Era il 20 giugno 1575, e un’afa implacabile avvolgeva le mura di Terranova di Sicilia, l’odierna Gela. La città, circondata da terre aride e solcate dai venti del Mediterraneo, sembrava ancora portare i segni delle razzie e delle invasioni che avevano devastato la Sicilia nei decenni passati. Tuttavia, quella calda estate, le strade di Terranova furono animate da un evento di grande importanza: l’arrivo dell’arcivescovo Ludovico de Torres, una delle figure più rispettate della Sicilia.
De Torres, arcivescovo di Monreale, aveva deciso di proseguire i suoi pellegrinaggi estivi nei paesi dell’isola, compresa Terranova, che, pur essendo una piccola città fortificata, godeva di una certa importanza grazie alla sua posizione strategica lungo la costa. Al suo arrivo, il prelato fu accolto con tutti gli onori dai frati minori cappuccini, che da soli quattro anni si erano insediati in quel convento, posto appena fuori dalle mura cittadine, in una zona relativamente isolata e vulnerabile.
Il convento, un luogo di pace immerso nella quiete e a strapiombo sul mare, era protetto soltanto dalla sua posizione lontana dalle rotte principali dei mercanti, ma quell’anno, qualcosa di diverso si stava muovendo nel Mediterraneo. Lontano dalle attenzioni delle potenze europee, il sultano Murad III aveva inviato contingenti di uomini lungo le coste, facendoli passare per pirati comuni, con lo scopo di accumulare ricchezze e bottini da riportare a Istanbul.
Quella notte, mentre il vento del mare soffiava dolcemente tra le strade polverose di Terranova, una flotta silenziosa apparve all’orizzonte, dirigendosi verso la spiaggia della città. Gli abitanti, ormai abituati ai suoni del mare, non si resero subito conto del pericolo che stava per abbattersi su di loro. Solo le torce delle imbarcazioni e il rumore sordo dei remi che fendono l’acqua diedero il primo segnale di allarme.
I pirati erano sbarcati!
Con una precisione quasi militare, gli uomini di Murad III iniziarono a razziare le case vicino la spiaggia di Terranova, ma la città stessa rimase relativamente intatta. La loro attenzione, infatti, era stata attirata da una notizia ben più interessante: l’arcivescovo Ludovico de Torres, ospite del convento dei cappuccini, era una preda ben più preziosa di qualsiasi bottino.
I pirati si avvicinarono furtivamente al convento, passando tra i canneti e gli ulivi che circondavano l’edificio. De Torres, immerso nella preghiera serale insieme ai frati, dove oggi sorge la villa Garibaldi, non aveva alcun sospetto del pericolo imminente. I frati, consapevoli della vulnerabilità del convento, avevano chiuso le porte, ma queste non erano certo costruite per resistere all’assalto di uomini armati.
L’irruzione fu rapida e brutale. I frati cercarono di opporre una resistenza, ma furono facilmente sopraffatti dai pirati, che entrarono nel convento come furie nel cuore della notte. Ludovico de Torres, sebbene terrorizzato dall’assalto, non perse la sua compostezza. La sua fede lo sosteneva anche nei momenti più bui, e mentre i pirati lo trascinavano fuori dal convento, il suo sguardo era fermo, quasi come se sapesse che il destino della sua cattura avrebbe avuto ripercussioni ben più grandi per la Sicilia.
Fu portato via sotto il cielo stellato, verso una nave ancorata poco lontano dalla costa. I pirati, soddisfatti del loro bottino, si ritirarono senza infliggere ulteriori danni alla città o ai suoi abitanti, consapevoli del valore del loro ostaggio. Le voci si diffusero rapidamente tra le vie di Terranova ed emissari furono inviati nei paesi vicini:
l’arcivescovo era stato rapito!
I giorni successivi furono segnati dall’attesa e dalla paura. I Terranovesi pregavano affinché il riscatto richiesto dai pirati fosse pagato rapidamente, e che Ludovico de Torres potesse tornare sano e salvo. Le trattative, seppur complicate, furono avviate dalle autorità e dalla chiesa. L’arcivescovo, nel frattempo, restava prigioniero in una nave turca, la sua fede ancora intatta, consapevole che il suo destino era nelle mani di Dio. Il rapimento di Ludovico de Torres divenne una delle vicende più discusse nella Sicilia di quegli anni, non solo per il valore religioso dell’arcivescovo, ma anche per il simbolismo della sua cattura da parte di uomini di un’altra fede.
Il riscatto, alla fine, fu pagato, e Ludovico de Torres fu liberato dopo settimane di prigionia. Il suo rapimento rimase una ferita aperta per la città di Terranova, che da allora visse nel terrore costante di nuove razzie e assalti.
