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Dall'Italia e dal Mondo

Crisi nel sistema di giustizia minorile: interviene il sindacato

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Roma – Negli ultimi due mesi, il sistema di giustizia minorile italiano ha registrato una serie di incidenti preoccupanti. Questi eventi, facilmente rintracciabili sui portali di notizie, includono evasioni, risse violente, ritrovamenti di droga e telefonini, incendi e aggressioni a agenti di Polizia Penitenziaria.

Ecco alcuni degli incidenti più gravi:

14 giugno: evasione di 2 detenuti minorenni dal Carcere minorile di Milano;

13 giugno: violenta rissa tra 7 detenuti nel Carcere minorile di Airola;

12 giugno: ritrovamento di droga e telefonini nel Carcere minorile di Milano;

9 giugno: rogo per protesta nel Carcere minorile di Roma, 3 detenuti minori ricoverati d’urgenza in Ospedale;

3 giugno: incendiata una cella nel Carcere minorile di Bari;

29 maggio: rivolta di 70 detenuti nel Carcere minorile di Milano;

28 maggio: tentata evasione dal Carcere minorile di Catania;

28 maggio: incendi e risse nel Carcere minorile di Catania, 4 agenti di Polizia Penitenziaria feriti;

28 maggio: nel Carcere minorile di Milano giovane detenuto cerca di strangolare un agente di Polizia Penitenziaria;

19 maggio: evasione di un giovane detenuto dal Carcere minorile di Milano;

17 maggio: incendiate 3 celle nel Carcere minorile di Roma;

22 aprile: violenze e torture nel Carcere minorile di Milano;

13 aprile: duplice evasione dal Carcere minorile di Caltanissetta;

3 aprile: detenuto aggredisce 3 agenti di Polizia Penitenziaria.

La Polizia Penitenziaria è stanca di vedersi scaricare le responsabilità di un sistema penale completamente allo sfascio, con una governance che non è riuscita ad assicurare condizioni di lavoro idonee a chi serve lo Stato e condizioni di detenzione per i giovani adulti e minorenni degne di un Paese civile.

Interviene il Presidente della Confederazione Sindacati Penitenziari (CON.SI.PE.) Mimmo NICOTRA –  chiediamo quindi al Governo, e in particolare al Ministro della Giustizia Carlo NORDIO, di prendere atto della gravità della situazione e di valutare l’avvicendamento dell’attuale vertice dipartimentale della Giustizia minorile italiana. È necessario un cambio di passo rispetto alle attuali modalità di gestione, che si è dimostrato non solo inadeguato, ma anche pericoloso per la sicurezza dei detenuti e del personale penitenziario.

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Pietro Salini, AD Webuild: ‘il ponte sullo Stretto per essere connessi”

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Milano – “La scelta di realizzare o no il Ponte sullo Stretto di Messina è politica e non tecnica, quello che possiamo affermare è che come Gruppo con la filiera abbiamo tutte le competenze tecniche e le tecnologie per realizzarlo bene, senza rischi, e nel massimo rispetto della legalità, come dimostriamo ogni giorno in Italia e nel mondo progettando, realizzando e consegnando opere complesse”. È quanto ha dichiarato Pietro Salini, Amministratore Delegato Webuild, ospite di ReSart su Rai 3

Questo progetto si inserisce in un piano di investimenti infrastrutturali molto più ampio portato avanti dal Governo Meloni e dal Ministro Salvini. Realizzare quest’opera significa dare ai 5 milioni di cittadini siciliani l’opportunità di essere connessi al Paese come tutti gli altri, con gli stessi diritti. Significa concretizzare un piano articolato di infrastrutture facendo sì che l’alta velocità ferroviaria su cui abbiamo già investito in Italia oltre 100 miliardi di euro raggiunga la Sicilia, dove forse mai come in questo momento si stanno realizzando ingenti investimenti in infrastrutture”.

