Vi proponiamo l’articolo pubblicato su ‘Il sole 24 ore’ dal titolo ‘Da Lecco a Gela, Italia sempre più spopolata’. Gela perde il primato di 5 città della Sicilia e perde pezzi di cittadini , sempre più consistenti a fronte di una politica che, da decenni, sta a guardare senza piani di reintegro. Studenti, neolaureati, intere famiglie in partenza per non perdere la speranza di vita. Ecco il testo:
“Nelle aree interne la crisi demografica corre a velocità doppia rispetto al trend nazionale.
Dal Comune più piccolo (Morterone, 34 abitanti al 1° gennaio 2024, in provincia di Lecco) a quello più popoloso (Gela, 70.811 abitanti, in provincia di Caltanissetta), i territori interni segnano una perdita di residenti del 5% sul 2014, contro il 2,2% della media nazionale.
In particolare, quelli più periferici – secondo le classificazioni Istat – registrano un calo ancora più marcato:- 7,7% , sempre nel decennio. Le strategie per mantenere vive le cosiddette aree interne, di contro, languono o sono poco concrete: per esempio, nel Ddl di Bilancio 2025 è scomparso il contributo per i piccoli Comuni, con una popolazione sotto i 1.000 abitanti, in tutto 1.383 tra quelli censiti nelle aree interne del Paese. Mentre i fondi per finanziare i progetti del piano nazionale per la riqualificazione dei piccoli Comuni, secondo la graduatoria pubblicata ad agosto, hanno coperto solo il 45% delle domande presentate.
I numeri demograficiNelle aree interne si trova il 48% dei Comuni italiani, dove vivono 13,6 milioni di persone e quindi poco meno di un quarto della popolazione italiana. La mappatura è stata aggiornata nell’ambito del ciclo di programmazione dei fondi strutturali 2021-2027 che finanzia la Strategia nazionale per il rilancio delle aree interne (Snai). La classificazione Istat raggruppa gli enti locali in cinque categorie: i Comuni “polo” sono individuati in base alla presenza di servizi legati a istruzione, salute e mobilità; quelli di “cintura”, “intermedi”, “periferici” o “ultraperiferici” sono invece individuati in base ai tempi medi di percorrenza stradale necessari per raggiungere i poli. Delle aree interne fanno parte i Comuni più piccoli (intermedi, periferici e ultraperiferici), connotati dalla scarsa accessibilità ai servizi essenziali.
Su un totale di 3.834 enti locali inclusi nella mappatura, sono 382 quelli meno serviti (ultraperiferici) per cui il tempo medio di percorrenza per raggiungere i servizi essenziali risulta superiore a 65 minuti. Tra questi 42 si collocano in provincia di Salerno, 38 in provincia di Nuoro e altrettanti in provincia di Potenza. Altri 28 rispettivamente sia a Bolzano sia a Brescia, oppure 22 in provincia di Chieti, e così via. In questi territori lo spopolamento colpisce duramente: il trend demografico nell’ultimo decennio (2014-2024) risulta negativo praticamente ovunque. linea A, con 420 milioni di euro distribuiti equamente tra 21 borghi abbandonati o a rischio abbandono (uno per ciascuna Regione e Provincia autonoma), destinati alla realizzazione di progetti pilota per la rigenerazione culturale, sociale ed economica; la linea B, con 580 milioni di euro che andranno a finanziare i 294 progetti di rilancio di piccoli comuni (anche in forma aggregata) con popolazione fino a 5 mila abitanti. A supporto, un regime d’aiuto da 200 milioni di euro per le micro, piccole e medie imprese, profit e non profit, che si trovano, o che intendono insediarsi, nei borghi beneficiari dei finanziamenti per la linea di azione B.Gli assegnatari delle risorse, selezionati tramite avviso pubblico, hanno già ricevuto i fondi e ora hanno tempo fino a giugno del 2025 per finire di avviare gli interventi di valorizzazione, che entro giugno 2026 dovranno essere completati da almeno 250 Comuni. In tutti i progetti selezionati l’elemento trainante per rilanciare turismo, economia e ripopolamento è sempre l’identità culturale.
Come nei Comuni piemontesi di Ormea, Bagnasco e Nucetto, dove la ferrovia storico-turistica del Tanaro farà da motore di sviluppo per i siti storici delle aree circostanti, insieme alle rocche fortificate che saranno oggetto di recupero e trasformazione in spazi per l’aggregazione sociale e culturale. O il territorio della Val di Fiastra, che ha sviluppato il progetto a partire dai percorsi religiosi e dai luoghi legati a San Francesco, pensando a un potenziamento degli spazi comunitari, alla creazione di laboratori e spazi di coworking e alla promozione della ricettività diffusa.A Calascio, in Abruzzo, la Rocca medievale sarà oggetto di nuovi scavi archeologici, a cui verrà associata la creazione dell’Accademia Investimenti e spopolamentoAd esempio a Rocca de’ Giorgi, in provincia di Pavia, i residenti si sono quasi dimezzati (da 82 abitanti ai 45 attuali). In realtà come Terravecchia (Cs), Roccaforte del Greco (Rc) o Monte Cavallo (Mc) si rilevano flessioni demografiche superiori al 35 per cento.I Comuni in controtendenza sono solo 541. Tra questi Moncenisio (To) passato da 35 a 49 abitanti, oppure Alto (Cu) e Dazio (So) dove si registrano incrementi intorno al 20 per cento. Le fragilità localiDall’osservazione più analitica dei dati demografici, nelle aree interne emerge l’identikit di un Paese più fragile.
