavalcava attraverso i suoi campi, scorse da lontano una figura femminile che non aveva mai visto prima. Era una donna straordinaria, con lunghi capelli dorati che danzavano al vento e un portamento elegante che catturava ogni sguardo. La donna sembrava smarrita, come se cercasse qualcosa o qualcuno in quella distesa di fiori e alberi.
Il Gigante, incuriosito e affascinato, spronò il suo cavallo, ansioso di conoscerla. Ma quando giunse nel punto esatto in cui l’aveva vista, la donna scomparve nel nulla, come un sogno dissolto all’alba. Solo l’impronta dello zoccolo del cavallo, incisa nel terreno, rimase a testimoniare il suo passaggio. Fu lì che, col tempo, venne costruita una piccola fontanella, in ricordo di quell’incontro sfuggente.
Da quel giorno, Manfrino non trovò più pace. Ogni notte, sotto il chiarore della luna e il suono delle onde che lambivano la costa di Manfria, il Gigante restava sveglio, scrivendo poesie e intonando canti per quella donna misteriosa che aveva rapito il suo cuore. Era come se il vento portasse con sé il suo volto, e ogni soffio d’aria gli sussurrasse il suo nome. Sua sorella, la Castellana, preoccupata per il fratello che si consumava d’amore, decise di organizzare una grande festa. La sua speranza era che, tra i nobili e i principi invitati, la donna potesse tornare, e che finalmente il Gigante potesse confessare i suoi sentimenti.
E così fu. La festa si tenne nella grande torre di Manfria, e vi parteciparono ospiti da ogni angolo della Sicilia. Ma quando la musica e i festeggiamenti erano ormai nel pieno, tra gli invitati apparve lei, la donna dei sogni del Gigante. Manfrino la vide subito, e in un istante il mondo intorno a lui sembrò svanire. La seguì con lo sguardo, rapito dalla sua bellezza, finché la vide uscire dalla torre e dirigersi verso la spiaggia, come in cerca di quiete sotto il cielo stellato.
Il Gigante la seguì, ma mentre camminava sulla sabbia, il ricordo di una vecchia predizione tornò a tormentarlo. Una strega gli aveva detto che nel giorno più felice della sua vita, avrebbe perso tutto: la sua amata terra si sarebbe inaridita, l’acqua che tanto abbondava sarebbe scomparsa, e persino la sua adorata sorella avrebbe trovato la morte. Manfrino scacciò quei pensieri funesti, deciso a confessare il suo amore, ma il destino aveva altri piani.
La donna, come spinta da una forza invisibile, si immerse nel mare e scomparve tra le onde. Il Gigante tentò di seguirla, ma una strana forza lo tratteneva, immobilizzandolo sulla riva. Intanto, nella torre, un complotto veniva tessuto dai nobili invitati. Gelosi delle ricchezze del Gigante, serrarono le porte e massacrarono gli ospiti, inclusa la povera Castellana.
Quando i cospiratori raggiunsero la spiaggia, trovarono Manfrino paralizzato dal dolore e dalla magia, e con una crudeltà senza pari lo uccisero, ponendo fine alla sua vita ma non alla sua leggenda.
Ma il ricordo del Gigante non svanì con lui. Ancora oggi, nelle notti più calme, si dice che le sue grida di dolore risuonino tra le onde di Manfria, mentre il vento porta con sé l’eco di un amore perduto e di un destino tragico.
Il Lions Club Gela Ambiente Territorio Cultura, in collaborazione con il Comune di Gela, bandisce il 1° Concorso “Vetrine e Dimore di Natale 2024: il calore dell’ospitalità a Gela”.
L’obiettivo è quello di incentivare tutte le attività commerciali, gli host e gli albergatori ad adornare le vetrine e i dehor delle loro attività con decorazioni natalizie per contribuire a rendere la città di Gela accogliente ed attrattiva durante le festività. Dei riconoscimenti verranno assegnati da una commissione ad hoc ai primi tre classificati nelle diverse categorie.
Il concorso rientra nel service multidistrettuale “Miti e tradizioni“ per la valorizzazione del territorio con le sue tradizioni popolari e si pone come elemento di miglioramento del decoro urbano.
L’iscrizione al concorso sarà valida entro l’8 dicembre 2024 attraverso una pagina web dedicata dove inviare il modulo compilato oltre che tramite consegna brevi manu ai destinatari del concorso stesso.
L’ Ammistrazione comunale attraverso i suoi delegati ed il Presidente del Lions ATC , insieme ai Soci, si recheranno in loco per assegnare i riconoscimenti.
Questo progetto/service a firma Lions ATC è stato entusiasticamente accolto dal Sindaco di Gela Terenziano di Stefano, dagli Assessori Di Cristina, Altamore e Franzone e da tutto il consesso civico. I tre assessori con il presidente Lions Santo Figura e la componente del club Giusi Rinzivillo, i consiglieri Sara Cavallo, Giovanni Giudice , l’esperto in allestimenti Salvatore Migliore fanno parte della commissione che esaminerà le vetrine
L’eurodeputato Marco Falcone conferma di avere un suo nutrito seguito in città. Lo dimostra la folta partecipazione venerdi sera ad una riunione convocata via chat e con il passaparola. Tra i presenti gli ex consiglieri Carlo Romano e Saro Trainito, l’ex sindaco Lucio Greco, l’ex presidente del consiglio Totò Sammito, l’ex assessore Totò Incardona. Amici storici dunque ma anche nuovi amici tra i delusi della gestione mancusiana.
Ed in effetti non sono state poche le lamentele emerse rispetto ai fatti interni di Forza Italia. Il chiacchiericcio che ha sollevato questa riunione è stato notevole: ad esempio la presenza di Trainito molto amico del capogruppo consiliare Antonino Biundo che nelle stesse ore era impegnato nella polemica a distanza con Nadia Gnoffo e Enzo Cirignotta, dell’ex sindaco Lucio Greco che potrebbe ritornare nel suo partito dopo la parentesi civica, un eventuale ingresso anche di Totò Incardona l’assessore più vicino a Greco.
Di certo i falconiani a Gela esistono e il tesseramento e il congresso dimostreranno la loro forza. I mancusiani insomma dovranno darsi da fare. Non possono dormire sonni tranquilli. Dulcis in fundo è arrivato pure il sindaco Terenziano Di Stefano (che di amici politici in comune con Falcone ne ha diversi) a chiedere aiuto all’ eurodeputato su alcune questioni importanti per il territorio. Lo stesso Di Stefano che per l’Oiv del Comune nominò la forzista falconiana Anna Comandatore, salvo poi ad essere costretto a ritirare la nomina per mancanza di requisiti.