Prosegue Salini: “Dobbiamo immaginare un ampio piano di sviluppo infrastrutturale per la Sicilia nell’ambito del quale abbiamo lavorato ad un piano in grado di affrontare e risolvere in due anni il grave problema dell’acqua e della siccità con intervento di mercato di investitori interessati, rispondendo a quanto richiesto dalla Regione Siciliana. Come dimostriamo ogni giorno con gli impianti realizzati in Medio Oriente, con il nostro piano possiamo metter fine una volta per tutte all’emergenza idrica di cui soffrono oltre 2,3 milioni di siciliani in aree critiche, soggette a razionamento dell’acqua e aggravate dal precario stato di conservazione delle reti acquedottistiche e del sistema dei bacini di accumulo”, ha proseguito Salini.

“Con il progetto del Ponte l’Italia si proietta sulla scena mondiale con un’opera incredibile dal punto di vista ingegneristico e trasportistico. Il progetto comprende anche importanti opere di collegamento sui versanti Sicilia e Calabria funzionali al Ponte, opere non funzionali al Ponte e opere di mitigazione ambientale, perché unite, Reggio Calabria e Messina danno luogo ad una grande metropoli. In Sicilia, infatti saranno realizzate tre fermate ferroviarie in sotterraneo che, unite alle stazioni di Villa San Giovanni, Reggio Calabria e Messina, daranno concretezza al sistema metropolitano interregionale per l’area dello Stretto, una metropolitana al servizio dei suoi oltre 400mila abitanti. In Calabria, tra le altre cose, sarà realizzato un centro direzionale multifunzionale”.

Il Progetto del Ponte “è stato assegnato al consorzio Eurolink a seguito di una gara internazionale, e oggi Webuild è al lavoro con gli spagnoli di Sacyr, con cui abbiamo già realizzato la straordinaria opera dell’ampliamento del Canale di Panama, e i giapponesi di IHI, specializzati nel settore ponti e cavi. Con queste competenze il Ponte si può fare”.

Per quanto riguarda il tema delle faglie, Salini ricorda che è necessario far chiarezza su cosa sia una faglia. “Di faglie inattive ce ne sono infinite e ovunque nella crosta terrestre, anche in zone non soggette a rischio sismico, come, ad esempio, sotto il centro di Milano. Solo le faglie attive e capaci vanno tenute in considerazione nella progettazione delle opere. La faglia di cui si è parlato tanto in questi giorni non è definibile attiva e tantomeno capace, vale a dire non è in grado di tagliare la superficie e quindi di interagire con le fondazioni degli edifici che vi si trovano sopra. Guardiamo ai grandi ponti sospesi costruiti in aree fortemente sismiche come il Ponte di Akashi Kaikyō in Giappone, che ha resistito al devastante sisma di Kobe del 1995, e il Ponte di Çanakkale in Turchia, che attraversa lo stretto dei Dardanelli con una campata centrale di 2023 metri, e che è stato costruito proprio sulla base del modello di impalcato elaborato per il Ponte sullo stretto di Messina. Questi esempi dimostrano che è possibile realizzare strutture sicure e durature anche in zone ad alta pericolosità sismica e contesti geologicamente complessi. Che il Ponte si possa fare è un fatto, che è sicuro è un altro fatto, se si vuole fare o meno è una scelta per l’Italia”, ha concluso Salini.

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Riconfermato il Presidente della Federazione dei medici Filippo Anelli

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Le elezioni per il rinnovo dei vertici della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma, hanno portato alla riconferma del Presidente Nazionale Filippo Anelli, del Vicepresidente Giovanni Leoni e del Segretario Roberto Monaco, accanto a loro ci sarà anche il nuovo Tesoriere Brunello Pollifrone. Eletti anche i componenti del Comitato Centrale e della Commissione Albo Odontoiatri nazionale, guidata dal nuovo Presidente Andrea Senna. 

