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L'uomo, il tempo, la memoria

Dove va l’umanità?

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Si potrebbe dire che è già iniziato l’ultimo viaggio dell’uomo. Ma proclamare questa verità potrebbe turbare gli animi sensibili, e dare l’idea che questa affermazione abbia una veduta “nichilista” e “escatologica” sulle sorti futuri del mondo. D’altronde, le nuvole sempre più oscure che lo minacciano sono così evidenti che solo gli idioti possono non rivelarlo o coloro che a tutti costi si dichiarano ottimisti anche quando hanno una pistola puntata alla tempia. In verità, le parole di Primo Levi che diceva: “Perchè la memoria del male non riesce a cambiare l’umanità?A che serve la memoria?” sono una perfetta sintesi del perché il mondo stia scivolando verso l’annientamento. L’uomo non ha mai saputo trarre vantaggio dalle esperienze della storia, e costantemente torna a provocare immani tragedie, le guerre in primis. Restringendo poi il discorso alla nostra Europa, salta bene all’occhio come il vecchio continente non sia più la guida del mondo dal punto di vista politico, economico, filosofico e religioso, avendo dissolto il proprio patrimonio di cultura, creatività, fede, tradizioni con la stessa facilità con la quale si buttano nella pattumiera gli avanzi del pranzo o della cena. Questo ha determinato la fine di quell’Occidente cristiano di cui Carlo Magno, incoronato Imperator Augustus nell’anno 800 da papa Leone III fu il patriarca (ops, che brutto termine!) è stato il grande restauratore, promuovendo la rinascita degli studi politici, teologici e umanistici in Europa.

Un periodo aureo, nutrito da santi ed artisti, poeti ed eroi, in cui per secoli ci siamo riconosciuti, almeno sino ai due apocalittici conflitti mondiali, per poi accusare, dopo il boom economico del dopoguerra, gli sconvolgimenti sociali e ideologici del ’68. In quell’anno infatti, dietro i proclami delle nuove libertà sociali, delle battaglie pro-aborto e divorziste, iniziò la lenta ma inarrestabile frantumazione dell’“Io” più profondo del nostro continente, perchè quel “vento rivoluzionario” insieme ad alcune legittime conquiste, portò pure ad un pacifismo di comodo e a una tolleranza di comportamenti, capaci di disgregare tutto, sostituendo la fede e la forza di un tempo che ci caratterizzavano con la fragilità e il relativismo secolare di oggi, dove ogni scelleratezza in nome di una equivoca interpretazione dei “diritti” è consentita. Ma anche qui la storia ci insegna come la corruzione, la mollezza dei costumi, la morte di principi e valori, siano sempre stati il cancro di ogni civiltà. Lo stesso Impero romano al fine crollò non tanto per la forza dei suoi nemici quanto per la propria inerzia e inettitudine. E allora cosa fare di fronte a questo panorama così scoraggiante? Attendere passivamente il colpo fatale e definitivo, che potrà derivare da una guerra nucleare o dall’irreversibile dissesto climatico frutto dello sciacallaggio fatto del nostro pianeta? O ancora dall’estinguersi delle identità “uomo” e “donna” dietro le allucinanti teorie gender? No, il pessimismo non deve assumere i colori resa. Ce lo hanno ricordato anche i sommi pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che dell’Europa Cristiana “morente”, e dell’intero pianeta agonizzante, sono stati gli ultimi e più combattivi paladini. D’altra parte, in questo mondo ferito non mancano persone illuminate che possono invertire l’impervia rotta della nostra nave. E se il tempo di questa umanità dolente sembra scaduto, ci sono sempre i supplementari che possono condurre al recupero e al ribaltamento del risultato. Allora, pur nella pragmatica presa di coscienza dell’imbarbarimento e della decadenza della nostra civiltà, che le forze buone, le forze sane, l’intelligenza pura di uomini e donne non assoggettati ai sistemi di poteri, non schiavi di ipocriti buonismi e di malate ideologie facciano la loro parte. Con severità, con coraggio, con lo spirito di sacrificio che fu dei nostri avi. Dicevano i latini “Faber est sue quisque fortune”.

