Ci sono anche tre gelesi tra le 23 persone arrestate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Agrigento che hanno eseguito i provvedimenti emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, nell’ambito di un’articolata indagine. Per gli inquirenti, è stata evitata una probabile “guerra” di mafia. Gli indagati, a vario titolo, devono rispondere di appartenenza all’organizzazione mafiosa “Cosa nostra”, di far parte di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altro. I gelesi coinvolti sono Giuseppe Pasqualino, 33 anni; Rocco Grillo, 32 e Mirko Salvatore Rapisarda di 40.Il blitz ha interessato, oltre a Gela, i comuni di Favara, Canicattì, Porto Empedocle, Santa Margherita Belice, Mazara del Vallo, Partanna, Campobello di Mazara e Castelvetrano.Impegnati il Nucleo Eliportato Cacciatori di Sicilia, i Nuclei Cinofili di Palermo e Nicolosi e il 9° Nucleo Elicotteri di PalermoEseguite perquisizioni personali e domiciliari delegate dalla Procura distrettuale nei confronti di ulteriori 20 soggetti indagati nello stesso procedimento penale.Il provvedimento trae origine dalle attività d’indagini svolte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo Carabinieri di Agrigento e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dal mese di dicembre 2021 a tutt’oggi, mirate alla ricostruzione dell’organigramma e delle attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento/Villaseta, con probabilmente a capo rispettivamente Fabrizio Messina, pregiudicato di 49 anni e Pietro Capraro, pregiudicato di 39 anni, a dimostrazione che, pur essendo stata sensibilmente intaccata nel corso degli anni da varie operazioni, “Cosa nostra” agrigentina è tutt’oggi pienamente operante, dotata di ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i sodali in libertà e di impartire ordini e direttive. La capacità dell’associazione mafiosa di controllare le dinamiche criminali del territorio è emersa in modo evidente, essendosi raccolti chiari elementi dimostrativi della commissione di numerosi reati (estorsioni, detenzioni di armi, incendi e danneggiamenti).Nel corso dell’attività investigativa, gli inquirenti ritengono che gli affiliati, avvalendosi della forza di intimidazione derivante dall’appartenere all’organizzazione mafiosa denominata “Cosa nostra”, costringevano l’amministratore di una società aggiudicataria dei lavori di raccolta e di trasporto di rifiuti nel Comune di Agrigento, ad assumere quali operai almeno cinque persone a loro legate per vincoli familiari o comunque di loro fiducia.Costringevano inoltre il legale rappresentante di una società di carburanti ad interrompere il rapporto lavorativo con un dipendente per sostituirlo con un’altra persona a loro gradita e davano fuoco, al fine di danneggiarli, a due autocarri intestati a una ditta di costruzioni. Le indagini hanno appurato pure che costringevano l’amministratore della società aggiudicataria dei lavori di riqualificazione della Piazza della Concordia del quartiere di Villaseta, ad assumere quale operaio una persona a loro gradita e costringevano anche la ditta aggiudicataria in subappalto degli stessi lavori ad assumere operai a loro graditi. L’organizzazione mafiosa – è stato riscontrato – avrebbe perpetrato una rapina presso il distributore DB di Villaseta, durante la quale s’impossessa della somma di 400 euro che sottraeva al dipendente utilizzando violenza e minaccia; costringeva il titolare di un bar di Agrigento ed i suoi dipendenti, ad erogare loro cibi e bevande senza pagarne il corrispettivo, così procurando a sé l’ingiusto profitto conseguente alla consumazione gratuita di generi alimentari; costringeva, mediante ripetuti atti di violenza e minacce esplicite, il titolare di un esercizio commerciale di Agrigento a corrispondere loro mensilmente la somma di 1.000 euro, così procurando a sé e ad altri l’ingiusto profitto conseguente all’indebita acquisizione della somma di denaro; dava fuoco, al fine di danneggiarlo, a un furgone intestato ad una rivendita di bevande di Porto Empedocle.In altre circostanze esplodevano diversi colpi d’arma da fuoco nei confronti della saracinesca della rivendita e, quale azione dimostrativa a scopo d’intimidazione, diversi colpi di arma da fuoco in direzione della porta d’ingresso dell’abitazione di un uomo di Agrigento, resosi colpevole di aver avuto un litigio con il figlio di uno dei sodali. Gli esponenti di vertice delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e Agrigento-Villaseta risultano, inoltre, avere diretto e promosso due ulteriori distinte associazioni dedite al traffico di sostanza stupefacente che hanno acquisito in piena sinergia tra loro, il monopolio nella provincia di Agrigento.Entrambi i sodalizi criminali hanno, inoltre dimostrato di possedere una non comune capacità di approvvigionamento mediante l’attivazione di contatti e rapporti commerciali non solo con i gruppi criminali delle altre province siciliane ma anche con altri gruppi sia nazionali che esteri (Belgio, Germania e Stati Uniti).Numerosissimi sono stati i trasporti di ingente sostanza stupefacente e la sua relativa cessione a terzi al fine di essere ulteriormente rivenduta al dettaglio. Nel corso dell’indagine, infatti, sono stati sequestrati oltre 100 chili di hashish, oltre 6 chili di cocaina e, lo scorso mese di novembre, anche la somma in contanti di 120.000,00 euro contenuta in cinque pacchi sottovuoto occultati all’interno di un’autovettura. Le più recenti risultanze investigative hanno registrato un’improvvisa e allarmante recrudescenza di gravi atti intimidatori realizzati anche mediante l’utilizzo di armi, probabilmente dovuta sia all’imposizione del rispetto della “competenza” territoriale sia ai tentativi di osteggiare l’egemonia del gruppo mafioso allo stato al vertice della famiglia di Agrigento-Villaseta. Si profilava il concreto rischio che potesse verificarsi un crescendo di azioni intimidatorie che avrebbe potuto portare alla commissione di reati ancora più gravi, ovvero quella che gli stessi indagati definiscono una vera e propria “guerra” di mafia. Nel corso dell’odierna operazione di polizia giudiziaria, le perquisizioni effettuate presso i soggetti sottoposti a fermo e presso gli altri indagati, hanno permesso di rinvenire e sequestrare vari quantitativi di sostanza stupefacente di tipo cocaina, hashish e denaro contante e di trarre in arresto in flagranza di reato un ulteriore soggetto trovato in possesso di circa 200 grammi di sostanza stupefacente di tipo cocaina e 2.700 euro in contanti.Ultimate le formalità di rito, tutti i fermati sono stati tradotti presso varie Case Circondariali della Sicilia, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.