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Gelesi in movimento: che ne sarà dei 16 milioni ammessi al finanziamento per la riduzione delle perdite idriche?

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I cittadini dell’associazione “Area Civica – Gelesi in Movimento” CHIEDONO cosa ne sarà dei quasi 16 milioni se tra le 119 proposte pervenute al Mims nella prima finestra temporale (la cui graduatoria di ammissione dovrebbe essere pubblicata entro il mese corrente) ve ne sia almeno una avanzata dall’ente d’ambito; ovvero se c’è l’intenzione di farlo per la seconda finestra tra settembre ed ottobre, per interventi magari ad integrazione di quelli previsti con i quasi 16 milioni ammessi a finanziamento sopra menzionati.

I progetti e finanziamenti relativi ad infrastrutture e mobilità, nell’ambito della Missione 2 – Componente 4 – Tutela e valorizzazione del territorio e della risorsa idrica – il Piano nazionale di ripresa e resilienza (che sarà di seguito richiamato con l’acronimo Pnrr) ha previsto:

  1. 239,6 Milioni di euro da impiegare per invasi e gestione sostenibile delle risorse idriche destinati alla Sicilia;
  2. 900 milioni di euro per le Reti di distribuzione idrica da ripartire fra più regioni con apposito bando.

Per quanto riguarda il primo punto, la ripartizione dei fondi è stata indirizzata a tre “progetti bandiera”, due accessori minori, nonché alla ripresa e/o potenziamento di interventi a legislazione vigente. I tre progetti bandiera riguardano il “rifacimento del Potabilizzatore Jato”, il “Potabilizzatore Presidiana” ed il potenziamento del sistema idrico della Sicilia sud-occidentale con riferimento alla “adduzione da Montescuro Ovest per Mazara, Petrosino, Marsala”. I due progetti accessori minori riguardano il potenziamento del sistema idrico della Sicilia sud-occidentale con riferimento ai “volumi compenso sistemi Garcia, Montescuro Ovest, Favara di Burgio” ed il “raddoppio del II tratto dell’acquedotto Garcia dalla vasca di disconnessione al potabilizzatore Garcia di Sambuca di Sicilia e revamping della stazione di sollevamento Garcia”. I progetti a legislazione vigente concernono: “l’Adduttore alle zone irrigue dipendenti dal serbatoio Castello – 1° tronco dalla Diga di Castello alla diramazione Tavernola – progetto di completamento; Realizzazione Nuovo Scarico di Fondo della Diga Pozzillo; Diga Rosamarina – Lavori di adeguamento del sistema di tenuta e drenaggio della diga e il miglioramento delle opere utili alla gestione dell’infrastruttura; Diga Olivo- Manutenzione straordinaria scarichi e sistema di tenuta; Diga Pietrarossa – Interventi per il completamento della diga”.

Per quanto attiene al secondo punto, nel marzo scorso il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile ha pubblicato l’avviso per l’assegnazione dei 900 milioni di euro destinati dal Pnrr al miglioramento delle reti idriche, in particolare alla riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti. Il 40% delle risorse complessive, pari a 360 milioni di euro, è destinato prioritariamente alle Regioni del Sud, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia).

In merito alle tempistiche, le proposte di finanziamento andavano e vanno presentate attraverso la Piattaforma “Gestione Misure” in due finestre temporali:

  • dal 19 aprile 2022 ed entro il 19 maggio 2022 (utile ad allocare i primi 630 milioni di euro);
  • dal 1° settembre 2022 ed entro il 31 ottobre 2022 (per l’assegnazione dei rimanenti 270 milioni).

Inoltre, le risorse eventualmente non allocate nella prima fase verranno rese disponibili nella successiva, e verranno erogate sotto forma di sovvenzione diretta a fondo perduto. Ai fini della presentazione delle richieste di finanziamento i soggetti proponenti, cioè gli Enti di Governo d’Ambito, individuano l’ambito di intervento oggetto della proposta, con particolare riferimento a reti di distribuzione, porzioni di rete o gruppi di reti che risultano particolarmente critici. L’ambito di intervento deve avere almeno una delle seguenti caratteristiche:

  • popolazione servita maggiore di 100.000 abitanti;
  • nel caso in cui la popolazione servita sia minore o uguale a 100.000 abitanti, coincidere con l’intero ambito territoriale ottimale o sub-ambito, ovvero con l’intera popolazione servita per i soggetti di cui all’articolo 4 comma 2 lettere a e b del bando.

