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La parola della domenica

Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano

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DOMENICA 20 FEBBRAIO
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio». Lc 6,27-38

Gesù va dritto al cuore. Non scherza, Non gioca con la nostra vita. Lo so, cari amici lettori del Gazzettino, vorremmo tante volte che questa pagina del vangelo non fosse stata mai scritta.  Vorremmo cancellarla. Ci inchioda. Ci mette davanti tutte le nostre debolezze e mancanze. Nella nostra vita quotidiana non mancano i conoscenti che ci sparlano, i colleghi antipatici con cui ci scambiamo a forza il saluto e a volte manco quello, e noi non siamo esenti da qualche piccolo peccatuccio. Eppure questa pagina è davanti a noi. La leggiamo e la rileggiamo. Cerchiamo in cuor nostro se ci sono delle esenzioni particolari. Magari sono esenti gli  amici dei politici, siamo esenti quando siamo arrabbiati oppure quando il collega ha iniziato per prima, quel collega o amico era proprio antipatico. Niente. Non ci sono esenzioni. Siamo tutti compresi. Quante volte abbiamo pensato, davanti al discorso della montagna, che, insomma, in fondo in fondo mica Gesù le ha azzeccate tutte. Qualcosa avrà pure sbagliato. Questa pagina non è per noi. E basta. E per il mio vicino di casa. Lui si che ne ha bisogno. E per il mio capo, che non capisce quanto sono bravo io e premia il mio collega che uno scansa fatiche. E per mia moglie che a volte proprio non comprende. Proprio no. Non è per me. Io sono giusto, bravo, non pecco mai. Ma, ci guardiamo allo specchio, quello vero, quello del nostro cuore, della nostra coscienza e scopriamo che è per noi. Scopriamo le nostre debolezze. E per noi che abbiamo il sorriso stampato sulle nostre maschere, ma con il cuore pieno di odio. Tristi. Nervosi. Pronti a colpire appena una persona ci attacca. Gesù ci dice. “ caro totò, non puoi continuare cosi. Hai la pressione alta, litighi con tutti, non sorridi mai, vai in depressione, sei  legato al denaro. Guardati. Vuoi continuare cosi? “ No. Allora?  La verità è una, crediamo al vangelo? Crediamo che possa cambiarci la vita? Crediamo che ci possa portare alla felicità? Crediamo che da senso alla nostra vita?  Crediamo alla Parola di Cristo? Siamo pronti? Perché se il vangelo non cambia la vita, se almeno non la orienta verso il Cielo, verso Dio,  allora significa che qualcosa non funziona, non scherziamo. La Parola cambia il modo di vedere gli altri. Cambia il modo di vedere noi stessi.  Cambia. E continua a cambiare. Alla vecchia legge del taglione, Gesù ne contrappone una inversa: invece della vendetta suggerisce di accettare un altro torto maggiore di quello ricevuto. Gesù esagera. Cogliete il dettaglio :Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra.  Non dobbiamo prendere alla lettera le parole del Signore, quanto capirne l’intenzione profonda, non occorre presentare materialmente l’altra guancia ai persecutori, ma dare possibilità al nostro nemico  di riflettere sui suoi errori. Far capire i motivi del nostro comportamento. Non si tratta di subire passivamente i soprusi, di rimanere inerti davanti alle ingiustizie, ma di rinunciare ad ogni rivincita, anche a qualche diritto, pur di cercare di salvare chi ci perseguita. Lo so. Non è facile. Non lo dite a me. Gesù propone un cammino diverso, che disarma l’avversario. Fino a finire in croce per i suoi assassini, per i suoi nemici. Gesù, l’amore, Dio, ha perdonato fino a morire per i suoi nemici. Basta riflettere su questo che tutto ci cambia. Gesù spiega la motivazione per cui scegliere questi atteggiamenti: l’imitazione del Padre, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Gesù punta in alto, rivela che l’uomo porta in sé l’immagine di Dio e per questa somiglianza è chiamato a creare, per vivere la felicità, la beatitudine. Odiare i nemici non è un’affermazione che si trova nella Bibbia ma, di fatto e ciò che accadeva e accade. Gesù pone un’autentica rivoluzione: invita ad amare i nemici con l’amore che ci proviene da Dio, non per simpatia, ma per imitare Dio. Ma come faccio ad amare il nemico? Come faccio ad amare chi mi sparla, chi mi umilia?. Pregando, nel silenzio della nostra  camera, in Chiesa, dovunque, per Lui. Io ho sempre invitato a leggere e rileggere “ I racconti di un Pellegrino Russo”. Troverete in quel libro un cammino per scoprire la bellezza della preghiera. E invita noi discepoli a riflettere: in cosa i nostri atteggiamenti son diversi rispetto a chi non crede? In cosa si differenzia il nostro agire? Spesso è legato solo al buon senso o alla buona educazione. Gli altri non ci vedono, è triste dirlo, come veri testimoni di Cristo. Tempi feroci come quello che viviamo ci obbligano/spingono ad osare molto di più. Ad andare OLTRE. Attenzione, però, al doppio rischio: da una parte quello di diventare degli zerbini, farsi asfaltare dagli altri. Dall’altra quello di crescere nell’orgoglio spirituale. Attenti ,anche questo è un pericolo da evitare. A volte anche questo è un ostacolo per amare l’altro. E ci ergiamo sopra i nostri piedistalli a sentirci Santi. Ci sentiamo perfetti e bravi e buoni. Ma siamo peggio dei nostri nemici.

