Le feste con le sue scorpacciate sono finite. Ma vi sarà pur capitato che sotto l’albero di Natale vi sia rimasto qualche panettone o pandoro. Vi suggerisco, per prolungare la goduria mangereccia delle feste, di farcirlo.
Tagliatelo in più punti come se doveste farcire una torta. Prendete dell’ ottima ricotta vaccina e lavoratela con del miele, delle gocce di cioccolato, della cannella e delle scorzette di arancia. Farcite il vostro panettone o pandoro… e sarà subito festa. In caso rimanderete la dieta alla prossima settimana.
Oggi vi do una squisita ricetta di recupero. Ogni volta che preparate un brodo di carne, soprattutto di manzo, questa ricetta vi offre la possibilità di sfruttare al meglio la carne che ha ceduto al brodo parte del proprio sapore. Una volta che la carne sarà ben fredda passatela al macina-carne a della mortadella e del prosciutto crudo. Come per delle classiche polpette adesso impastate il tutto con pane ammollato nel latte, parmigiano grattugiato, prezzemolo e aglio tritati, e se gradite anche del basilico. Sale, pepe nero, una grattatina di noce moscata ed anche una bella grattugiata di scorza di limone. A questo punto formate le vostre polpette e passatele nella farina. In una casseruola friggetele in olio caldo fino a doratura. Già così sono squisite ma se preferite potete ripassarle in un sughetto ben tirato di pomodoro, o magari in un intingolo realizzato con burro, farina, vino bianco e funghi. A me piacciono molto glassate con la salsa di soia. Insomma, sono una squisitezza molto versatile, le varianti sono una meglio dell’altra. Buon appetito! E ricordiamoci sempre in cucina di dare valore anche agli ingredienti di recupero.
Daniele Cacciuolo, il pizzaiolo napoletano trapiantato a Gela, due spicchi Gambero Rosso, omaggia le sue città del cuore con la pizza contemporanea “Gambero fiorato” dall’Etna al Vesuvio, che “abbraccia” la Campania e la Sicilia. Gli ingredienti sono un tripudio di sapori: salsa di piennolo giallo del Vesuvio in cottura e in uscita stracciata di bufala campana D.O.P, tartare di gambero rosso di Mazara, buccia di limone di Sorrento, pepe nero, fiori edili commestibili. Per concludere, olio nocellara Etnea. L’ha ideata Daniele Cacciuolo, l’affermato pizzaiolo di Napoli, complici i suoi due grandi amori: la moglie Marzia e la pizza.
L’obiettivo: diffondere la sua sapienza nel mondo della lievitazione naturale. L’estro e la determinazione l’hanno portato in pochi anni a una piena affermazione, a partire dal riconoscimento dei due spicchi della guida del Gambero Rosso, passando dalla presenza a Casa Sanremo, fino ad alcune partecipazioni televisive. Inoltre, il suo locale è stato nominato Migliore Pizzeria di Sicilia 2022 per All Food Sicily. «Il segreto della mia pizza contemporanea – spiega Cacciuolo – è che si ispira alla tradizionale pizza napoletana. Impiego farine di tipo 0 e tecnica dell’impasto diretto con almeno 48 ore di lievitazione. La media idratazione è al 65% e mi permette di preparare un impasto elastico, gustoso e di qualità, che si può lavorare con grande facilità».
Nel menù ci sono i piatti tipici della tradizione napoletana, ma anche pietanze innovative. Cacciuolo in cucina vuole ottenere sempre la ricetta perfetta nell’abbinamento di prodotti locali appositamente selezionati. Il servizio è curato dalla moglie Marzia, con l’obiettivo di far sentire il cliente a “casa”. Cacciuolo, 33 anni, è figlio d’arte, il papà è stato il suo maestro e la famiglia vanta un’esperienza trentennale nella ristorazione. Da bambino le sue giornate si alternavano tra i banchi di scuola e la pizzeria di famiglia. Persegue il suo sogno e lo corona in Sicilia. Nel 2016 apre la pizzeria “La Bella Napoli” sul lungomare di Gela, insieme a sua moglie Marzia Cremone, spalla indispensabile con il suo lavoro in sala e nell’accoglienza.
Poi, nel 2024, dopo premi e riconoscimenti per le sue innovazioni nella lievitazione, inaugura “Daniele Cacciuolo pizzeria e bistrot”, un nuovo locale, raffinato e confortevole. «Per tutti la pizza è acqua, lievito e farina – ribadisce Cacciuolo – ma non basta. La pizza per me è acqua, lievito, farina, con l’aggiunta di un ingrediente fondamentale che è il cuore, perché quando sforno una pizza non sto sfornando solo un cibo, ma sto regalando un sorriso. Nel mio locale non si viene solo per “sfamarsi”, ma per vivere un viaggio sensoriale che abbraccia tutti i sensi. Ad esempio, nel mio locale ho predisposto dopo un attento studio con dei professionisti una musica adatta ad avvolgere piacevolmente le persone».
Ancora una volta Giappone-Italia sola andata. Il ramen è un vero comfort food per i giapponesi, vi propongo una versione super facile e tutto sommato veloce per farlo in casa, un po’ italianizzato. Partiamo dalla parte più importante: il brodo. Tagliate a julienne dei cipollotti lasciando da parte il verde, delle carote, del sedano e ricoprite con acqua fredda.
Portate a bollore ed aggiungete un paio di cucchiai di miso (lo potete acquistare su internet) e della salsa di soia. Assaggiate fino ad ottenere la giusta sapidità, non eccedete con la salsa di soia perché il brodo evaporando si restringerà leggermente e potrebbe risultare alla fine troppo salato. Dovrà sobbollire dolcemente per un’oretta. In un pentolino a parte portate dell’acqua a bollire e tuffate le uova che dovranno cuocere precisamente 7 minuti.
Raggiunto il tempo mettete le uova in acqua fredda per bloccare la cottura, sgusciatele e dividetele a metà. Noterete il tuorlo ancora in parte liquido, così sono perfette. In una padella arrostite a fiamma vivace delle fettine di lonza di maiale che avrete cura di salare e pepare. Quando avrete finito con la carne, deglassate il fondo della padella con un po’ del brodo e rituffate questi umori nella pentola del brodo.
A questo punto non vi resta che calare la pasta nel brodo: i capelli d’angelo saranno perfetti e cuoceranno in pochissimi minuti. Siamo pronti per il servizio. Con una pinza mettete gli spaghetti in un piatto fondo, ricoprite col brodo e le verdure ed aggiungete le uova, la lonza tagliata a listarelle, del prezzemolo fresco e la parte verde del cipollotto. Una goduria infinita.