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Giudiziaria

Escluso dall’Arma perché obeso: il Consiglio di Stato accoglie il ricorso

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Il giovane A.G. ventenne di Palermo, nel novembre del 2019 è stato escluso dall’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri in quanto ritenuto affetto da “obesità”.

Non condividendo il giudizio di inidoneità, l’aspirante carabiniere ha conferito incarico agli avv. Girolamo Rubino e Daniele Piazza, i quali proponevano un ricorso giurisdizionale innanzi al T.A.R. Lazio contro il Ministero della Difesa ed il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri avverso il provvedimento dell’8 novembre 2019 con cui il giovane siciliano era stato escluso dal concorso per l’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri in ragione della presunta obesità.

I legali incaricati, insieme al ricorso proposto, hanno prodotto certificazioni sanitarie che attestavano la sussistenza dei requisiti per l’arruolamento nell’Arma dei Carabinieri e, pertanto, il T.A.R. del Lazio, alla luce dei principi di prova presentati dagli avv.ti Rubino e Piazza, disponeva una verificazione, in contraddittorio tra le parti, incaricando di ciò la Direzione Centrale di Sanità del Ministero dell’Interno.

A seguito degli accertamenti sanitari effettuati ed in particolare del test bio – impedenziometrico, la Commissione sanitaria preposta, condividendo le censure mosse dal ricorrente, riteneva insussistenti i presupposti sui cui si era fondato il provvedimento adottato dall’Arma dei Carabinieri ed attribuiva al giovane candidato un profilo sanitario perfettamente compatibile con l’iter concorsuale.

A questo punto, in ragione dell’esito positivo della verificazione effettuata dalla Direzione Centrale di Sanità del Ministero dell’Interno il T.A.R. del Lazio: dapprima accoglieva l’istanza cautelare proposta dal ricorrente e, successivamente, ritenendo fondate le censure evidenziate dagli avv.ti Rubino e Piazza afferenti il travisamento dei fatti e il difetto di istruttoria ed in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “le valutazioni effettuate in sede di accertamento dei requisiti psico-fisici – seppure costituiscano tipica manifestazione di discrezionalità tecnica amministrativa – non sfuggono al sindacato giurisdizionale, laddove siano in esse ravvisabili ipotesi di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità” accoglieva il ricorso proposto, annullando sia il giudizio di inidoneità che la graduatoria di merito del concorso e condannava altresì il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri al pagamento delle spese giudiziali.

Avverso la detta sentenza proponeva appello innanzi al Consiglio di Stato il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, chiedendone la riforma previa sospensione.

Anche nel giudizio di appello il giovane aspirante carabiniere si costituiva sempre con il patrocinio degli avv.ti Girolamo Rubino e Daniele Piazza, i quali deducevano l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello proposto dall’Arma, chiedendo, pertanto, la conferma della sentenza di primo grado. Infine, con sentenza del 11 ottobre 2022, il Consiglio di Stato, condividendo le tesi difensive dei legali Rubino e Piazza e ritenendo, di contro, infondate le doglianze dell’Arma dei Carabinieri circa l’infungibilità temporale degli accertamenti fisici effettuati in sede concorsuale,  con conseguente insussistenza della lamentata violazione della par condicio competitorum, ha respinto il ricorso proposto dal Comando Generale dei Carabinieri e conseguentemente, il giovane siciliano dovrà essere arruolato nell’Arma dei Carabinieri

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Giudiziaria

Non poteva vedere il figlio ed ha subito un ammonimento: il Tar gli dà ragione

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Palermo – Con decreto del 3 aprile 2024 il Questore di Agrigento ha ammonito R.M., invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge, astenendosi da ogni forma di molestia, pressione o minaccia, avvisandolo che se avesse mantenuto comportamenti analoghi sarebbe stato denunciato alla competente Autorità Giudiziaria.

L’ammonimento disposto dal Questore si fondava su una annotazione dei militari dell’Arma dei Carabinieri, redatta in occasione di un loro intervento a seguito di un dissidio tra ex conviventi, in quanto la mamma non garantiva al padre il diritto di visita al figlio minore. Non condividendo l’ammonimento, R.M. proponeva un ricorso innanzi al competente Tar assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, i quali censuravano il provvedimento adottato dal Questore di Agrigento, stante l’insussistenza dei presupposti che lo avrebbero potuto legittimare.

Il Tar Palermo disponeva l’acquisizione agli atti del giudizio delle annotazioni di P.G. redatte dai Carabinieri della Tenenza di Favara, poste a fondamento dell’ammonimento e, successivamente, condividendo le argomentazione degli avv.ti Rubino e Piazza ed a seguito di quanto emerso dall’adempimento dell’ordine istruttorio, sospendeva gli effetti dell’ammonimento in ragione della idoneità del provvedimento ad incidere su posizioni giuridiche soggettive di rilievo costituzionale.Infine, con sentenza del 7 marzo scorso il Tar ha accolto il ricorso proposto dagli avv.ti Rubino e Piazza, annullando l’ammonimento disposto dal Questore di Agrigento. In particolare, il Tar, come evidenziato dagli avv.ti Rubino e Piazza, ha rilevato l’insussistenza delle condotte persecutorie riferite dalla presunta vittima e che gli unici atteggiamenti asseritamente vessatori del ricorrente in danno del padre della ex convivente non concretizzavano alcuna seria offesa, né denotavano un reale atteggiamento minaccioso.

