Molti anni fa, in occasione di un banchetto matrimoniale, la sposa mi chiese espressamente di realizzare un piatto, tutto per lei, che potesse raccontare la Sicilia ai suoi ospiti. Noi siciliani siamo talmente fieri delle nostre tradizioni che ad ogni occasione non vediamo l’ora di far assaggiare le prelibatezze della nostra terra benedetta a tutti i nostri amici forestieri. Nonostante i miei menù fossero già ispirati per buona parte alla cucina siciliana, quella richiesta pretendeva qualcosa di più. La sposa voleva un piatto creativo, inventato in onore del suo matrimonio, che raccontasse in modo nuovo i sapori siciliani.
Quella richiesta, anche per me, era un invito a nozze.
Mi misi immediatamente a lavoro. Da dove partire? La prima cosa che pensai fu “la Sicilia è un’isola circondata dal mare, quindi devo proporre del pesce”. Pensai subito al protagonista del piatto, un bel filetto di orata, ben spinato, cotto a dovere in forno, dolcemente. L’orata è un pesce straordinario che abita nel nostro Golfo di Gela, particolarmente prelibato, le sue carni delicate e saporite si caratterizzano per una discreta grassezza che la rendono adatta alle cotture alla griglia e al forno.
Quando si parla di Sicilia a tavola, si parla spesso di agrumi e di pistacchio di Bronte. Dunque una bella “crosta” di pistacchio, sarebbe stato un bel “vestito” per la mia orata. E pensai che gli agrumi, arance e limoni in particolare, avrebbero potuto profumare una delicata crema di patate che avrei potuto usare come accompagnamento.
Però non mi potevo ritenere ancora soddisfatto. Mancava qualcosa che rendesse quel connubio (di sapori) un matrimonio perfetto.
Una delle più importanti eccellenze della nostra Sicilia marittima è, senza dubbio e senza bisogno di alcuna presentazione, il gambero rosso di Mazara. Un’eccellenza che ci invidiano non solo fuori dai confini regionali, ma anche fuori dai confini nazionali ed europei. Insomma, chi ha gustato in vita sua il gambero rosso di Mazara può definirsi certamente una persona fortunata. Potevo lasciarmi sfuggire questa piccola gemma preziosa? No, di certo…
Non mi restava dunque che scegliere il “vestito” per il mio bel gamberone. Non volevo andare su qualcosa di classico, di già visto, volevo un vestito nuovo di zecca che potesse conferire un’armonia originale a tutto il piatto.
Dopo alcuni esperimenti, decisi di vestire il gambero rosso di Mazara con del bacon affumicato, perché quella nota leggera di affumicatura conferiva al piatto un equilibrio che mi ha conquistato e che avrebbe potuto stupire tutti i commensali. Così fu.
E ancora oggi, quando mi capita di sentire la marcia nuziale in chiesa, penso a quel matrimonio perfetto…
Bando alle ciance, questa domenica si cucina una pietanza senza fronzoli. In una casseruola con dell’olio evo facciamo rosolare delle cosce di pollo, fino ad una intensa doratura. Quando il pollo sarà ben dorato lo mettiamo momentaneamente da parte e nella casseruola tuffiamo abbondante cipolla affettata, uno spicchio d’aglio tritato a qualche dadino di pancetta affumicata.
Quando tutto il soffritto avrà preso colore rimettiamo il pollo, saliamo, pepiamo, e innaffiamo il tutto con una dose generosa di birra. Qui la scelta è personale: birra bionda per un risultato più delicato, birra rossa per una dolcezza ed aromaticità più spiccate, birra scura per un risultato più deciso e robusto. Assieme alla birra mettete anche un mazzetto aromatico con rosmarino, salvia, alloro e timo.
Coperchio e fuoco dolce per un paio d’ore avendo cura di girare di tanto in tanto e se si dovesse asciugare troppo l’intingolo aggiungete ancora uno spruzzo di birra. Per finire in bellezza, quando il pollo sarà tenero che si sfalda solo a prenderlo e si sarà intiepidito, con le mani sfilacciatelo tutto in modo che assorba per benino l’intingolo alla birra. Non vi resta che schiaffare il pollo in un panino e godervelo. Per questa domenica il classico pollo a forno con patate può attendere.
Che meraviglia i sapori di primavera, la mia stagione preferita, fonte di infinita ispirazione. Oggi vi propongo un piatto di gnocchi con degli accostamenti nuovi, da far esultare le papille gustative. Partiamo dalla patate, dovranno bollire in acqua salata per circa quaranta minuti. Mi raccomando di non togliere la buccia altrimenti assorbiranno troppa acqua. Dopo averle pelate e passate nello schiacciapatate, incorporate la farina.
Per un kg di gnocchi calcolate circa 700 grammi netti di patate e 250/300 gr di farina, non oltre altrimenti perdono sofficità. Formate dei rotolini e tagliate formando i vostri gnocchi. Dedichiamoci al condimento. Liberiamo i piselli dai baccelli, questi ultimi possono finire nell’acqua bollente per cuocere gli gnocchi, daranno ulteriore sapore (prima di calare gli gnocchi ovviamente eliminate i baccelli).
In un garbato soffritto di cipolla saltate i piselli ed allungate con dell’acqua, lasciate cuocere qualche minuto. Una parte dei piselli frullateli, gli altri lasciateli interi. In una padella saltate le cicoriette con olio evo, aglio e peperoncino, se sono tenere non serve lessarle in acqua bollente. Invece se sono un po’ coriacee sarà sufficiente lessarle qualche minuto prima di passare in padella. A parte spadellate i cardoncelli affettati, con un filo d’olio, un pizzico di sale e di pepe con la padella ben rovente.
Non rimane che calare gli gnocchi in acqua bollente, saranno cotti dopo pochi minuti non appena salgono a galla. Conditeli con la crema di piselli, i piselli interi, la cicoria ripassata e i cardoncelli. Un tripudio di primavera.
Vivere in campagna ha i suoi indiscutibili vantaggi. Tralasciando la retorica della vita bucolica, la cosa che più mi godo della campagna è il cibo che essa spontaneamente e gratuitamente ci offre. Frutta di ogni tipo, capperi d’estate, lumache che vengono fuori con la pioggia. Ma in primavera ci sono loro, i principi dei campi: gli asparagi selvatici. Raccoglierli è come mangiare patatine fritte, uno tira l’altro. Li vedi spuntare e fare capolino tra irti cespugli, vanno staccati sul gambo sulla parte ancora tenera. Raccolto il mio bel mazzetto non rimane che passare ai consigli dello Chef.
Cosa farne? Un bel risottino? Scelta magnifica. Passarli al burro e usarli come contorno per una sanguinolenta bistecca? Mica fate peccato. Ma secondo me la loro “morte” più nobile è con l’ovetto. Viva la semplicità. Qualcuno diceva che le cose semplici sono il rifugio della gente complicata. Può darsi. E allora un cipollotto novello affettato a rosolare in una noce di burro ed un giro d’olio evo. Anche uno spicchio d’aglio schiacciato che poi andremo a togliere.
Mettiamo gli asparagi lavati e tagliati alla meno peggio. Un pizzico di sale ed uno di pepe, se la gradite anche una punta di peperoncino. Bastano davvero pochi istanti. A questo punto rompete un ovetto nel padellino. Un pizzico di sale ed una generosa spolverata di parmigiano reggiano, mettete il coperchio a fuoco dolce giusto un minuto e mezzo per fare sciogliere il formaggio, il tuorlo deve rimanere assolutamente fondente. Mezzo chilo di pane croccante appena sfornato al panificio. Questa la chiamo felicità.