E’ partito con molto seguito il Festival internazionale di cinepoesia “Versi di luce 2024”. L’inaugurazione a Gela, presso il cineteatro “Antidoto”, martedì 10 dicembre. Il festival è organizzato da “Cineclub 262” e “Stellamaris” con il sostegno della Regione Siciliana-Assessorato Turismo, sport e spettacolo, Sicilia film commission e Ministero della cultura. Patrocinato, tra gli altri, dal Comune di Modica e dal Comune di Gela. Subito il ricordo dei sessantacinque anni dal premio Nobel a Salvatore Quasimodo e la presentazione dello spettacolo di cineteatro.
“Non sposto un segno al mio cuore”, scritto da Nausica Zocco. L’autrice ha introdotto la sua opera. A seguire, è iniziata la proiezione dei corti in concorso. In programma:“Globo di neve-Snowglobes” di Gregory Vardarios;“Il genitore professionale-The professional parent” di Eric Jasan;“In quanto a noi-From our side” di Simone Massi. Dalle ore 20, si è tenuta la proiezione lungometraggio in concorso “Il mare nascosto-The hidden sea” di Luca Calvetta, con la presenza del regista. Oggi, mercoledì 11 dicembre, la giornata del Festival è stata assai ricca di presenze.Alle ore 18:30, a Modica, presso il salone “Ente Liceo Convitto”, si è tenuta la proiezione di altri tre corti in concorso. Si tratta di “Mercato libero-Call bait” di Giuseppe Cacace;“Pezzi dentro-Pieces Whitin” di Sam Luk; “Sette minuti-Seven minutes” di Alessia Bottone.
A seguire, la proiezione del lungometraggio “Misteriosamente inventato-Mysteriously inventend” di Francesco Cordio. Il regista presente insieme al protagonista, l’attore Ivan Giambirtone. Il lungometraggio ha come punto di riferimento narrativo l’opera dell’artista Nino Cordio.
Grande entusiasmo per gli studenti della 3º D dell’istituto comprensivo “Verga”, dopo essere stati a Roma per ricevere il primo premio (insieme ad altre sei scuole in tutta Italia) al concorso ”Testimoni dei diritti”, rivolto alle classi prime e seconde delle scuole secondarie di primo grado nel quadro delle attività di formazione promosse dal Senato della Repubblica.
Proprio ieri a Palazzo Madama si è svolta la cerimonia di premiazione, cui hanno preso parte anche i senatori gelesi Ketty Damante e Pietro Lorefice che si sono congratulati con i giovani gelesi. Il loro video, “Sii solidale per dare valore all’essenziale”, è stato selezionato per l’impegno ed il messaggio condivido.
Ad accompagnare gli alunni in Senato la dirigente della “Verga” Viviana Aldisio e le insegnanti Maria Rosa e Maria Bonanno. Nel loro elaborato, gli alunni hanno approfondito in particolar modo le attività di tre associazioni ovvero la Casa del volontariato, la Piccola casa della misericordia e l’associazione Orizzonte.
Via libera dalla giunta regionale alla declaratoria di calamità naturale e al riconoscimento dell’avversità meteomarina per i territori dell’Agrigentino e del Nisseno colpiti dall’alluvione del 19 ottobre. Due proposte dell’assessore regionale all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo, che permetteranno di attivare le misure di sostegno alle imprese agricole e ittiche che hanno subito danni.
«Il governo regionale – dice Barbagallo – ha preso atto delle conseguenze dell’ondata di maltempo sulle attività produttive ed è intervenuto per sostenere le imprese in maniera concreta: verranno ripristinate le strutture agricole danneggiate e saranno ristorate le aziende della pesca messe in difficoltà dalle avversità meteorologiche».
Nello specifico, è stata approvata la declaratoria di calamità naturale per i danni all’agricoltura nei territori a cavallo tra le province di Agrigento e di Caltanissetta che consentirà di avviare un bando della sottomisura 5.2 del Psr 2014-2022 per il ripristino dei terreni agricoli e del potenziale produttivo. L’esondazione del fiume Salso e dei torrenti Rizzuto e Imera meridionale ha interessato un’area di circa 60 ettari e sono stimati danni per 962 mila euro nel Comune di Licata, nell’Agrigentino, e per oltre 1,7 milioni di euro nei comuni di Butera, Mazzarino, Riesi e Sommatino, nel Nisseno. Si tratta di stradelle poderali e interpoderali, suoli agricoli per asportazione e accumulo di terreno, serre e tunnel, impianti di irrigazione, recinzioni, colture arboree, strutture portanti dei vigneti, fabbricati rurali, canali di scolo, invasi e pozzi che potranno essere ripristinati con i fondi del Psr.
In difficoltà anche le aziende della pesca nell’area di Licata. Lo straripamento del Salso, infatti, ha riversato in mare arbusti, sterpaglie e materiale ligneo che hanno impedito alle imprese della piccola pesca del territorio di continuare le attività nel tratto antistante le coste licatesi, con diversi casi di mancato recupero delle reti e delle attrezzature sovraccaricate di detriti. Per questo la giunta ha riconosciuto l’avversità meteomarina di carattere eccezionale che permetterà di attivare il fondo di solidarietà regionale della pesca e dell’acquacoltura per 300 mila euro.