‘Diffama e scappa’ ha titolato, qualche tempo fa, il giornale ‘La notizia’ sulla vicenda che ha portato in Tribunale il Senatore della Lega su denuncia di Antonio Giudice, il primo visionario che ha creduto nel partito del Carroccio allora tutto nordico. Ci credette e lo portò a Gela, con grandi lotte ed altrettante soddisfazioni nel vederlo crescere. Poi quando è arrivato il momento di portare avanti i nomi di chi si era speso per il gruppo, Giudice si è visto allontanare, con parole neanche tanto velate dal senatore Stefano Candiani che in un comunicato diramato agli organi di stampa, aveva indicato in Giudice un elemento che agogna a poltrone. Da qui il contenzioso.
Nel procedimento instaurato davanti al Tribunale civile di Gela, introdotto da Giudice Antonio contro il sen. Candiani, in materia di risarcimento danni da fatto illecito ovvero diffamazione, il senatore ha eccepito l’immunità parlamentare di cui all’art. 68 Cost.; successivamente il Tribunale ha emesso un’ordinanza rigettando l’eccezione di insindacabilità sollevata da Candiani perchè “il comunicato stampa a cui l’attore attribuisce portata diffamatoria, concernente l’attuazione della linea politica voluta dal partito nel territorio siciliano ed emesso dal convenuto nella qualità di Commissario regionale della Lega per la Regione Sicilia, non costituisce atto tipico della funzione di senatore né è stato allegato dal convenuto che esso riproduca il contenuto di un atto parlamentare o sia espressione di un’attività propria della funzione parlamentare” e, come previsto dalla legge 140/2003, disponeva la trasmissione di copia degli atti del fascicolo al Senato della Repubblica per le opportune determinazioni. Il Senato, con deliberazione del 17.09.2021, stabiliva che le dichiarazioni rese dal senatore Stefano Candiani sono coperte da immunità parlamentare. All’udienza del 27.10.2021, la difesa dell’attore Antonio Giudice, sostenuta dall’Avv. Angelo Cafà, preso atto dell’ insorto conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, avendo il Tribunale ordinario e il Senato della Repubblica emesso pronunce tra loro contrastanti, chiedeva al Tribunale di sollevare la questione alla Corte Costituzionale, la quale ha competenza in tema di risoluzione del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.