Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo
Il Postcapitalismo non solo è ateo,ma è anche amorale. Religione e morale facevano parte del mondo antico e contadino, resistendo per migliaia di anni, durante il feudalesimo e per tutto il medioevo. Ma già alla fine del ‘700, con la rivoluzione francese ed il trionfo della borghesia, la religione fu messa in soffitta. Non era più utile ai nuovi modi della produzione che da fondiaria si stava facendo industriale, aziendale, fabbrica. La morale ha seguito il destino della religione. Senza religione non c’è morale. E così, verso la fine dell’800, Nietzsche decretò la morte di Dio. Il libero mercato non deve essere ostacolato da nulla, nemmeno da Dio. E se vince il mercato, Dio perde. Lo stesso vale per la morale. Se essa è di freno all’incremento del Pil, se ostacola lo sviluppo, se riduce o frena i consumi, non va bene. E va ridotta. Ne serve una meno rigida, più compatibile con il mercato mondiale e le sue esigenze di continua crescita. L’uomo postmoderno, quindi, non deve avere scrupoli, nè religiosi nè moralisti. Quello che conta davvero è se il suo operato incrementa il binomio produzione-consumo oppure no. La nuova religione, se così la volessimo chiamare, si chiama sviluppo. Invece di dire credo in Dio, oggi si dice credo nello sviluppo. E nulla è più importante dello sviluppo. Quindi, occorre che le vetuste leggi degli Stati vengano svecchiate, ammodernate, riviste, rese compatibili con le nuove esigenze del libero mercato mondiale.
È quello che sta facendo il nuovo parlamento a maggioranza di destra in Italia. Le recenti modifiche in senso neoliberista nell’amministrazione dello Stato e delle sue articolazioni, come abolizione del reato di abuso d’ufficio per esempio (ma non solo), rispondono bene a questa esigenza di accelerazione dell’amministrazione della cosa pubblica senza andare incontro a remore religiose o morali. Si può corrompere, anzi si deve corrompere. Si può rubare, anzi si deve rubare, al limite si può uccidere, anzi si deve uccidere se tutto ciò ha come fine un incremento dello sviluppo, un allargamento del mercato, un aumento dei guadagni e del potere. Già Dostoevskij ci aveva avvisati: “morto Dio, tutto è lecito”, aveva detto il romanziere russo già a fine Ottocento. E siamo ai nostri giorni con il parlamento italiano che riduce le sanzioni a chi commette reati amministrativi, abolisce il reato di abuso d’ufficio e altre quisquilie come quello di collaboratore esterno della mafia.Il nuovo parlamento a maggioranza di destra si sta mostrando più funzionale alle esigenze economiche moderne del mercato globalista rispetto al vecchio parlamento a maggioranza di sinistra. Per lo meno è più in linea con le esigenze pressanti di sviluppo dell’economia.
I governi di sinistra, invece, guardavano verso i diritti civili, cose egualmente gradite al postcapitalismo post-identitario senza limite. Dio e morale restano a uso e consumo del popolo e dei poveri. Sono vestigie di un tempo che fu, gratificazioni e conforto per chi è fuori mercato.