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Lo Scrivo a Il Gazzettino di Gela

La chiesa e il problema del riconoscimento

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Dall’architetto Roberto Loggia, riceviamo e pubblichiamo

“In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.

E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.”. Si tratta del capitolo 16 del Vangelo secondo Matteo, segnatamente dei versetti da 13 a 18, in cui si narra del Signore Gesù che, dopo aver compiuto prodigi, guarigioni, esorcismi e resurrezioni, si trova, un giorno, con i suoi discepoli fuori della Terra Santa, esattamente a Cesarèa, in un luogo ritirato. Gesù approfitta di quel momento per chiedere loro ciò che la gente pensa e dice di Lui.

I dodici gli riferiscono allora tutte le opinioni che avevano raccolto in giro, le più disparate: per alcuni era Giovanni il Battista risorto, per altri il profeta Elia, per altri ancora Geremia.Il popolo era dunque parecchio confuso riguardo alla sua identità, ma in questa confusione si può cogliere comunque un tratto comune: le considerazioni su di Lui erano state, tutte, positive.Insomma il giudizio popolare era sicuramente positivo ma nessuno aveva ancora compreso che Lui, Gesù, fosse il Figlio di Dio, Dio stesso: quel riconoscimento sarebbe venuto invece qualche istante dopo da uno dei Suoi discepoli.

Quando si rivolgerà infatti verso di loro per chiedere: «Ma voi, chi dite che io sia?» gli risponderà prontamente Pietro, affermando: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.Il popolo aveva conosciuto ed apprezzato Gesù per le Sue gesta e per la Sua predicazione ma non era stato ancora in grado di attribuirgli la Sua reale e regale identità; i suoi discepoli, invece lo riconoscono come Figlio di Dio. Quella di Pietro è la risposta che Gesù attendeva e che Gesù stesso certifica a Pietro essere segno di beatitudine per il discepolo (“Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli…”.).

Al popolo sarebbe stato dato di riconoscere Gesù in un secondo momento, dopo che avrebbe istituito la Sua Chiesa, guarda caso fondandola proprio su colui il quale, per primo, lo aveva riconosciuto: lo stesso Pietro.Gesù, che leggeva nei cuori e nei pensieri però non avrebbe avuto necessità di sentirselo dire: sapeva già che Pietro lo avrebbe riconosciuto, ma ha voluto comunque dargli modo di esprimere il suo riconoscimento come atto salvifico e professione di fede ed è a partire da quel riconoscimento, da quell’attestazione, che Dio ogni giorno, come per Pietro anche per noi, ci garantisce beatitudine ed amicizia con la Sua Persona e con quella del Padre.

Questo brano del Vangelo di Matteo ci fa quindi comprendere il valore immenso del riconoscimento: riconoscere l’identità, i valori, le qualifiche ed anche i titoli del nostro prossimo è, similmente, anche la base delle relazioni umane qualificate e qualificanti.Oggi la Chiesa sta vivendo una delle fasi più buie della propria storia bimillenaria ed alla base di questa crisi c’è anche un problema di riconoscimento.

Una parte sempre più consistente del Popolo di Dio, dei fedeli, non riconosce più Francesco come Papa; non lo riconosce tale, sia in relazione alle “innovazioni” che egli sta cercando di apportare alla morale e alla tradizione della Chiesa che, da ultimo, anche a dei presunti profili di invalidità delle sue elezioni. Sono oramai davvero tanti i fedeli, i sacerdoti ed anche alcuni vescovi che asseriscono che il suo predecessore, Benedetto XVI, non avrebbe, in sostanza, rinunciato al Papato e ciò avrebbe reso abusivo il Conclave con cui è stato eletto Francesco e quindi nulla ed invalida la sua elezione.