In particolare, il bando del Mims elenca un insieme di progetti potenzialmente ammissibili a finanziamento:

  • rilievo delle reti idriche e loro rappresentazione tramite GIS per procedere all’asset management dell’infrastruttura;
  • installazione di strumenti smart per la misura delle portate, delle pressioni, dei livelli dell’acqua nei serbatoi e degli altri parametri eventualmente critici per la qualità del servizio erogato (p.e. parametri analitici dell’acqua);
  • modellazione idraulica della rete;
  • installazione delle valvole di controllo delle pressioni per la riduzione delle perdite;
  • distrettualizzazione delle reti e controllo attivo delle perdite;
  • pre-localizzazione delle perdite tramite metodi classici (acustici) e innovativi (radar, scansioni da satellite e/o aereo, etc.);
  • identificazione di tratti di rete da sostituire o riabilitare, assistita dal modello idraulico e da strumenti di supporto alla decisione;
  • interventi di manutenzione straordinaria, rifacimento e sostituzione di tratti di reti idrica, sulla base dei risultati delle attività precedentemente indicate;
  • strumenti di smart-metering per la misurazione dei volumi consumati dall’utenza.

Le proposte presentate devono assicurare la misurabilità e verificabilità nel tempo degli obiettivi che si prevede di raggiungere e delle fasi di realizzazione delle opere sottese. Il contributo riconoscibile per ogni proposta ammessa a finanziamento è preferibilmente compreso nell’intervallo tra 5 milioni di euro e 50 milioni di euro e l’entità del cofinanziamento è funzione della verifica, da parte di ARERA, di alcune condizioni previste dal bando.

Orbene, appurato al primo punto che la Regione siciliana ed il concessionario Siciliaque continuano ad ignorare sul piano infrastrutturale – e ci riferiamo a dighe ed invasi in particolare – un territorio come quello gelese, dove hanno abbandonato e lasciato morire un dissalatore che tutte le città costiere, a causa degli oneri esosi per realizzarlo, possono limitarsi solo a sognare, rappresentando un pozzo d’acqua senza fondo, di fatto inesauribile e che, d’altro canto, avrebbe comunque garantito una qualità dell’acqua con parametri non certo peggiori di quella che fanno passare con l’ossimoro di “acqua potabile ma non bevibile”; 

considerato che l’Ati CL 6 è stata ammessa ad un finanziamento di quasi 16 milioni di euro nell’ambito dell’avviso Pubblico “Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti”;

al Presidente dell’Ati e per conoscenza al Sindaco di Gela, anche nella sua veste di componente con maggiori quote azionarie nel Cda dell’Ati, i cittadini dell’associazione “Area Civica – Gelesi in Movimento” CHIEDONO cosa ne sarà dei quasi 16 milioni di cui sopra; se tra le 119 proposte pervenute al Mims nella prima finestra temporale (la cui graduatoria di ammissione dovrebbe essere pubblicata entro il mese corrente) ve ne sia almeno una avanzata dall’ente d’ambito; ovvero se c’è l’intenzione di farlo per la seconda finestra tra settembre ed ottobre, per interventi magari ad integrazione di quelli previsti con i quasi 16 milioni ammessi a finanziamento sopra menzionati.

