Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma diceva Antoine Laurent Lavoisier, chimico e fisico francese del ‘700. I corpi di uomini ed animali si trasformano in cenere durante un lungo processo naturale. Oppure c’è la cremazione che accelera questo processo ed evita i problemi delle difficili sepolture. I rifiuti umidi si trasformano più celermente attraverso procedimenti chimici naturali che creano il percolato. Poi ci sono rifiuti solidi più resistenti di difficile eliminazione. Un tempo i rifiuti erano modesti: erano i tempi della fame e non esisteva il consumismo. Poi è arrivato il benessere e i rifiuti la fanno da padrone, almeno nei paesi in cui non sono arrivati i sistemi moderni di smaltimento. In altre realtà ci sono anche italiane ci sono i termovalorizzatori.
Che cosa è il termovalorizzatore? Lo dice la stessa parola: valorizzatore dei rifiuti attraverso l’alta temperatura
Il termovalorizzatore è un inceneritore che converte il calore generato dalla combustione dei rifiuti in energia destinata ad altro uso; può svolgere la funzione di centrali elettriche producendo energia elettrica tramite un impianto costituito da una turbina a vapore alimentata dal vapore scaldato dalla combustione dei rifiuti. Oltre alla produzione di energia elettrica al termovalorizzatore può essere associato un impianto cogenerazione per il teleriscaldamento o un impianto di gassificazione per la produzione del gas di sintesi.
Diamo uno sguardo alla storia:
A Nottingham nel 1874 la società “Manlove, Alliott & Co. Ltd.” su progetto di Alfred Fryer, costruì il primo inceneritore, chiamato destructor. Presto nel Regno Unito molti altri furono costruiti. Anteriormente alla prima guerra mondiale iniziarono ad essere utilizzati per la produzione e la vendita di energia elettrica. La disponibilità di questa energia convinse alcune municipalità di dotarsi di veicoli elettrici per la raccolta dei rifiuti. Il clinker inerte, prodotto finale della combustione era usato per pavimentazione stradale od opere di bonifica.
Nel 1903 a Frederiksberg fu costruito il primo termovalorizzatore danese, dopo che la municipalità aveva esaurito i siti disponibili per la discarica dei rifiuti urbani; l’impianto produceva energia elettrica e calore venduti al vicino ospedale e altri due impianti simili furono costruiti negli anni ’30 a Gentofte e Aarhus; la costruzione si arrestò allo scoppio della seconda guerra mondiale, per riprendere negli anni ’60[3]. Al 2018 il 12% delle abitazioni domestiche danesi è riscaldato da questi impianti[4].
Il primo termovalorizzatore municipale in Cecoslovacchia fu costruito nel 1905 a Brno: era un impianto di incinerazione con sette camere di combustione collegato ad una macchina a vapore Babcock-Wilcox con integrata una turbina per produrre corrente elettrica, inserita in rete tramite una stazione locale a 300 metri dall’impianto. Un secondo termovalorizzatore fu costruito nel 1934 a Praga. Nel 2011 l’impianto di Brno fu completamente rifatto con una capacità annua di trattamento di 248000 tonnellate di rifiuti e una produzione di 8-9.6 MJ/kg.
Eppure nel profondo sud nel 2022 si grida ancora allo scandalo.
L’EPA (Environmental Protection Agency) ha sviluppato una piramide gerarchica di valutazione delle procedure di smaltimento dei rifiuti non pericolosi riconoscendo che un unico approccio metodologico di smaltimento non è valido per tutte le circostanze. Questa gerarchia segue la logica di prediligere la riduzione del materiale che concorre a produrre rifiuti, il riutilizzo del materiale e il riciclo.
Il recupero di energia con i termovalorizzatori fa parte di questa piramide, posizionato al di sopra del trattamento dei rifiuti e loro deposito in discarica, questo in quanto la combustione confinata e controllata dei rifiuti urbani decresce il volume dei rifiuti solidi da interrare nei siti di discarica e permette anche di recuperare energia dalla loro combustione, divenendo secondo l’EPA una sorgente di energia rinnovabile che riduce le emissioni di carbonio riducendo sia la richiesta di energia da fonti fossili che le emissioni di metano dalle discariche
Il 29, 30, 31 dicembre ed il 5 gennaio 2025, dalle 18,30 e fino alle 2 del mattino, in concomitanza con i concerti, su provvedimento del comando di Polizia Municipale, avranno efficacia i seguenti provvedimenti in materia di circolazione e di sosta all’interno del centro abitato: Divieto di sosta con rimozione forzata (eccetto auto di protezione civile, ambulanze, antincendio, servizi di polizia) in Piazza Umberto; Via Navarra, tratto compreso tra la via Damaggio Fischetti e la via Bresmes Via Aretusa, tratto compreso tra piazza Umberto e via Ventura Via G.N. Bresmes, tratto compreso tra la via Ventura e la via Cairoli Piazza Umberto, intero perimetro Con una ulteriore ordinanza è stata interclusa la circolazione veicolare dalle ore 18,30 alle ore 2,00 nel tratto di via Marconi . via Damaggio Fischetti.
La videosorveglianza di Macchitella Lab fino al 2045, la manutenzione fino al 2045 della vegetazione nelle aree limitrofe alla villetta Auriga e del parco gioco e della fontana nella stessa villetta,la ricarica elettrica gratuita delle auto comunali.
Questo ha chiesto il Comune alla Clinica Santa Barbara in cambio dell’approvazione del progetto delle pensiline fotovoltaiche nelle aree pubbliche antistanti la clinica adibite a parcheggio in prossimità di via Minerbio e via Tresigallo. Un progetto bloccato da tempo che è stato rispolverato dall’amministrazione Di Stefano.
Prende il via il progetto “Creative learning for innovation and inclusion: my place is your place”, presentato dall’Aps Aretè e approvato dal programma Erasmus+, che si svolgerà nel periodo 2024-2026 sotto la gestione dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ Indire per conto della Commissione Europea. L’associazione gelese Aretè, presieduta da Salvatore Di Simone, è capofila della rete internazionale cui partecipa anche l’istituto superiore “Morselli”, rappresentato dalla dirigente Viviana Aldisio e dalla docente referente dei progetti Erasmus Gabriella La Rocca.
Per l’associazione Aretè, referente dei progetti Erasmus è la prof. Tiziana Finocchiaro. Nel partenariato sono presenti anche l’Itc international di Praga, Istituto di formazione professionale, e l’Escola secundária de Amarante. Italia, Repubblica Ceca e Portogallo insieme per un progetto europeo scelto «fra più di 500 candidature – precisa il dott. Di Simone –, ma solo il 10% è stato approvato. La nostra proposta progettuale, in termine di punteggio ottenuto, risulta essere vicina all’eccellenza».
L’associazione capofila Aretè si occuperà in particolare di formazione Itc, apprendimento cooperativo e sviluppo delle competenze trasversali, oltre alla formazione in inglese. L’obiettivo sarà quello di promuovere un “Apprendimento creativo per l’innovazione e l’inclusione: il mio posto è il tuo posto”, come definisce il titolo stesso del progetto.