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L'uomo, il tempo, la memoria

Nel cinema il soffio dell’eternità

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Da oggi il nostro giornale si arricchisce di una nuova firma: è quella di Gianni Virgadaula, giornalista, regista, scrittore e sceneggiatore. Negli anni, ha collaborato con grandi maestri del cinema, quali Federico Fellini, Nanni Loy e Pupi Avati. Si è formato professionalmente alla Libera Università del Cinema fondata da Cesare Zavattini. Virgadaula ha ricoperto diversi ruoli: consigliere nazionale dell’Unione Cattolica Stampa Italiana, membro dell’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Storia del Cinema, fondatore del Museo del Cinema Pina Menichelli, direttore della Scuola di Cinematografia “Paolo VI” e direttore artistico di eventi cinematografici. È autore di oltre 20 pubblicazioni. Virgadaula curerà per “Il Gazzettino di Gela” una rubrica quindicinale dal titolo “L’uomo, il tempo, la memoria”. Si comincia oggi.

Sin dalla notte dei tempi il desiderio dell’uomo è sempre stato quello di raggiungere l’immortalità. Lo ha fatto attraverso la religione, l’arte, la magia, l’alchimia e nella contemporaneità continua a farlo attraverso la scienza, la ricerca biologica, la cibernetica, addirittura l’intelligenza artificiale. Ma di fatto questa idea dell’ umanità di eternarsi, al di là dei grandi progressi della medicina e dell’ allungamento della vita, è rimasta un’utopia. Si moriva duemila anni fa così come si muore oggi. Eppure un soffio di immortalità c’è venuta dal Cinema. Basti pensare che già l’indomani della prima proiezione dei fratelli Auguste e Louis Lumière, avvenuta il 28 dicembre in via dei Cappuccini di fronte a 33 spettatori paganti, alcuni giornalisti che assistettero a quel mirabolante spettacolo scrissero come la fotografia in movimento avrebbe debellato la morte come fatto assoluto e definitivo. E in fondo è vero. Tutt’oggi, nel vedere figure come Totò Charlie Chaplin, Stan Laurel e Oliver Hardy, Gary Cooper e John Wayne, difficilmente pensiamo siano persone non più in vita. Il principe De Curtis ci farà sempre scompisciare dalle risate ogni qualvolta un suo film passerà in tv. E le danze di Fred Astaire e Ginger Rogers ci delizieranno ancora per i prossimi 100 anni. E non è finita qui. Infatti, se oggi possiamo ascoltare la voce dei nostri nonni, rivedere le loro fattezze, è sol perché una macchina da presa o una telecamera, anche amatoriali, ne hanno colto per sempre la fisicità, il timbro di voce, la risata, forse persino il carattere. Questa la potenza della cinematografia che dalla sua invenzione, (sono trascorsi 129 anni), ha raccontato e testimoniato la storia del mondo. Ci ha fatto conoscere le sembianze di re e regine, di papi e statisti (Leone XIII nel 1903 fu il primo pontefice ad essere filmato da una cinepresa). E ancora, ci ha raccontato le guerre, le rivoluzioni, i disastri naturali, ma anche le grandi imprese sportive, i progressi tecnologici, le conquiste dello spazio. Allora ecco l’immortalità dataci dal Cinema. Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Gigi Proietti, Marlon Brando, Marilyn Monroe, Greta Garbo, non sono mai morti.

Le generazioni passano. Noi stessi passiamo, ma loro no. Essi sono sempre lì incorruttibili, immuni da malattie, non contagiati dalla vecchiaia, che ci strizzano l’occhio dallo schermo. Ridono, piangono, amano, a colori o in bianco e nero, ma comunque onnipresenti. E a proposito di immortali, auguri alle splendide novantenni Brigitte Bardot e Sophia Loren, ma anche ai 100 anni di Marcello Mastroianni che penso continui a fumare i 2 suoi pacchetti di sigarette al giorno pure lassù in Paradiso, e con il quale ho avuto il privilegio di girare 2 film: “Ginger e Fred” di Federico Fellini e “A che punto è la notte” di Nanni Loy.

Gianni Virgadaula

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