“Plaudiamo alla riconferma del Presidente Filippo Anelli alla guida della FNOMCeO- esclama il Presidente dell’OMCeO provinciale Giovanni D’Ippolito, parlando anche a nome dell’intero Consiglio Direttivo- Il lavoro svolto in questi anni è stato apprezzato dalla comunità medica su tutto il territorio nazionale. Siamo certi che la Federazione, con il Presidente Anelli, continuerà a svolgere un ruolo fondamentale nella promozione dell’eccellenza della pratica medica, nella difesa dei valori etici e deontologici e nella garanzia di un sistema sanitario sempre più efficiente e vicino alle esigenze dei pazienti. Complimenti- quindi prosegue- ai componenti dell’Esecutivo, a tutto il Comitato Centrale e al neo eletto Presidente CAO nazionale Andrea Senna per questo incarico che li vedrà impegnati per il prossimo quadriennio”. 

La Sicilia verrà rappresentata all’interno del Comitato Centrale attraverso la presenza di ben due componenti, il Presidente dell’OMCeO di Palermo Toti Amato e del Presidente della CAO palermitana Mario Marrone. 

“Siamo felici del prestigioso incarico che è stato loro affidato. Siamo certi- conclude il Presidente nisseno D’Ippolito- che sapranno rappresentare al meglio le istanze di tutti i colleghi siciliani, garantendo il loro impegno a favore della tutela della professione medica e della salute dei cittadini della nostra Regione”.

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Antoci: “No alle scorciatoie per i boss al 41 bis”

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Bruxelles – Ha un male incurabile è per tale motivo che va ai domiciliari Ernesto Fazzalari, il boss della ‘ndrangheta arrestato nel giugno 2016 mentre era il latitante più ricercato dopo Matteo Messina Denaro.

Lo ha deciso il Tribunale di Sorveglianza di Bologna dopo che la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi del suo difensore, ha annullato tre ordinanze di rigetto del differimento della pena o della concessione della detenzione domiciliare, in seguito al trasferimento di Fazzalari presso il centro diagnostico e terapeutico del carcere di Parma.

“Nel rispetto rigoroso della malattia di Fazzalari e del suo diritto alle cure ritengo tale decisione un segnale negativo. Un sistema carcerario che manda a casa un boss che è al 41 bis per curarsi è un sistema del tutto inadeguato e fallimentare, che consente inammissibili scorciatoie rispetto alle esigenze di sicurezza volte ad evitare che il mafioso dia ordini ai suoi sodali – così Giuseppe Antoci eurodeputato e Presidente della Commissione Politica DMED del Parlamento Europeo – membro della Commissione Giustizia a Bruxelles e vittima di un agguato mafioso nel 2016 salvato, dopo un violento conflitto a fuoco, dagli uomini di scorta della Polizia di Stato.

“D’altronde, come si può immaginare che il boss ai domiciliari perché malato non faccia frequenti visite mediche in ospedale, con enorme dispendio di uomini e mezzi per garantire il regime di sicurezza cui è sottoposto? A quel punto il contatto con l’esterno diventa molto probabile – continua Antoci.

“È invece nelle strutture carcerarie che si devono fornire le cure adeguate, nel pieno rispetto del diritto alla salute del detenuto; come è accaduto per Matteo Messina Denaro. Un boss mafioso che va ai domiciliari per curarsi torna ad essere pienamente operativo: si vuole forse lanciare un messaggio di indulgenza alle organizzazioni mafiose?” – ancora Antoci.

Il tema non è quello di uno Stato che si vendica ma di uno Stato che abbia la capacità di attuare il giusto bilanciamento fra la sicurezza pubblica e il giusto diritto alle cure che, nella fattispecie e come già fatto per capi mafia come Matteo Messina Denaro ed altri, poteva essere salvaguardato – ancora Antoci.

“Comprendo che è un tema scivoloso ma mi sento di rappresentare la preoccupazione di tanti cittadini che, se si dovesse cominciare a seguire questa scia, potrebbero veder tornare a casa, nei propri territori, una sfilza di componenti di famiglie mafiose. Su questo penso che vada posto un campanello di allarme” – conclude Antoci

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