Al contempo, il Tar ha osservato che la richiesta di vedere il proprio figlio e di passare del tempo con lui, pur se non regolamentata da alcun provvedimento giudiziale, quantomeno giustificava l’atteggiamento nervoso del ricorrente. Per effetto della sentenza adesso il papà del minore potrà legittimamente vedere e passare del tempo con il figlio minore, senza temere il deferimento all’Autorità Giudiziaria.

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Giudiziaria

Tar: gli studi radiologici non devono cambiare le attrezzature ogni 10 anni

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Palermo – L’Assessorato della Salute della Regione Siciliana con decreto n. 20 del 9 gennaio 2024 ha disposto che tutte le strutture radiologiche, sia di piccole o medie dimensioni, al fine di conseguire o mantenere l’accreditamento debbano utilizzare delle attrezzature che rispettino un requisito di anzianità di esercizio non superiore a 10 anni, calcolato dalla data di primo collaudo.

Lo standard temporale introduceva un requisito fisso, applicabile a qualsiasi attrezzatura (sia essa a bassa, media, alta tecnologia), indipendentemente dal monitoraggio sulle caratteristiche delle apparecchiature, dalla concreta utilizzazione dei macchinari, senza effettuare alcuna valutazione tecnica sull’obsolescenza di ciascuna attrezzatura in relazione all’utilizzo cui è destinata all’interno della struttura e alla branca di riferimento.

Questo requisito ha creato un grave pregiudizio nei confronti dei titolari di strutture radiologiche che si sono trovati di fronte alla possibilità di dover sostituire macchinari perfettamente funzionanti con attrezzature nuove. Attrezzature del genere, oltre ad essere non semplici da reperire, hanno un costo non indifferente per le strutture radiologiche, che di fronte ad una situazione del genere rischiavano non solo di non poter sostenere delle spese così onerose, ma di perdere l’accreditamento. A fronte di un obbligo come questo, dunque, era in gioco la sopravvivenza delle strutture stesse. 

Per queste ragioni diverse società titolari di strutture radiologiche accreditate e contrattualizzate, della Provincia di Agrigento e di altre Province della Sicilia, che da anni erogano prestazioni radiologiche per il SSR, hanno agito in giudizio con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia. Segnatamente, con apposito ricorso proposto innanzi al TAR Palermo, i suddetti difensori hanno sostenuto che il requisito di anzianità, introdotto in assenza di qualsivoglia attività istruttoria volta a determinare l’effettiva obsolescenza delle attrezzature, fosse irragionevole, non proporzionato e non adeguato.

Il TAR Sicilia Palermo, condividendo le tesi degli avv.ti Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, ha accolto il ricorso e annullato la previsione, evidenziando come dalla stessa documentazione versata in atti dall’Assessorato si evincesse che “l’anzianità delle apparecchiature, riferita alla “data di primo collaudo”, costituisce solo uno – per quanto importante – degli indicatori applicabili” e che qualsiasi valutazione delle apparecchiature debba tener conto di innumerevoli fattori come il tempo di utilizzo, eventuali aggiornamenti eseguiti ed essere correlata ad una valutazione dell’efficacia, cioè sulla capacità dell’apparecchiatura in concreto a rendere le prestazioni cui è destinata, in relazione ai sistemi disponibili allo stato dell’arte. 

Per effetto della sentenza le strutture radiologiche non saranno obbligate a sostituire le attrezzature che, pur avendo superato 10 anni di attività, risultano essere ancora perfettamente funzionanti.

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Giudiziaria

Omicidio Dezio: condanna definitiva a 12 anni e 8 mesi

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Vittoria – I Carabinieri della Compagnia di Vittoria, in esecuzione di un provvedimento della Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catania, hanno rintracciato ed arrestato un cinquantunenne del posto, condannato in via definitiva per l’omicidio volontario di Giuseppe Dezio, avvenuto nel 2016.

I fatti risalgono al 2 febbraio di quell’anno, quando l’agricoltore di Vittoria Giuseppe Dezio venne ucciso da una coltellata alla gola nel corso di una lite, scoppiata in campagna per ragioni legate al passaggio lungo una strada interpoderale.

Inizialmente il padre dell’ arrestato aveva dichiarato di aver agito da solo, per difendere i suoi figli, ma i giudici, già in primo grado, non avevano ritenuto credibile la sua versione.

Le indagini condotte dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Vittoria e del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Ragusa, avevano portato alla condanna del responsabile a 22 anni da parte della la Corte di Assise di Siracusa, pena ridotta dalla Corte di Assise di Appello di Catania a 14 anni di reclusione, con l’assoluzione del padre da subito.

Il 29 gennaio il ricorso proposto davanti alla Corte di Cassazione è stato rigettato, rendendo definitiva la condanna a 14 anni, e la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Catania ha emesso un Ordine di Esecuzione per la Carcerazione nei confronti del condannato.

I Carabinieri della Compagnia di Vittoria, ricevuto il provvedimento giudiziario, si sono immediatamente attivati per eseguirlo e hanno rintracciato l’uomo presso la sua abitazione, per notificarlo.

Terminati gli atti di rito, l’uomo è stato tradotto nella Casa Circondariale di Ragusa dove, computata la custodia cautelare cui era stato già sottoposto, dovrà scontare la pena residua di 12 anni ed 8 mesi di reclusione.

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