Buona Domenica

Totò Sauna

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La parola della domenica

“A cosa devo che la madre del Signore venga a me?”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.

Padre Ermes Ronchi
FOLLIA PER FOLLIA

Credo che Dio viene in alto silenzio e con piccole cose; che i suoi angeli, sopra di noi come Betlemme, annunciano, con voce che sa di stelle, che la pace, nonostante tutte le smentite, è un miracolo possibile.

Attraverso due donne portatrici di vita nuova, il vangelo ci prepara al Natale, ormai alle porte.

Maria si mise in viaggio in fretta. Appena l’angelo è volato via, anche lei vola via da Nazaret, quasi sulle orme di Gabriele. E appena giunta sull’uscio della casa di Zaccaria, Maria fa come l’angelo con lei; adesso è lei a diventare l’angelo di un lieto annunzio, e il bimbo nel buio del grembo lo percepisce con tutto se stesso: “appena il tuo saluto è giunto, il bambino ha sussultato di gioia nel mio seno”. Dio viene con gioia, come un abbraccio, come una musica, una chiamata alla danza. Viene e nasce vita.

La corsa di Maria è accolta al suo arrivo da una benedizione. Benedetta tu… Tu che hai avuto la follia di accogliere la follia di Dio.

Un vento di benedizione dovrebbe aprire ogni dialogo. Dire il bene, vedere la luce nell’altro che condivide con me un pezzo di strada o la vita intera. E non giudicare nessuno dal semplice colore della buccia, ma dal sapore della polpa, che per essere gustato richiede pazienza e rispetto.

A chi mi ha dato tanto, a chi mi ha dato poco, vorrei osare la prima parola di Elisabetta: Benedetto sei tu. Dio mi benedice con la tua presenza.

Benedetta tu fra le donne. E vola quella benedizione, vola in alto e raggiunge tutte le donne, si estende su tutte le figlie di Eva, su tutte le madri del mondo, su tutta l’umanità al femminile.

E benedetto il frutto. Ancora tutti chiamati a dare frutto, a vivere da padri e da madri, a camminare nel mondo secondo la fecondità di ciascuno.

In questo Natale di guerre mi riprometto di benedire, di dire il bene, subito, da principio. E col bene contrastare ogni arma tattica, o anche solo verbale, disinnescarla con l’ingenua follia della benedizione.

