Lo spettacolo continua con la musica d’autunno e continua a scorrere il calendario degli appuntamenti alle Mura Federiciane nell’ambito dell’89° Stagione concertistica organizzata dall’ Associazione Amici della Musica “Giuseppe Navarra” di Gela, che ha ottenuto il patrocinio del Ministero della Cultura, Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo Regione Siciliana – Assessorato del Turismo dello Sport e dello Spettacolo e del Comune di Gela.
Ecco il nuovo cartellone dei prossimi appuntamento nell’auditorium adiacente alle Mura federiciane prevede per domenica 8 ottobre nella Chiesa San Giacomo la Càlamus clarinet ensamble, con Carmelo dell’Acqua, Nicolò Impallomeni, Giovanni Rabito, Leandro Spitale, Marco Ferrera, Giuseppe Di Bella, Francesco Scacco, Calogero La Mattina, Francesco Greco, Natale Tomarchio, Salvatore Iasia, Marta Romeo, Chiara Sgroi, Aurelia D’Arrò, Santi Cantali, Alessio Zammataro, Berenice Monterosso, Paolo Biancoviso, Salvatore Sapienza, Michela De Luca, Luisa Cariola, Francesco Angelico e Alfredo Anastasio al violoncello, Marta Romeo soprano
Il Càlamus clarinet ensemble è formato da musicisti siciliani. Il direttore musicale è Carmelo Dell’Acqua.I componenti del gruppo hanno seguito corsi di perfezionamento con Richard Stoltzman, Antony Pay, Karl Leister, Gervase de Peyer, Andrew Marriner, Alfred Prinz, Giuseppe Garbarino, Ciro Scarponi, Alessandro Carbonare, Fabrizio Meloni, Calogero Palermo, Vincenzo Paci, Antonio Capolupo, Giovanni Punzi, Michele Marelli, fanno parte di altre formazioni cameristiche e sono vincitori di vari concorsi nazionali ed internazionali.
In collaborazione con L’Offerta Musicale Ensemble, l’ensemble di clarinetti Càlamus ha realizzato programmi dedicati a Wolfgang Amadeus Mozart, alla musica da camera per fiati del Novecento e a musicisti Americani: Leonard Bernstein, Benny Goodman, Morton Feldman.
L’ensemble ha partecipato ad importanti rassegne e produzioni musicali in diverse città italiane e ha suonato anche al VI European Clarinet Festival di Camerino (Macerata, Italia), all’ Internationales Jugend Musik Festival nei castelli di Heldburg e di Tambach nel Rodachtal in Germania, al Festival Het Swik presso il Kielzog TheatreKunstencentrum di Hoogezand-Sappemeer in Olanda, all’Internationales ClarinetFest di Oostende in Belgio, al Gran Canaria International Clarinet Festival presso il Teatro de Culturas di Arinaga e all’XI European Clarinet Congress presso l’Academy of Music Krzysztof Penderecki di Cracovia in Polonia.
Ha presentato in prima esecuzione assoluta composizioni di: Fabio Alessi, Alberto Alibrandi, Angela Arcidiacono, Marco Betta, Massimo Carlentini, Roberto Carnevale, DerStringmitO, Andrea Ferrante, Giovanni Ferrauto, Marcello Filotei, Paolo De Gaspari, Frank Horvart, Marina Leonardi, Michele Mangani, Giovanni Mattaliano, Fabio Mengozzi, Giovanni Nicosia, Giuseppe Rapisarda, Luciano Santonocito, Giancarlo Scarvaglieri, Joe Schittino, Luciano Maria Serra, Antonino Scorsone, Letizia Spampinato, Paolo Vivaldi. Nel 2005 ha eseguito Company di Philip Glass nella nuova versione per ensemble di clarinetti realizzata da Thomas Lawrence Toscano: il brano è stato concertato ed eseguito per la prima volta nel corso di un incontro con il celebre compositore americano. Nel 2008 l’ensemble ha preso parte alla realizzazione della colonna sonora di Paolo Buonvino per la serie televisiva “Il commissario Manara” prodotto e trasmesso da RAI 2. Nel 2019 ha suonato alcuni brani tratti da Tierkreis di Karlheinz Stockhausen nella versione realizzata per clarinetto solista ed ensemble di clarinetti da Michele Marelli.
