Gela durante il lockdown di marzo e aprile. Una città pulita, serena, accogliente nei suoi giardinetti malconci qua e là, elegante nelle facciate delle sue chiese, in grado di far percepire i rumori della natura, capace perfino di trasmettere un senso di pace con se stessi e col mondo. Un’immagine frutto di una confidenza arrivata in chat, uno degli strumenti virtuali che in questo 2020 – ormai passato, per fortuna – così difficile ci hanno permesso di restare in contatto con gli altri, oltre i muri delle nostre case.
Questa “fotografia” astratta, figlia delle sensazioni di chi nonostante la zona rossa doveva comunque uscire tutti i giorni per andare a lavorare, presenta nemmeno poi così nascosta un’antica consapevolezza: una Gela migliore senza i gelesi. Una sensazione confermata dai primi giorni di Fase 2, quelli dello scorso maggio, in cui una parvenza di ritrovata semi libertà è stata scambiata da molti giovani, giovanissimi e non solo come il pretesto perfetto per reimpossessarsi della città e tornare a sporcarla. L’esempio più chiaro: la Rotonda di Macchitella, uno dei posti più belli di Gela con la sua “terrazza” aperta sul mare, invasa da rifiuti di ogni tipo. Da carte e cartacce alle bottiglie di vetro, giusto per non farsi mancare nulla al termine di un pasto fugace con cui “festeggiare” il ritorno a una normalità che, in fin dei conti, non c’era e non c’è ancora.
È il gelese che non ama Gela. Lo pensano in molti. Forse bisognerebbe avere il coraggio di dirlo a voce alta, di ammettere il problema ed invertire la tendenza. Qualcosa negli ultimi anni sta cambiando. Se il patrimonio archeologico, storico e culturale del nostro territorio è sempre stato oggetto di studi e tesi di laurea in tutto il mondo, da qualche tempo a questa parte sempre più giovani gelesi hanno il piacere e l’orgoglio di studiare la loro città, approfondirne la storia, scriverne nelle tesi di laurea triennale o specialistica. È un primo passo, fatto anche da quelle associazioni e realtà aggregative che propongono progetti e iniziative di cura del bene comune abbandonato, pulizia e promozione dei luoghi. Conoscere per valorizzare, perché non si può promuovere ciò che non si conosce e non si può amare ciò che si ignora.
Nel 2021 entra nel vivo, soprattutto a causa degli effetti della pandemia, una nuova idea di città. Digitalizzazione e sostenibilità non possono più restare slogan con cui riempirsi la bocca ma punti centrali nella programmazione e nella strategia d’intervento. Anche a Gela. La città ha bisogno di conoscersi, svecchiarsi e rilanciarsi. Ci saranno delle opportunità da cogliere al volo: dal Museo del mare alla voglia di costruire insieme che la pandemia ci lascerà. Negli Stati Uniti l’adozione da parte dei cittadini di piccole porzioni del loro quartiere ha reso possibile la riqualificazione di intere metropoli. Noi i modelli li abbiamo anche vicini, basti pensare a Farm Cultural Park dove dai ruderi del centro storico di Favara è nato il più importante esempio di rigenerazione urbana della Sicilia, capace di attrarre oltre centomila visitatori l’anno. Difficile farlo a Gela? Si. Possibile? Assolutamente si. Serve la buona volontà, tanto della politica che amministra quanto dei cittadini, di tutti i cittadini. Perché anche la nostra città è chiamata a proiettarsi in un nuovo presente.
Buon anno, Gela. E buon lavoro, gelesi.