Quando infatti le parole sono benedicenti si alza la luce del cuore, quando sono buone tolgono il velo della tristezza.

E beata sei tu che hai creduto. Saluto che avvolge come un mantello di gioia la fede di Maria e anche la mia: credere è acquisire bellezza del vivere, con l’umile, mite e possente piacere di esistere e di fiorire, sotto il sole di Dio.

Elisabetta ha iniziato a battere il ritmo, e Maria intona la melodia. E insieme diventano un fiume di canto, di salmo, di danza. E da loro imparo a credere; da due madri, le prime profetesse del Nuovo Testamento, imparo che la fede è questo: una presenza nella mia esistenza. Un abbraccio nella mia solitudine. Qualcuno che viene e mi consegna cose che neppure osavo pensare.

Credo che una profezia ci abita, che Dio viene, in alto silenzio e con piccole cose; che i suoi angeli, sopra di noi come sopra Betlemme, annunciano, con la loro voce che sa di stelle, che la pace, nonostante tutte le smentite, è un miracolo possibile.

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La parola della domenica

“Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo LucaLc 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te».A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».E l’angelo si allontanò da lei.

Abramo concepì Isacco per la fede nella promessa di Dio “e divenne padre di molti popoli” (cf. Rm 4,18-22). Ugualmente Maria concepì Gesù per mezzo della fede. La concezione verginale di Gesù fu opera dello Spirito Santo, ma per mezzo della fede di Maria. È sempre Dio che opera, ma attraverso la collaborazione dell’uomo. Credere, infatti, è rispondere con fiducia alla parola di Dio, accogliere i suoi piani come se fossero propri e sottomettersi in obbedienza alla sua volontà per collaborarvi. La fede vuole sempre: la fiducia in Dio e la professione di ciò che si crede, poiché “con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza” .

Una volta riconosciuta vera la parola di Dio, Maria credette alla concezione verginale di Gesù e credette pure alla volontà di Dio di salvare gli uomini peccatori, la volle e aderì a quel piano lasciandosi coinvolgere: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Dalla sua fede quindi nacque Gesù e pure la Chiesa. Perciò, insieme ad Elisabetta che esclamò: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45), ogni generazione oggi la proclama beata (cf. Lc 1,48).

La Chiesa ha il compito di continuare nel mondo la missione materna di Maria, quella di comunicare il Salvatore al mondo. Il cristiano di oggi deve fare proprio il piano di Dio “il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati” (1Tm 2,4), proclamando la propria salvezza e lasciandosi attivamente coinvolgere nel portare la salvezza al prossimo, poiché “in questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli (Gv 15,8).

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La parola della domenica

“Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia…”

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Rubrica della domenica ad ispirazione cattolica

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 21,25-28.34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

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Quali sono le dissipazioni dei nostri giorni? Quali sono le ubriachezze, gli affanni della vita? Il lusso è dissipazione: distorce capitali dall’investimento produttivo dei beni di prima necessità e li dirige verso oggetti superflui fatti solo per la vanità. Ci sono spese che sono un insulto ai poveri: il lusso è una di queste. Il denaro è idolatria: quando l’uomo trasforma il denaro in un dio, tutte le pazzie, le violenze, i sequestri sono possibili; il denaro è la causa di tutte le guerre. Le ubriachezze di oggi sono la sete del potere, del dominio, del piacere sessuale; le droghe di qualsiasi tipo.Gesù è la nostra salvezza: in lui si è nuova creatura. Egli spezza le nostre catene: invidie, odio, gelosie, ubriachezze, falsità, riduzione del sesso a genitalità, megalomania, idolatria del denaro, ecc. Questi residui del peccato possono essere superati attraverso la via dell’orazione; possono fare capolino, ma invece esplodono i frutti dello Spirito, della partecipazione alla vita divina.Lo Spirito è amore: liberate la potenza d’amore che è dentro di voi, fate presto, non c’è tempo da perdere!

Il commento di don Oreste Benzi

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