A sostenere questa tesi peraltro sono oggi diverse personalità del mondo cattolico, insigni giornalisti e noti giuristi (avvocati e magistrati) che affermano che alla base della rinuncia di Papa Ratzinger ci sarebbero state delle pressioni a seguito delle quali egli avrebbe deciso di dare le dimissioni in maniera soltanto apparente, o comunque imperfetta, e cioè dichiarando di rinunciare al solo “ministerium” (l’esercizio pratico del papato) ma trattenendo il “munus” (ossia l’investitura divina) per porsi così, di fatto “in sede impedita”, come previsto dall’art. n. 335 del Codice di Diritto Canonico.

Tra l’altro l’atto canonico con cui egli avrebbe manifestato l’intento di voler abdicare sarebbe anche inesistente in quanto privo dei requisiti propri di una vera e propria rinuncia e risulterebbe soltanto una mera dichiarazione (titolata da Benedetto XVI appunto “declaratio” mentre, invece, avrebbe dovuto chiamarsi “renuntiatio”) che avrebbe iniziato ad avere efficacia in un momento posteriore (e cioè alle ore 20 del 28 febbraio 2013) rispetto a quello di effettiva promulgazione (avvenuta l’11 febbraio 2013). E ciò basterebbe, a dire dei canonisti e dei giuristi, a rendere inesistente l’abdicazione.

A sostegno della loro tesi questi prelati e studiosi evocano il combinato disposto degli articoli 76 e 77 della Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis che, richiamando l’art. 332 comma 2 del Codice di Diritto Canonico, prevede che l’atto di rinuncia del Sommo Pontefice, per risultare valido debba contenere l’espressa rinuncia sia al munus che al ministerium e che se ciò non si verifica (come appunto nell’atto con cui Ratzinger ha dichiarato di voler rinunciare al papato) l’elezione del Papa che succede al rinunciatario è nulla e invalida “…senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito.”.Così facendo Ratzinger sarebbe rimasto Papa e questa sarebbe la ragione per la quale egli non avrebbe mai smesso d’indossare la talare bianca, di impartire le benedizioni apostoliche ed, in alcune pubblicazioni, di firmarsi come Sommo Pontefice.

Ci ri riferisce ad esempio al libro “I sacramenti. Segni di Dio nel mondo”, pubblicato il 24 ottobre 2019 ed in cui Benedetto XVI, di suo pugno, si è firmato con la sigla PP, propria dei pontefici regnanti. Le personalità convinte del permanere del papato di Ratzinger anche dopo la sua rinuncia al solo ministerium, sostengono inoltre che la figura del “Papa Emerito”, attribuitagli, in realtà non esiste nelle leggi canoniche della Chiesa e quindi il papato emerito sarebbe una trovata per tentare di spiegare al mondo il perché Benedetto XVI avrebbe continuato a comportarsi da Papa pur non essendolo più (almeno apparentemente).

Questi sacerdoti e questi prelati –è bene precisare- non hanno mai contestato il papato inteso come istituzione fondativa della Chiesa ma hanno soltanto sollevato il dubbio che l’attuale Pontefice possa essere stato eletto secondo una procedura non proprio regolare. E dicono di averlo anzi fatto proprio per difendere la sede petrina. Oggi sono almeno undici i sacerdoti che hanno sposato in toto, hanno proclamato e spiegato la tesi per la quale il Cardinale Bergoglio non sarebbe mai stato validamente eletto Papa e quindi che il soglio petrino sarebbe vacante dalla data della morte di Benedetto XVI e cioè dal 31 dicembre 2022. Non riconoscendo Francesco come Papa celebrano la Messa non in unione con lui ed in vetus ordo (in latino) senza menzionarlo. Nove di essi si sono costituiti in un gruppo denominato Sodalizio Sacerdotale Mariano guidato da Don Alessandro Maria Minutella e formato da Fra Celestino della Croce, Don Vincenzo Avvinti, Don Gebhard Josef Zenkert, Don Enrico Bernasconi, Don Pavel Cap, Don Robert Benko, Don Johannes Lehrner e Don Ramon Guidetti.Due invece hanno fatto outing da poco e non si sono associati al Sodalizio: Don Ferdinando Maria Cornet e Don Giorgio Maria Farè, fine teologo appartenente all’Ordine dei Carmelitani Scalzi.