Appare persino superfluo ricordare quanto vitali siano per questo territorio modifiche strutturali permanenti che subentrino alla miriade di interventi tampone non risolutivi. L’erogazione dell’acqua “H24” nel territorio di Gela e del suo comprensorio, durante tutto l’anno rimane un miraggio con criticità che si acuiscono, puntualmente, nel periodo estivo che stiamo attraversando. Le reti colabrodo del comune di Gela, nel terzo millennio, hanno raggiunto una triste fama che oramai supera i confini territoriali, in un ‘isola dove – per definizione – non potrebbe e non dovrebbe esserci crisi idrica. Anzi, semmai, è proprio il reiterare a perdere e non concretizzare finanziamenti come quelli del Pnrr, il vero spreco e sintomo di una crisi che non è idrica, ma di rappresentanza e tutela di un territorio, inspiegabilmente, irragionevolmente ed irresponsabilmente, vessato e maltrattato.

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La Ghelas,tramite agenzia interinale, assumerà 2 giardinieri e 4 aiuto giardinieri per 4 mesi

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La Ghelas Multiservizi S.p.A., ha
provveduto alla pubblicazione sul suo sito istituzionale (www.ghelasmultiservizi.it / Società trasparente /bandi di gara e contratti /avvisi) l’”Avviso di manifestazione d’interesse per la selezione di Agenzie Interinali interessate
all’affidamento del servizio di somministrazione di lavoro temporaneo per le esigenze societarie.


L’Avviso esplorativo ha lo scopo di individuare e selezionare la Società che si
occupano di somministrazione di lavoro temporaneo (interinale) al fine di rafforzare il Servizio di manutenzione del verde Pubblico della Ghelas, in tempi stretti, con la richiesta di due operai con capacità professionale di giardiniere e n.4 operai aiuto giardiniere per un periodi di 4 mesi.

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Museo regionale chiuso per mancanza di personale

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Ragusa – Non solo a Gela, ma anche a Ragusa. Il problema del personale regionale destinato ai musei è generalizzato. E tutto resta uguale.


“Piove sul bagnato sul museo archeologico ibleo di Ragusa. Alle vecchie inefficienze che denunciamo da tempo inascoltati si aggiunge ora quella delle chiusure improvvise, come quella avvenuta ieri senza alcun preavviso, che ha reso, per la terza volta dall’inizio dell’anno, l’istituzione culturale off limits ai visitatori.

Tutto questo è inaccettabile. Le inefficienze sono ormai troppe e Comune e Regione continuano a dormire”. La denuncia è della deputata regionale M5S Stefania Campo.
“Ieri Il Museo Archeologico Ibleo di Ragusa è rimasto chiuso senza nessun avviso e preavviso, e non è la prima volta che succede. Dall’inizio dell’anno la mancata apertura si è verificata già due volte, e siamo ancora alle prime settimane di gennaio.

Lo stesso è accaduto anche sotto le festività natalizie. Solo facendo delle specifiche richieste abbiamo appreso che il motivo risiede nella mancanza di personale; un solo impiegato regionale e due lavoratori Asu, in effetti risultano al di sotto di qualsiasi ragionevole parametro. Eppure, per risolvere il problema, sarebbe bastato stabilizzare gli Asu, perché difatti tutti i siti museali in provincia di Ragusa, che fanno capo alla Regione, vantano un organico di 19 dipendenti regionali e di altrettanti Asu, ma evidentemente non sono distribuiti in maniera equa per garantire a tutti i siti archeologici la stessa possibilità di fruizione”.


“In pieno mese di agosto – continua Campo – avevamo già denunciato pubblicamente le condizioni di abbandono del museo ed erano subito arrivate rassicurazioni per una maggiore attenzione e per una serie di provvedimenti, ma ad oggi nulla sembra essere cambiato, se non in negativo, come l’aumento del costo del biglietto. E così il museo Archeologico continua a non venire valorizzato e a rimanere in balìa dei continui rimpalli di responsabilità e oneri fra l’amministrazione del Parco di Kamarina e Cava d’Ispica, soggetto gestore, e il Comune di Ragusa, a guida Cassì, proprietario dell’immobile”.

