Una pietra tombale è scesa sulla storia di Orazio Puccio. Non solo sulla storia della sua vita, finita il 20 novembre del 2020 ma anche sulla storia giudiziaria che ne è scaturita e sulla quale regna il più tetro silenzio. Tre anni fa è morto a Messina proveniente da Gela, Orazio Puccio. È stato trasportato dall’ospedale di Gela a causa di complicanze che l’ospedale non poteva gestire. L’aggravamento improvviso e irreversibile, che aveva determinato il suo trasferimento a Messina ha indotto i familiari a rivolgersi alla magistratura e la competenza si radicava in capo alla Procura della Repubblica di Gela.
A seguito della denuncia sporta dalla vedova furono avviate indagini per l’accertamento delle eventuali responsabilità’ penali del personale ospedaliero dove Puccio era stato assistito a seguito del primo ricovero avvenuto a Gela.
Da questo momento in poi nulla di verificabile o semplicemente conoscibile; il buio pare avere inghiottito questo caso.
Il Pm conferi’ un incarico ad un consulente medico legale. Inutili i solleciti. I termini vengono prorogati. Al posto del primo Pubblico Ministero subentra un altro delegato. I familiari chiedono ancora di sapere senza risposta . “Per periziare il ponte Morandi di Genova c’è voluto meno tempo – dicono amaramente i congiunti, che chiedono ancora giustizia e che la pachiderma macchina si metta in moto -. Agli ultimi solleciti risponde il Pm, oggi in carica per le indagini, con una sorprendente interlocuzione. Dice, in buona sostanza, di comprendere, sul piano umano, le istanze dei familiari ma che non si ravvisano i termini delle istanze presentate.
Se non si trattasse di una tragedia costata la vita ad un uomo ,verrebbe da sorridere. Tutto resti così com’e: non si puo’ sapere se Puccio sia stato colposamente ucciso e come oppure no; se la morte fosse inevitabile o meno; se c’erano delle possibilità’ di salvezza; quali rimedi hanno impiegato in ospedale e con quali risultati. Nulla è dato sapere”.
Nel frattempo i termini della prescrizione galoppano e i familiari stringono i pugni; ma non per combattere contro qualcosa o qualcuno, perche’ vogliono solo conoscere, senza pregiudizi né valutazioni approssimative.
La vedova e i figli si sono rivolti al Pubblico Ministero, al Procuratore della Repubblica, al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta . Con il risultato che a tutt’oggi non si sa ancora nulla.
Dal giorno del decesso ad oggi , non si sa se la consulenza sia stata espletata e sia stata relazionata e-o depositata e se sia ostensibile; se siano tuttora in corso accertamenti di speciale difficoltà’ tali da autorizzare le proroghe dei termini.
“Il silenzio in certi casi è prezioso; in altri, come in questo, molto pericoloso” – concludono i familiari.