A Don Ferdinando Maria Cornet si deve peraltro la pubblicazione di un testo di estrema validità con cui il Padre ha trattato esaustivamente l’argomento: “Habemus Antipapam – Indagine in onore della verità” e prossimamente pubblicherà anche il libro “Alla ricerca del munus perduto.”Questi sacerdoti risultano oggi in buona parte scomunicati o in attesa della notifica della scomunica, senza, pur tuttavia, che nessuno di loro abbia ricevuto delle contro-argomentazioni in ordine ai manifestati e spiegati profili di invalidità del papato di Bergoglio.Per iniziativa del Dott. Andrea Cionci, insigne giornalista, il 6 giugno scorso è stato depositato, presso il Tribunale Vaticano un apposito ricorso, già regolarmente protocollato e volto ad ottenere il riconoscimento della nullità delle dimissioni di Ratzinger (e quindi della nullità/invalidità dell’elezione di Francesco) che è stato protocollato nei giorni scorsi.

Ad ogni buon conto ed anche a prescindere dai profili di possibile illegittimità del suo papato, si può affermare, e senza timore di smentita, che non esiste nella storia della Chiesa un Papa più controverso di Francesco e ciò fa venire meno il presupposto della cosiddetta “accettazione universale” quale indizio di validità del papato. Ciò che gli si contesta afferisce soprattutto all’esortazione apostolica Amoris Laetitia con cui è stata autorizzata la Santa Comunione alle coppie divorziate e risposate, alla dichiarazione Fiducia Supplicans con cui invece sono state autorizzate le benedizioni alle coppie omosessuali e, da ultimo, anche l’apertura al sincretismo religioso manifestato con l’affermazione per cui le religioni sarebbero tutte uguali. Fra i suoi contestatori si annoverano Mons. Joseph E. Strickland, Vescovo statunitense ed altri tre vescovi che peraltro, già da tempo, si sono espressamente pronunciati apertamente nel senso di aver messo in dubbio la validità dell’elezione di Francesco: Mons. René Henry Gracida, Vescovo emerito del Corpus Christi, Texas, USA, l’Arcivescovo Mons. Jan Paweł Lenga e Monsignor Luigi Negri, Vescovo di Ferrara. Francesco è stato pesantemente contestato anche dall’ex Nunzio Apostolico statunitense Mons. Carlo Maria Viganò che nel luglio 2023 ha fondato l’associazione Exsurge Domine per fornire sostegno al clero, ai laici e ai tantissimi religiosi sospesi, ridotti allo stato laicale o sanzionati dalla gerarchia cattolica a causa delle loro posizioni anti-bergogliane.

Ma in verità i sacerdoti ed i prelati che sin dall’inizio si sono apposti a Francesco sono molti di più di quelli appena. Ci si limita per ragioni di brevità ma si rimanda alle innumerevoli dichiarazioni oramai di dominio pubblico rilasciate, ad esempio, da Mons. Antonio Livi, dal Monaco benedettino Don Enrico Roncaglia e dal sacerdote ecuadoregno Don Ruben Martinez-Cordero.In definitiva sussistono oggi molteplici elementi per i quali ci si può aspettare che qualcuno dei Cardinali non nominati da Bergoglio, mosso da un impulso autenticamene evangelico si chieda “Chi è Francesco?”, metta sul tavolo questa questione e tenendo, e rendendo, conto degli elementi di dubbiezza emersi sulla validità della sua elezione, dia finalmente una risposta satisfattiva e decisiva al popolo di Dio.Nel caso in cui Francesco venisse confermato si scrollerebbe di dosso quell’alone di discredito che oramai serpeggia nella Chiesa; se invece venisse riconosciuta l’invalidità della sua elezione si potrebbe dare alla Chiesa un vero Pontefice per mezzo dell’elezione da parte dei cardinali di nomina pre-2013: quelli nominati da Francesco chiaramente non potrebbero votare perché se l’elezione di Francesco fosse risultata effettivamente nulla ed invalida, per l’effetto lo sarebbero anche le loro nomine.