“Ieri – racconta la deputata – non siamo riusciti a entrare per fare un ulteriore sopralluogo ma sappiamo di certo, che le problematiche denunciate in estate non sono state affrontate e ci riferiamo, solo per fare qualche esempio, alla mancanza di collegamento internet fisso, all’assenza di una biglietteria elettronica, alla mancanza di un impianto di condizionamento climatico, alla totale assenza di un sistema di efficiente allarme e di opportuna videosorveglianza, e si potrebbe continuare. Ciliegina sulla torta, ci risulta che non sia stata ancora restituita al sito ragusano l’intera collezione ‘Il ripostiglio di Castelluccio’ trasferita, si diceva, momentaneamente, al Convento della Croce a Scicli. Pertanto, i visitatori, che pagano per intero il biglietto a Ragusa, troveranno ben tre teche ancora vuote e senza alcuna spiegazione”.

“L’assessore regionale ai Beni culturali, Francesco Scarpinato – conclude Campo – ci aveva promesso lo scorso agosto che sarebbe venuto a constatare di persona, ma finora non lo ha fatto. Ci piacerebbe che la stessa solerzia che l’assessore ha avuto nell’intitolare il museo all’archeologo fascista Pace, senza confrontarsi con la città di Ragusa, l’avesse anche per la buona conduzione del museo

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Utin non attivato,il sindaco e Franzone scrivono alla Regione e l’assessore convoca un incontro

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L’assessore regiomale alla Sanità Giovanna Volo ha convocato una riunione sull’Utin del Vittorio Emanuele non attivato da 15 anni per il 23 gennaio a Palermo.

Questo il testo della lettera scritta dal sindaco Di Stefano e dall’assessore Franzone ai vertici del governo regionale e alla depurazione nazionale e regionale:

“Siamo venuti a conoscenza,tramite la stampa, della richiesta formale fatta al Tavolo tecnico per la rimodulazione ospedaliera, per prevedere una Utinpresso il Presidio Ospedaliero Sant’Elia di Caltanissetta.  Premesso che l’Utinè già prevista all’interno del territorio dell’ASP CL 2, più precisamente all’interno del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele III di Gela, sin dal 2010 (D.A. 25 maggio 2010) e perennemente riconfermata fino all’ultimo riordino ospedaliero. Che i cittadini e le associazioni del gelese hanno più volte manifestato, negli anni, a sostegno dell’attivazione dell’Utin, finanche presentando esposti, interrogazioni al Ministro della Salute, persino facendo venire a Gela la troupe di Mi Manda Raitre per un servizio sulla mancata apertura dell’Utin.

Ad oggi, dopo 15 anni, quella di Gela rimane l’unica Utin siciliana a non essere in funzione.

L’utin venne individuata a Gela nel 2010, dopo l’intervento della Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli errori Sanitari, allora presieduta dall’On. Leoluca Orlando, a seguito dei dati fatti pervenire ad esso dal CSAG (Comitato per lo Sviluppo dell’Area Gelese), tali dati indicavano tre precisi punti, ancora oggi attuali:

  • 1) L’area Gelese ha un numero di nascite notevolmente superiore alla zona di Caltanissetta.
  • 2) A Gela c’è una altissima incidenza di malformazioni neonatali, superiore a qualunque altra area della Sicilia.
  • 3) Gela (70.856 ab) dista 80 km dall’Utin più vicina, Caltanissetta (58.353 ab.) dista appena 15 KM in linea d’aria dall’Utin più vicina, localizzata ad Enna (25.332 ab.).

Inoltre, ogni Libero Consorzio siciliano ha al proprio interno una sola Utin, i Liberi Consorzi di Siracusa, Trapani e Agrigento, con circa 400.000 abitanti hanno una sola Utin, quindi, non ci spieghiamo perché si dovrebbe discutere di una ulteriore Utin nel Libero Consorzio di Caltanissetta che ha appena 247.000 abitanti, per giunta in una zona dove già insiste un’altra Utin che dista pochissimi KM.

Come amministrazione di questa città, vogliamo ribadire la nostra posizione, che coincide con quella dell’intera comunità gelese: non siamo disponibili, dopo 15 anni, a tollerare nuove individuazioni di Utin in Sicilia se prima non viene attivata l’Utin di Gela.


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Direttore Responsabile: Giuseppe D'Onchia
Testata giornalistica: G. R. EXPRESS - Tribunale di Gela n° 188 / 2018 R.G.V.G.
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