Il Càlamus clarinet ensemble ha collaborato con: Elif Aksoy, John de Beer, Paolo Beltramini, Antonio Capolupo, Alessandro Carbonare, Radovan Cavallin, Ron Daelemans, Paolo De Gaspari, Andrea Fallico, Corrado Giuffredi, Manuel Jodar, Michele Marelli, Andrew Marriner, Giovanni Mattaliano, Fabrizio Meloni, Gabriele Mirabassi, Susan Moss, Vincenzo Paci, Nicolai Pfeffer, Giovanni Punzi, Milan Rericha, Kevin Spagnolo e Capriccio Clarinet Orchestra (NL). Ha suonato anche con Maurizio Dei Lazzaretti (batterista), Mario Guarini (bassista), Nicola Costa (chitarrista).
Esecuzioni dell’ensemble sono state trasmesse da: Rai International, Rai 3, Filodiffusione Nazionale, Radio Vaticana, Mittel Deutscher Rundfunk.
Il repertorio, sia originale che in trascrizioni, comprende composizioni dal medioevo alla musica contemporanea intercettando anche brani di musica etnica e jazzistica. Le trascrizioni, realizzate da Marco Monitto, sono pubblicate da MDS-Edition, (Austria), SMP Press, (California) e da Edizioni Eufonia (Italia).
Nel 2015 il Càlamus clarinet ensemble ha rappresentato il Conservatorio di Musica “Vincenzo Bellini” di Catania all’EXPO di Milano.
L’ensemble ha inciso per la Suvini-Zerboni, City Record, RaiTrade.
Dal pittore Giovanni Iudice, riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta indirizzata al critico d’arte, Vittorio Sgarbi, attualmente ricoverato all’ospedale Gemelli
Caro Vittorio, mi permetto di scriverti perché testimone della tua generosità nei miei confronti e ciò denota la tua magnanimità che deriva solo dall’Arte. Credo che abbiamo avuto un po’ tutti brutti momenti nella vita, fantasmi inesistenti, mente offuscata e angosce, ma poi tutto svanisce e svanirà pure il tuo momento, anzi, i momenti più alti tra i Grandi, hanno visto precedere quelli bui e chi si eleva a “grande” rimarrà nel buio. Solo persone riflessive e sensibili, generose e altruiste, ne subiscono i dolori di una società brutale. Penso ai grandi geni, Caravaggio fuggitivo, Bernini schiacciato dalla borghesia imperante dopo il fallimento dei campanili di San Pietro ma dopo una lunga depressione scolpì “L’Estasi di Santa Teresa” ritenuta il simbolo assoluto del Barocco. Penso a Munch, ricoverato all’ospedale psichiatrico avendo superato pure la “spagnola”nel 1919, altro che Covid e si ritrasse in giacca da camera come malaticcio. Penso a Vincent Van Gogh che dalla sua depressione e allucinazione diurna, andava nel cuore delle distese dei campi per dipingere (curato dal Dott Giachet, questi più depresso del maestro per invidia alla sua pittura…)
La pittura di Vincent, aveva guarito se stesso da ogni forma di cattiveria umana: “…i passanti gli sputavano sui dipinti in corso nelle campagne di Arles…in quelle campagne dove si nutriva del fiume d’oro dei grani luccicanti al sole, dove ne impastava materia corposa pensando a Rembrandt e leggendo Shakespeare …” ; solo un’anima che sa, che ama, è un’anima generosa. Caro Vittorio, tu questo ce lo hai insegnato, e devi continuare a nutrirci di questa misteriosa e invisibile energia che pontifica noi tutti verso una speranza. Continua a parlarci di Bellezza! Siamo qui Vittorio, ti aspettiamo !
Vivere in campagna ha i suoi indiscutibili vantaggi. Tralasciando la retorica della vita bucolica, la cosa che più mi godo della campagna è il cibo che essa spontaneamente e gratuitamente ci offre. Frutta di ogni tipo, capperi d’estate, lumache che vengono fuori con la pioggia. Ma in primavera ci sono loro, i principi dei campi: gli asparagi selvatici. Raccoglierli è come mangiare patatine fritte, uno tira l’altro. Li vedi spuntare e fare capolino tra irti cespugli, vanno staccati sul gambo sulla parte ancora tenera. Raccolto il mio bel mazzetto non rimane che passare ai consigli dello Chef.