D’altronde se si considera il principio canonico per cui “Papa dubius, Papa nullus”, per il quale se esiste anche soltanto il dubbio che un Papa non sia stato canonicamente eletto allora questi non è Papa (affermato anche dalla Dottrina: cfr. F. M. Cappello, Summa Iuris canonici, t. I, Roma, 1961, 297), quest’iniziativa sarebbe da ritenere persino un atto dovuto, a beneficio dei fedeli, dell’intera Chiesa e quindi dello stesso Francesco.

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Se io non voglio… razionalmente, potrei volere inconsciamente

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Dallo psichiatra Franco Lauria, riceviamo e pubblichiamo

La “vittima” non sempre è solo vittima, ma a volte anche carnefice. E viceversa.
Il provocare della vittima consiste nel non tenere in giusto conto il contesto spazio-temporale e culturale in cui si vive, insomma la realtà. C’è un deficit di realtà.
E la realtà umana è fatta anche da diversi tipi di uomini-maschi, uomini sereni e uomini non sereni, di uomini saggi e di uomini fragili, di uomini empatici e di uomini narcisi, di uomini miti e di uomini violenti, di uomini sani di mente e di uomini malati di mente, di uomini felici e di uomini infelici, di uomini tossicodipendenti e di uomini alcolisti, di ludopatici e di polidipendenti…

Realtà complessa, variegata, problematica. Il non volerne tenere conto, immaginando una realtà semplice e lineare di uomini sani, responsabili e tutti uguali, implica un eccesso di individualismo infantile e narciso da parte della vittima. La vita in società è un continuo equilibrio dinamico fra l’Io e il Noi. Un venirci incontro vicendevolmente.
Dare sempre ragione all’Io e torto al Noi oggi è l’ideologia postcapitalista del consumismo illimitato che promuove i desideri individuali e non accetta nessun No da parte del gruppo.
Invece la frase ” io non voglio” e il resto
devono essere inquadrati in un contesto più generale dove la comunicazione non è solo verbale, ma anche e soprattutto non verbale. Bisogna vedere il tono con cui lo dici, il modo come lo dici. La forma può smentire il contenuto. Bisogna valutare di caso in caso. Comunicazione verbale e non verbale. Comunicazione cosciente e non cosciente. Si rafforzano, vanno nella stessa direzione o sono in conflitto e vanno in direzione opposta? Freud e Pirandello sono i riferimenti psicologici e teatrali più pregnanti. E la psicologia americana di Palo Alto ha dato un contributo notevole a capire meglio le relazioni umane, le loro assonanze e le loro contraddizioni.
La comunicazione non verbale passa attraverso l’inconscio che può essere in sintonia o non in sintonia con la coscienza.
Posso dire No con la parola, ma Si con lo sguardo, con gli occhi o con i vestiti o con la gestualità, con il cuore… La vita è sempre contraddittoria e ambivalente.
La coscienza razionale è solo una superficie lievissima della mente umana che è invece un oceano inconscio profondissimo.
La mente, e quindi la personalità, è molto più ricca della coscienza. Se vogliamo far coincidere mente e coscienza torniamo a prima della psicoanalisi, cioè a più di150 anni fa.
Vogliamo negare la psicoanalisi? Vogliamo che la comunicazione non verbale conti meno di zero? Quanti di noi hanno litigato e detto “io non voglio” e poi invece lo hanno fatto, anche ferocemente e selvaggiamente? Il desiderio si nutre del divieto. O piuttosto questo nuovo femminismo vuole imporre una dittatura moralista, noiosa, banale, infantile della coscienza? Regressione e moralismo intrecciati mi sembrano i connotati culturali di questo “delirio” femminista ignorante e/o ipocrita.
(I maschietti femministi? Che pena).

