Roma – Un proverbio arabo recita: “La felicità non è un posto in cui arrivare ma una casa in cui tornare”.
Molte sono le famiglie italiane, e tra queste tante di piccoli imprenditori che, travolti dalla crisi economica, rischiano di non avere più una casa in cui tornare o, quantomeno, la possibilità di mantenere la casa che con tanti sacrifici avevano comprato e nella quale sino ad oggi hanno abitato.
La crisi economica, l’aumento dei costi dei mutui, la difficoltà di realizzare nuovi contratti, o surroghe/sostituzioni, sta creando una difficoltà inimmaginabile a rispettare gli impegni assunti, che porta molti crediti in situazioni di incaglio, di default e poi alla procedura esecutiva, che mette in discussione non solo la proprietà dell’abitazione che con immani sacrifici è stata acquistata, ma perfino la possibilità di continuare ad abitarci.
Da uno studio presentato dall’osservatorio “Salva la Tua Casa” su dati elaborati dalla Nomisma e forniti da QBT – Reviva emerge una situazione da allarme sociale simile a quella che qualche anno fa, causò una serie di suicidi, in special modo tra i piccoli imprenditori.
Non va dimenticato che le microimprese spesso sono ditte individuali, non fallibili per le dimensioni del fatturato e che pertanto sono assimilati alle procedure riservate ai cittadini semplici consumatori.
Secondo lo Studio già citato, il tempo medio tra un default e l’iscrizione della relativa procedura esecutiva è di circa due anni.
I possibili effetti posticipati del caro tassi e del perdurare della crisi dei consumi potrebbero diventare ancora più evidenti nei prossimi mesi.
Tali fattori fanno prevedere per il 2024 un possibile aumento delle aste, con un numero stimato compreso tra 160.000 e 180.000 aste (pari ad un +12% rispetto al 2023). Per Guido D’Amico, presidente di Confimprese Italia: “Occorre dare fiducia per evitare gesti disperati”. E il vicepresidente vicario Giovanni Felice aggiunge: “E’ importante intervenire come è successo negli Stati Uniti dopo la crisi del 2007 e studiare il modo con cui al proprietario può rimanere la disponibilità dell’immobile anche sotto forma di affitto per poi successivamente ricomprarlo”.
I dati sin qui esaminati sono in larga parte confermati dall’analisi del Centro Studi AstaSy Analytics di NPLs RE_Solutions.
Dal 1° gennaio al 30 giugno 2023 sono finiti all’incanto 59.816 unità immobiliari, il che significa circa 332 immobili al giorno, sabati e domeniche comprese. Il 76,82% di questi, cioè 45.951, è finito in vendita proprio in seguito alle esecuzioni immobiliari. Un altro 20,11% è riferibile ad espropri per procedure concorsuali (soprattutto fallimenti, ma anche concordati preventivi, ristrutturazioni del debito, liquidazioni coatte amministrative e crisi da sovraindebitamento), mentre il restante 3,07% delle unità immobiliari è oggetto di contenzioso civile.
Questo dato dimostra che, sebbene rappresentino un valido strumento di tutela dei cittadini, le procedure di ristrutturazioni del debito non sono sufficienti a garantire al debitore la proprietà dell’immobile e nemmeno la possibilità di continuare a vivere nella casa di residenza.
Le regioni che registrano un numero maggiore di aste giudiziarie sono relativamente allo stesso periodo: la Lombardia, la Sicilia, il Lazio, la Campania e la Toscana. Da sole, rappresentano il 50% circa delle vendite all’incanto di tutta Italia e contano un numero di aggiudicazioni ben sopra alla media di 2.987 aste giudiziarie:
- Lombardia: 8.490
- Sicilia: 7.547
- Lazio: 5.560
- Campania: 4.699
- Toscana: 3.910
Sul portale delle vendite pubbliche del Ministero della Giustizia risultano,alla voce immobili in Italia 315.198 annunci.
In Sicilia gli immobili s0n0 36.318 di cui 2590 in provincia di Palermo.
I costi
Il primo dato da attenzionare è la riduzione del valore degli immobili in asta, che, in media, era del 45% nel periodo 2017 – 2022 (Fonte: elaborazione Nomisma su dati QBT – Reviva) ed è cresciuta come percentuale di perdita sino al 65% nel 2023.
Non meno importante è l’ incidenza spese su credito da recuperare che è del 24% sul credito vantato dal 1° creditore ipotecario (Fonte: studio Associazione T.S.E.I.), mentre l’ incidenza spese sul ricavato loro dell’asta è pari al 32% .
Il credito medio recuperato in asta per il creditore di 1° grado è pari al 50% (Fonte: studio Associazione T.S.E.I.) mentre il credito medio recuperato in asta sul credito totale è pari al 43%.
Il dato definitivo è che il debitore, oltre a perdere la casa, rimane esposto per il 57% del debito totale, con le conseguenze psicologiche che è facile immaginare.
La tragedia non finisce qui. Infatti, il debitore che ha perso la sua casa, per trovarne una dovrà confrontarsi con un mercato degli affitti che ha visto, da gennaio 2016 ad oggi ,, i caconi aumentati del 52%, con la variazione più elevata (+14,6%) che si è registrata tra gennaio 2023 e gennaio 2024.
In queste condizioni è ovvio che aspirare ad un mutuo è solo un esercizio accademico, ma anche se il debitore individuasse chi potrebbe richiederlo in sua vece, dovrebbe confrontarsi con un mercato del credito in fase recessiva delle erogazioni di nuovi mutui che nel 2023, ha avuto una flessione vicina al -30% rispetto al 2022.
Si prevede che nel corso del 2024 si registrerà un ulteriore calo, con l’incognita delle sfavorevoli condizioni dei tassi di interesse anche sulla componente di surroghe e sostituzioni.
Quanto sin qui esposto dimostra come chi versi in condizioni di sovraindebitamento, di default finanziario che in alcuni casi potrebbe essere recuperato, si trovi in condizioni disperate anche dal punto di vista delle condizioni di vita. Perdere la casa significa perdere non solo il luogo dove si abita, ma anche l’ufficializzazione del fallimento non solo come imprenditori ma anche come uomoni. La sola possibilità di continuare a restare nella propria abitazione potrebbe ridare la forza di ricostruire un percorso di vita sia umano che imprenditoriale
Dal punto di vista legislativo non si può chiedere una misura che favorisca l’insolvenza a danno dei creditori, ma è indubbio che un intervento straordinario visti gli effetti pesanti della pandemia sulla situazione economica non sarebbe nemmeno deprecabile anche alla luce degli extraprofitti bancari, principali creditori, generati dall’aumento dei tassi.
È necessario pensare ad iniziative private.
In verità sono diverse le iniziative private denominate “salvacasa” o che comunque intervengono sulla materia in questione, ma i risultati non sono quelli attesi dal debitore e tali da salvare, forse per la natura esclusivamente privatistica, se non speculativa, i progetti avviati.
Confimprese Italia sta lavorando ad un progetto che avrà due capisaldi:
· consentire all’indebitato di continuare ad abitare nella sua casa;
· stipulare un contratto che consenta di riacquistare la casa a favore del soggetto indebitato.
Le trattative con un gruppo di imprenditori sono a buon punto, così come la ricerca dei partner finanziari.
L’iniziativa è di carattere nazionale ma prenderà l’avvio da Palermo, entro il 15 luglio