Cosa farne? Un bel risottino? Scelta magnifica. Passarli al burro e usarli come contorno per una sanguinolenta bistecca? Mica fate peccato. Ma secondo me la loro “morte” più nobile è con l’ovetto. Viva la semplicità. Qualcuno diceva che le cose semplici sono il rifugio della gente complicata. Può darsi. E allora un cipollotto novello affettato a rosolare in una noce di burro ed un giro d’olio evo. Anche uno spicchio d’aglio schiacciato che poi andremo a togliere.
Mettiamo gli asparagi lavati e tagliati alla meno peggio. Un pizzico di sale ed uno di pepe, se la gradite anche una punta di peperoncino. Bastano davvero pochi istanti. A questo punto rompete un ovetto nel padellino. Un pizzico di sale ed una generosa spolverata di parmigiano reggiano, mettete il coperchio a fuoco dolce giusto un minuto e mezzo per fare sciogliere il formaggio, il tuorlo deve rimanere assolutamente fondente. Mezzo chilo di pane croccante appena sfornato al panificio. Questa la chiamo felicità.
In quel tempo, si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».
Il Vangelo della III Domenica di Quaresima ci richiama al tema fondamentale di questo tempo liturgico: la conversione. La Chiesa, priva del “Suo Sposo”, è chiamata a digiunare e a fare penitenza, per arrivare a cambiare radicalmente il proprio cuore, per accogliere Cristo nella celebrazione della Santa Pasqua.Gesù prende posizione su due episodi che avevano causato la morte di “innocenti”: l’uccisione di alcuni Galilei, per ordine di Ponzio Pilato, e il crollo della torre di Siloe. Il Signore ci insegna a guardare questi fatti di cronaca con una prospettiva diversa: le sventure della vita non sono da interpretare come una punizione di Dio, conseguente a colpe personali, perché Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta, perché ama il peccatore ed è sempre disponibile a offrirgli il suo perdono e a salvarlo.Gesù ci invita a leggere i fatti della nostra vita secondo la prospettiva della conversione. Benedetto XVI diceva che “le sventure, le calamità naturali, gli eventi luttuosi non devono suscitare in noi curiosità o ricerca di presunti colpevoli, ma devono rappresentare occasioni per riflettere, per vincere l’illusione di poter vivere senza Dio e per rafforzare, con l’aiuto del Signore, l’impegno di cambiare vita”. La novità della conversione cristiana sta nel fatto che è stato Dio, per primo, a chiamarci e a noi spetta il compito di fargli spazio nella nostra vita. Benedetto XVI diceva che la conversione significa abbandonare la strada vecchia dell’errore e decidersi di camminare sulla via nuova, che è Cristo Signore.Il brano evangelico conferma quanto sia necessario rinnovare la vita secondo Dio; infatti, ci viene presentata da Gesù la parabola del fico che non dà frutti buoni. Il dialogo che si sviluppa tra il padrone e l’agricoltore manifesta, da una parte, la misericordia di Dio, che ha pazienza e lascia all’uomo – a tutti noi – un tempo per la conversione; e, dall’altra, la necessità di cambiare interiormente ed esteriormente la nostra vita, per non perdere le occasioni che la misericordia di Dio ci offre. Noi siamo come il fico del Vangelo: viviamo solo perché il vignaiolo è paziente, e continua a zappare, senza stancarsi di concimare.Come al fico sterile, così anche a noi ogni giorno viene regalata una nuova possibilità. Nei gesti del contadino è descritto l’agire di Dio verso di noi e l’urgenza della nostra conversione. Dio ci dona tempo e risorse, per accogliere il suo invito e volgere il nostro sguardo verso di Lui. A tutti è data la possibilità di far germogliare nella propria vita i talenti che Dio stesso ci ha donato.Convertirsi è cambiare il proprio sguardo su Dio, passando dall’immagine del padrone all’immagine del vignaiolo che, con pazienza, lavora le zolle della nostra esistenza e sogna sempre di raccogliere qualche frutto buono.