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Cronaca

Il terrorista sbarcato a Lampedusa

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L’Europa di nuovo colpita dal terrorismo. Bruxelles, dopo 7 anni e mezzo, è tornata teatro di un attacco che porta il marchio dell’Isis.

Abdesalem Lassoued, 45enne di origine tunisina, l’uomo che ha ammazzato a colpi di kalashnikov due cittadini svedesi arrivati in Belgio per vedere la propria nazionale, è stato fermato poco prima delle otto di mattina dopo una caccia all’uomo durata l’intera notte. Era in un bar a due passi da casa, a Schaerbeek. Qualcuno ha chiamato le autorità segnalando la presenza dell’attentatore.

L’intervento della polizia si è concluso nel sangue: Abdesalem è stato colpito al torace, è morto poco dopo in ospedale. Sono state ore concitate nella capitale belga. E la morte di Abdesalem non ha del tutto calmato le acque. Uno o più complici, secondo le informazioni fornite inizialmente dalle autorità, erano dati a piedi a libero. Con il timore che a Bruxelles fosse tornata attiva una cellula dormiente dell’Isis. 

“Al momento pensiamo sia un lupo solitario”, ha chiarito alcune ore dopo il governo belga, confermando che l’attentatore, la cui richiesta di asilo era stata respinta nel 2020, aveva vissuto gli ultimi anni in Belgio praticamente in incognito. Un fantasma, pronto tuttavia a colpire. In un video rilasciato poco prima di colpire i tre cittadini svedesi, Abdesalem aveva avvertito che “il libro di Allah è la linea rossa per il sacrificio”. Poi ha imbracciato il kashnikov, è montato su un motorino e ha colpito nella zona nord del centro di Bruxelles, non lontano dallo stadio Re Baldovino dove sarebbe iniziata a breve la partita Belgio-Svezia, poi sospesa.

Per tutta la notte Abdesalem è riuscito a sfuggire alla polizia. Con il suo giubbotto arancione è stato ripreso negli attimi dell’attentato e quando, poco dopo, girava in scooter per le strade vuote di Bruxelles. Nel frattempo, ordinatamente, lo stadio di Bruxelles veniva evacuato. Poco prima dell’alba il premier Alexander De Croo aggiornava la stampa, chiedendo a tutti di restare vigili. Olanda e Francia intanto avevano rafforzato i controlli alle frontiere. Il Benelux, per alcune ore, tornava a vivere lo spettro degli attentati del 2015 al Bataclan e dell’anno successivo alla stazione della metro di Maalbeek e all’aeroporto di Zavenetem, a Bruxelles. Ma la corsa del killer si è fermata alle prime luci del giorno. Abdesalem è stato neutralizzato in un bar-ristorante marocchino, Al Khaima, a pochi passi da Place Eugene Verboekhoven, comunemente detta la ‘gabbia degli orsi’ per una diatriba architettonica risalente all’800.

L’attentatore era tornato nel suo quartiere, ed è morto a pochi passi dalla sua residenza, che pure era stata perquisita nella notte. Era armato ma, stando al resoconto della procura federale, non ha aperto il fuoco contro gli agenti ed è stato colpito al torace. Portato d’urgenza in rianimazione, alla fine non ce l’ha fatta. La sua cattura ha allentato la tensione in una città dove le scuole europee (ma non quelle pubbliche) avevano già annunciato di non aprire e le istituzioni Ue avevano di fatto previsto una giornata di telelavoro. L’allerta, dal codice 4 – il massimo – è scesa a 3.

“Ora dobbiamo rispondere ad una domanda relativa alle motivazioni dell’attentatore”, ha spiegato il ministro della Giustizia Vincent Van Quickenborne. La Svezia è uno dei Paesi dove, nelle settimane scorse, in alcune proteste pubbliche sono stati bruciati libri del Corano. Ma è anche il Paese che, anni fa, aveva espulso Abdesalem. E poi c’è il contesto della guerra in Medio Oriente, che gli investigatori non escludono sia legato al gesto del killer. A Bruxelles, intanto, è atteso il premier svedese Ulf Kristersson per una cerimonia di commemorazione assieme a De Croo. Le due persone uccise avevano tra i 60 e i 70 anni. Uno di loro risiedeva in Svizzera. “E’ stato un attacco diretto alla Svezia”, ha tuonato Kristersson. 

L’attentatore ha scontato una pena in prigione in Svezia. Lo riferiscono le autorità svedesi per l’immigrazione. 