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Interporto: “per uscire dall’impasse, c’è la speranza…”

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Dall’Associazione Interporto rappresentata dal dott. Marco Fasulo, riceviamo e pubblichiamo

“La provincia di Caltanissetta, ultima in Italia per reddito pro capite lordo, rappresenta una ferita aperta nel cuore della nostra nazione, un paradosso inaccettabile per un territorio così ricco di risorse naturali, di manodopera altamente specializzata e di posizioni strategiche nel crocevia delle comunicazioni globali.

Questa povertà non è figlia del destino, ma dell’incapacità cronica delle classi dirigenti di valorizzare un patrimonio unico nel suo genere. Eppure, una speranza concreta emerge come una luce in fondo al tunnel: la futura realizzazione di Interporto Gela, una struttura di importanza epocale che promette di trasformare non solo Gela e la Sicilia, ma anche l’Italia intera, proiettandola al centro della comunità economica europea e mondiale.

Grazie alla sua posizione privilegiata, punto di congiunzione naturale tra il Canale di Suez e il Mediterraneo, Interporto Gela rappresenterà la chiave di volta per una rinascita economica, abilitando la realizzazione di infrastrutture portuali avanguardistiche e di un Hub Containers nel Golfo di Gela. Queste opere saranno in grado di attrarre investimenti internazionali, creare migliaia di posti di lavoro e rendere il sistema logistico siciliano e italiano il più potente e competitivo del pianeta.

Con il futuro Ponte sullo Stretto di Messina, opera senza pari al mondo, l’Italia diventerà la piattaforma logistica più ambita del globo, una porta d’accesso privilegiata tra l’Europa, l’Africa e l’Asia, un esempio di innovazione e lungimiranza per le generazioni a venire.Questa visione non è solo un sogno, ma una promessa concreta di cambiamento, un impegno per riscrivere il destino di una provincia e di un popolo, restituendo dignità e prosperità a un territorio troppo a lungo dimenticato. Gela sarà il simbolo della rinascita, la Sicilia il cuore pulsante del Mediterraneo, e l’Italia il faro di sviluppo e modernità per il mondo intero”.

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Campetto Comunale di Manfria all’abbandono

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Riceviamo e pubblichiamo una nota del Comitato di Manfria a firma del presidente Maurizio Cirignotta

Che Manfria sia completamente posta all’abbandono questo è sotto gli occhi di tutti. Ma che le infrastrutture già esistenti vengano volutamente distrutte è solo uno scempio amministrativo che colpisce la Frazione di Manfria e tutti i suoi abitanti abituali, tra cui giovani ed altro.

La frazione, come si evince dagli atti amministrativi del Comune di Gela, non è stata considerata rispetto ad altri quartieri e non si è mai trovata una vera soluzione al processo di urbanizzazione e valorizzazione di questo territorio.

Ci troviamo di fronte ad un caso palese di gestione discutibile del bene pubblico che va denunciato in tutte le sue sfaccettature. Il campetto in questione, infatti, è stato oggetto di un progetto di riqualificazione collegato ai fondi della Democrazia Partecipata erogati dalla Regione Sicilia per il 2023.

La somma dedicata al progetto era di 59.800,00 euro collegata al recupero e riqualificazione del campo di calcetto sito nella frazione di Manfria come da protocollo generale del 13/10/2023 n.97286 ed utile alla realizzazione di un centro sportivo ricreativo polivalente di aggregazione giovanile e inclusione sociale, oltre che di svago per bambini, eventi sportivi e per la comunità di manfria. Il grave sospetto è che nella programmazione di bilancio della Regione Siciliana questi fondi non spesi siano stati incamerati nelle casse regionali come già fatto per altri comuni siciliani.

Tutto il direttivo rimane esterrefatto dalla valenza di una questa azione demolitiva voluta e perpetrata negli anni.

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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
Publiedit di Mangione & C. Sas - P.iva: 01492930852
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