Anche se il numero di decessi ha superato ovunque quello delle nascite, in queste zone la crescita naturale segna un tasso negativo più marcato (-5,8 abitanti per mille, contro la media di -4,8 per mille); nei Comuni ultraperiferici, in particolare, tra il 2008 e il 2023 si è registrato un calo delle nascite del 36,1% e il tasso di natalità si presenta sotto la media nazionale. Anche il flusso migratorio che origina dalle aree interne e si dirige verso i centri urbani è rilevante: in una nota di luglio Istat contava poco meno di 3 milioni e mezzo di movimenti che hanno interessato questa traiettoria tra il 2002 e il 2023. A cui si aggiungono gli espatri, ripresi negli ultimi due anni dopo la frenata imposta dalla pandemia: l’emigrazione all’estero dalle aree interne risulta più elevata della media, con valori che superano i 2,3 espatri ogni mille abitanti nel 2023, contro il dato di 1,8 a livello nazionale. «La nostra città pur avendo oltre 70mila abitanti – spiega ad esempio il sindaco di Gela, Giuseppe Terenziano Di Stefano – dal 2014 ha dovuto fare i conti con una trasformazione obbligata, dovuta alla chiusura della raffineria. Oggi abbiamo in cantiere progetti per attirare qui i giovani che si sono allontanati per studiare, ma anche i turisti».
Anche in una città più grande, tra i Comuni interni classificati come “intermedi”, non mancano le criticità: «Abbiamo ottenuto fondi per 200 mi-‘Il Ddl di Bilancio cancella il contributo per gli enti locali sotto i 1.000 abitanti, in tutto 1.383 nelle aree interne‘Finora conclusi solo il 17% dei progetti della Strategia nazionale e la programmazione 2021-27 è in stalloDa Morterone a Gela, l’Italia si sta svuotando in 3.834 Comuni fragiliI trend. In dieci anni nelle aree interne spopolamento a velocità doppia (-5%) rispetto alla media (-2,2%). Trend più marcato (-7,7%) in estrema periferialioni tra Pnrr, Pon Fesr e politiche di coesione ma rimane il nodo della spesa: serve un tavolo di confronto con il governo centrale sui temi del monitoraggio e della rendicontazione».
Le politiche nazionaliIl governo centrale, ormai dieci anni fa, ha debuttato con la già citata Snai che, con fondi nazionali ed europei (Fesr, Fse, Feasr), punta a contrastare lo spopolamento e il declino demografico delle aree interne. Tra il 2014 e il 2020 la Snai è andata a finanziare con 496,9 milioni di euro (stanziati) 2.148 progetti dalla Val di Sole ai Nebrodi, passando per l’Alta Tuscia. Di questi, solo il 17% sono stati conclusi e il 5% dei liquidati. Tra i restanti, il 59% è ancora in corso mentre il 20%- quindi uno su cinque – non vedrà mai la luce. Il ciclo successivo di programmazione, quello per il periodo 2021-27, è ancora in fase di definizione: il dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud, ha varato il Piano strategico nazionale per lo sviluppo delle aree interne che è stato poi oggetto di consultazione pubblica fino ai primi di settembre.
«La proposta del governo era quella di un cambio di governance. Dal nostro punto di vista, la Snai per essere davvero efficace dovrebbe diventare una politica ordinaria e non straordinaria» spiega Lino Gentile, sindaco di Castel Del Giudice (Is) e delegato Anci per le aree interne. A due mesi dalla fine delle consultazioni, il piano – gestito dal ministero in capo a Raffaele Fitto, prossimo Commissario Ue – «è in stallo», dice Gentile. Che sottolinea come «le aree interne occupano una superficie pari al 60% del nostro Paese e non possono essere lasciate a loro stesse, c’è bisogno di una maggiore tutela del territorio». E di incentivi: «Nel testo del Ddl di Bilancio in discussione in Parlamento manca il contributo per i Comuni sotto i mille abitanti, che speriamo venga reintrodotto prima dell’approvazione definitiva». In questo contesto si inserisce il disegno di legge Montagna, anch’esso all’esame del Parlamento, che stanzia circa un miliardo di euro in dieci anni per arginare lo spopolamento e migliorare i servizi dei comuni montani.
Risorse che secondo Anci «non sono sufficienti». Anche l’Unione nazionale dei Comuni e degli enti montani (Uncem) chiede che vengano rifinanziati il fondo per la riqualificazione dei piccoli comuni e quello per lo sviluppo delle montagne, ma con una programmazione per aree territoriali omogenee per evitare la dispersione delle risorse senza un coordinamento nazionale’.