A quanto si apprende, Abdesalem Lassoued è arrivato a Lampedusa nel 2011 a bordo di un barchino. Dopo una permanenza in Italia è andato in Svezia, da dove sembra sia stato espulso. Tornato in Italia, nel 2016 è stato identificato a Bologna dalla Digos come radicalizzato: aveva espresso la volontà di aderire alla jihad e partire per combattere. L’uomo è stato monitorato anche dall’intelligence. In seguito è andato in Belgio. Non si esclude che ieri abbia colpito proprio due svedesi per il malcontento che provava verso il Paese da cui era stato espulso. 

“E’ notizia confermata che l’attentatore di Bruxelles è arrivato in Europa sbarcando nel nostro Paese nel 2011, a Lampedusa a bordo di un barchino. Un particolare che ci preoccupa ma, purtroppo, non ci stupisce. Ancora una volta, viene clamorosamente smentito il mantra della sinistra, che da anni continua a ripetere che i terroristi non arrivano in Italia con i barconi. E’ una notizia di una gravità enorme, che conferma tutte le nostre preoccupazioni riguardo all’immigrazione clandestina e senza limiti. Quanti altri jihadisti sono arrivati in Italia e in Europa in questo modo, pronti a colpire e portare il terrore nelle nostre città? I tragici fatti di Bruxelles sono un campanello d’allarme che non si può e non si deve ignorare. Per la sicurezza dei nostri cittadini, serve proteggere i confini italiani ed europei e fermare le partenze, subito”.

Così in una nota Annalisa Tardino, europarlamentare siciliana della Lega, coordinatrice Id in commissione Libe, commissario Lega Sicilia

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Denunciato per detenzione di munizioni

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Riesi – Nei giorni scorsi, nel corso di un servizio di controllo del territorio eseguito a Riesi, la locale Stazione Carabinieri, coadiuvata dallo Squadrone Eliportato Cacciatori “Sicilia” e con il supporto specialistico del Nucleo Cinofili di Palermo, ha denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela un 51enne del luogo, per il reato di detenzione abusiva di munizionamento.

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Mancata precedenza e scatta l’inseguimento per speronarli, paura per due fidanzati

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Volanti della Polizia sono intervenute a Gela a seguito della segnalazione di una giovane donna che, mentre si trovava a bordo di un’auto con il fidanzato, segnalava due autovetture e un motociclo che tentavano di inseguirli per speronarli. In particolare, giungeva una richiesta di aiuto al numero di emergenza, da parte della ragazza la quale riferiva all’agente della sala operativa del Commissariato di essere inseguita da più auto e un motociclo. La zona indicata era la periferia nord della città e, immediatamente, le pattuglie si recavano nelle vie indicate all’operatore di Polizia e lì intercettavano i veicoli coinvolti.

Le fasi concitate dell’inseguimento duravano oltre cinque minuti, come veniva ricostruito anche dalla visione di un video che la ragazza registrava durante i concitati momenti. In base alla ricostruzione dei fatti, tutto sembrava aver avuto inizio a causa di una mancata precedenza su strada per cui, uno degli indagati, “offeso dal gesto” si dava all’inseguimento dell’auto della vittima, tentando più volte di bloccargli la strada; ad un certo punto riusciva nell’intento e il giovane alla guida della vettura che inseguiva scendeva dall’auto e si avvicinava minaccioso alla vittima, la quale però, riusciva, con una manovra repentina, a darsi ancora una volta alla fuga. In seguito, sia le due auto sia il motorino che si erano messi alla “caccia” dell’auto della vittima, tentavano ancora più volte di chiudere, come in una morsa, i due giovani e si susseguivano diversi tentativi di bloccare la coppia di fidanzati; più volte, infatti, durante le fasi dell’inseguimento, almeno sei da quanto si vede nel video, riuscivano a tamponare l’auto per costringerla a fermarsi, ma ogni volta la vittima riusciva a trovare una via di fuga. L’inseguimento veniva interrotto solamente grazie all’intervento della pattuglia della Polizia che intercettava i richiedenti, i quali finalmente, sentendosi al sicuro, arrestavano la loro corsa. Contemporaneamente, l’altra volante riusciva a fermare e identificare alcuni degli inseguitori. In particolar modo quelli a bordo di una delle due auto; dalla visione del video poi si riuscivano ad individuare altri tre dei partecipanti all’inseguimento, i conducenti delle due autovetture e del motociclo, per un totale di sette persone. Gli accertamenti successivi permettevano di identificare i tre conducenti, tutti del 2003, alcuni dei quali gravati da precedenti penali, che sono stati denunciati per violenza privata aggravata dalla partecipazione di più di cinque persone.

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